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IL PUNTO

La battaglia per il Donbass, una carneficina che si può evitare

La concentrazione delle forze russe nel Donbass prelude alla battaglia decisiva contro i reparti migliori dell'esercito ucraino: in tutto 200mila soldati schierati da una parte e dall'altra del fronte. C'è il rischio di una carneficina, a meno che la strategia di Mosca sia quella di completare l'accerchiamento delle truppe nemiche, costringendo Kiev alla trattativa.

- DIRITTI UMANI, IL CASO RUSSIA E L'IPOCRISIA DELL'ONU, di Anna Bono 

Esteri 11_04_2022

L'attesa offensiva russa nella regione orientale ucraina del Donbass sarebbe già iniziata. Lo ha detto ieri Vadym Denysenko, consigliere del ministro degli Interni ucraino, avvertendo che la Russia continua ad accumulare truppe e mezzi nell'area. "Dal mio punto di vista, questa grande offensiva è già iniziata. I russi stanno accumulando le loro forze, continuano a ridistribuire le loro truppe e le loro attrezzature nelle regioni di Donetsk e Lugansk. Non ci sono ancora grandi battaglie di cui si è parlato così tanto negli ultimi giorni, ma in generale potremmo dire che l'offensiva è già iniziata",

I militari ucraini e la NATO che sostiene Kiev hanno rilevato da giorni l’afflusso di rinforzi russi nel Donbass dove in realtà i russi registrano una lenta ma costante avanzata fin dall’inizio dell’operazione speciale il 24 febbraio scorso nelle due province che Mosca riconosce come “repubbliche popolari”.
La provincia di Luhansk è infatti per oltre il 90 per cento controllata dalle forze russe e dai loro alleati delle milizie separatiste ucraine, le stesse che controllano circa la metà della provincia di Donetsk dove è trincerato il grosso delle 10 brigate dell’esercito ucraino schierate nella regione e composte dai migliori reparti dell’esercito ucraino.
Si tratta secondo stime confermate anche dalle milizie filo-russe, di circa 90mila militari contro i quali i russi starebbero concentrando circa 100/120 mila combattenti, inclusi alcuni reparti ritirati nei giorni scorsi dai fronti di Kiev e Sumy, da dove a fine marzo le truppe di Mosca si sono completamente ritirate.

Secondo alcuni osservatori quel ritiro avrebbe avuto proprio lo scopo di concentrare le forze sul fronte del Donbass per lanciare un’offensiva che potrebbe rivelarsi decisiva per l’esito del conflitto e allineata con gli obiettivi annunciati dallo stesso Vladimir Putin fin dal primo giorno di guerra.
Gli ucraini occupano postazioni consolidate in otto anni di guerra del Donbass e che avrebbero dovuto costituire il trampolino di lancio di un’offensiva che a inizio marzo avrebbe dovuto permettere di conquistare i territori in mano alle milizie filorusse.

Kiev ha sempre negato un simile proposito ma nei giorni precedenti l’attacco russo si erano intensificati i bombardamenti dell’artiglieria ucraina sulle postazioni dei filo-russi. Inoltre, Mosca ha mostrato un documento che illustra i piani di questa offensiva che sarebbe stato trovato in un comando militare ucraino espugnato, ma la cui veridicità non è stata verificata da fonti neutrali.
L’imminente offensiva ucraina spiegherebbe perché Mosca abbia scatenato l’attacco all’Ucraina nel momento meno adatto, considerato che in questa stagione il disgelo trasforma il terreno argilloso in un mare di fango. Non a caso Hitler e i suoi generali pianificarono l’inizio dell’Operazione Barbarossa, l’invasione dell’URSS che prese il via proprio dall’Ucraina, per fine aprile del 1941.

Inoltre il concentramento dei migliori reparti ucraini in questo settore costituisce per i russi l’occasione di mettere fuori combattimento la gran parte delle capacità militari di Kiev. Per questo è plausibile che la pressione militare russa su Kiev avesse il compito di trattenere a nord molte forze ucraine, oltre a favorire l’avvio di trattative.

Oggi i russi si appresterebbero ad attaccare gli ucraini contando questa volta su una discreta superiorità numerica dopo che per sei settimane le truppe di Mosca hanno attaccato su più fronti ma sempre con un numero di truppe inferiore a quello messo in campo dai difensori ucraini.
Secondo l’intelligence britannica, per ridispiegare nel Donbass tutti i reparti necessari alla battaglia occorrerà "come minimo almeno una settimana". Quella che si configura è quindi una vasta battaglia campale con almeno 200 mila soldati mobilitati sui due lati della barricata, con qualche migliaio di mezzi e artiglierie.

Uno scontro sanguinoso che avrà con ogni probabilità il suo epicentro tra Kramatorsk e Slavyansk e che vedrà avvantaggiati i russi che schiereranno forze fresche, con una maggiore potenza di fuoco e supporto logistico proveniente dal vicino confine russo; mentre gli ucraini avranno maggiori difficoltà a inviare rifornimenti a est del fiume Dnepr, anche a causa degli attacchi missilistici nemici che stanno devastando tutti i depositi di armi, (incluse quelle che l’Occidente sta inviando a Kiev), carburante, rifornimenti e munizioni.
Colpire i rifornimenti e i depositi ucraini significa preparare il terreno all’offensiva russa che verrebbe rafforzata dalla caduta di Mariupol, la città costiera in cui le ultime sacche di resistenza ucraina assorbono tre brigate russe.

Il comando russo, che finora ha cercato di limitare per quanto possibile le perdite, potrebbe scartare l’ipotesi di un attacco frontale alle postazioni ucraine optando per il completamento dell’accerchiamento delle unità nemiche, continuando ad avanzare lentamente ma impedendo ogni movimento e bloccando il tentativo di Kiev di inviare rifornimenti lungo strada e ferrovia.
Un simile scenario renderebbe inutile la battaglia trincea per trincea favorendo una trattativa che scongiuri la carneficina e che consenta agli ucraini di ritirarsi con onore dal Donbass e ai russi di conseguire gli obiettivi militari che si erano prefissati.