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caso canepa

Il vaccino ha ucciso, ma nessuno ha "sparato": tutti assolti

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Ad uccidere Camilla Canepa è stato il vaccino, ma i medici "non sono responsabili". L'esito scontato del processo per la morte della 18enne ripercorre lo stesso schema del caso Paternò: il vaccino ha ucciso, ma nessuno tra i medici, le istituzioni, il ministero della Salute, gli enti di controllo e le case farmaceutiche è responsabile. Una vergogna per uno Stato di diritto.
- Il libro della Bussola, Vaccinocrazia

Attualità 12_04_2025

Non c’era da illudersi che il processo per la morte di Camilla Canepa avvenuta il 10 giugno 2021 a seguito della vaccinazione anti covid con Astrazeneca, potesse scrivere una nuova pagina di giustizia applicata al dramma dei danneggiati da vaccino. Col proscioglimento da parte del Gip di Genova, perché «il fatto non sussiste», i cinque medici che erano stati indagati vengono assolti, ma non perché non sia stato il vaccino ad uccidere la giovane 18enne inoculatasi nel corso di un open day nella sua città, Sestri Levante, il 25 maggio. Semplicemente non è da imputare a quei medici, che si trovarono ad affrontare le conseguenze della Vitt (la trombocitopenia da vaccino) la morte della giovane. Che è da imputare unicamente al vaccino.

Lo si comprenderà meglio con le motivazioni della sentenza che usciranno tra 90 giorni, ma è praticamente certo che il giudice confermerà che ad uccidere la giovane sia stato il vaccino, come del resto la stessa Procura di Genova aveva appurato, ma non è colpa dei medici che l’hanno poi curata, se non è stata riconosciuta in tempo la Vitt. «All’epoca non si sapeva», si dirà facilmente.

Che è un altro modo per dire che anche questa volta non è colpa di nessuno. E fa pensare che neppure su questo caso, che pure è stato il più eclatante e mediatizzato, non sia stato concesso dal giudice alcuno spazio di dibattito nell’aula di giustizia.

I medici hanno avuto gioco facile, effettivamente, nel difendersi dicendo che all’epoca non c’era nessun protocollo di intervento per una conseguenza simile dopo la vaccinazione. E questo nonostante già dal 9 aprile precedente fosse nota, perché pubblicata sul prestigioso New England Journal of Medicine, la conseguenza post vaccino della trombocitopenia.

La Vitt, infatti, era stata scoperta solo pochi mesi prima dall’equipe del professor Andreas Greinacher dell’Università tedesca di Grefswald con uno studio pubblicato il 9 aprile 2021 sul The New England journal of medicine: lo studio dimostrò che la vaccinazione con i vaccini a vettore virale come quello della casa di Oxford poteva provocare rari casi di trombocitopenia trombotica. 

Ma quasi nessuno ne parlò. Della conferenza stampa del professor Greinacher si parlò a mala pena anche in Italia (uno dei pochi giornali che vi partecipò fu il Fatto Quotidiano) mentre l’approccio degli altri giornali fu di sostanziale rassicurazione. «Il 22 aprile, ad esempio - così scrivevamo nel 2024 -, il Corriere Salute fece un servizio molto documentato per parlare delle trombosi, ma sempre con il noto approccio “da pompiere” che caratterizzava la produzione giornalistica dell’epoca. Si dava conto della ricerca di Greiswald con dovizia di particolari, ma con il controbilanciamento di posizioni come quella del professor Giuseppe Remuzzi volte a rassicurare: studiare e capire, ma le probabilità sono basse, la campagna vaccinale non deve fermarsi».

Con queste premesse, a cui si aggiunge la totale assenza di circolari ministeriali o di Asl su quello che la scienza stava scoprendo, è stato inevitabile che i medici non siano stati riconosciuti colpevoli, del resto l’approccio dei medici a seguito delle reazioni avverse gravi da vaccino è sempre stato di sostanziale disinteresse e ostilità: quanti danneggiati hanno raccontato di accessi al pronto soccorso a vuoto, con il ritorno a casa solo con prescrizioni di ansiolitici?

A parlare di quegli studi, che evidenziavano criticità, erano pochi e coraggiosi medici e giornalisti, però tenuti confinati nella ridotta ignominiosa del complottismo no vax, mai considerati dai media e dalle istituzioni. Inutile stupirsi adesso che nessuno sapesse, perché è proprio così: nessuno sapeva, ma tutti erano immersi nel rumore di fondo di una narrazione che doveva dire che andava tutto bene e che il vaccino non creava nessun tipo di problema. Chi oggi prova a negarlo mente ed è moralmente responsabile di queste morti, perché anche il silenzio uccide.  

Ecco perché la tragica vicenda processuale di Camilla, non poteva che avere questo esito più che scontato, che certifica che il vaccino ha ucciso, ma pazienza: nessuno dovrà pagare perché nessuno è responsabile.

Del resto, la vicenda Canepa si è conclusa esattamente come la vicenda di Stefano Paternò, il militare di Marina che morì a seguito dello stesso vaccino: il Tribunale di Catania mise nero su bianco in sentenza che la sua morte fu da ricondurre ad una sindrome da distress respiratorio acuto a seguito del vaccino anti covid, ma nessuno per quella morte ha pagato e il caso è stato archiviato.

Quella di considerare la morte causa vaccino, ma senza responsabili diretti, infatti, è stata sempre una costante della giurisprudenza italiana, costruita sapientemente con le procedure suggerite dal Massimario della Cassazione, che hanno scoraggiato tutti i giudici dal prendere decisioni coraggiose: ad oggi, infatti, nessun medico vaccinatore ha pagato per una reazione avversa da vaccino causata ad esempio da un’anamnesi insufficiente o errata per il semplice motivo che le anamnesi dei fattori di rischio pre-vaccinazione erano sconosciute e ritenute inutili. Per il semplice motivo che stare a considerare tutti i possibili rischi connessi all’inoculo a seconda dei fattori di rischio di ognuno, avrebbe reso vana la mastodontica campagna vaccinale coatta di massa portata avanti da un apparato militare, che proprio in settimana, è stato premiato da Mattarella con la medaglia d’oro.

Come abbiamo scritto nel libro Vaccinocrazia a proposito del caso Paternò, «tutto questo non è stato sufficiente per arrivare alla condanna di un responsabile. E questo era ampiamente previsto. Non lo poteva essere la casa produttrice, che ha potuto dimostrare di aver ottenuto una salvaguardia, da contratto, sulla quale lo Stato si è assunto ogni tipo di responsabilità e non lo possono essere i sanitari vaccinatori perché blindati da uno scudo penale che rappresenta una cornice invalicabile per la ricerca della responsabilità. Quindi non può averla nemmeno lo Stato che scaricando la responsabilità sui poveri cittadini, di fatto ha lasciato a loro l’onere della prova, la vita sul campo e il peso di doverlo dimostrare. Ne consegue che i danneggiati da vaccino – e Camilla era tra questi ndr – firmando la liberatoria all’inoculo estorta attraverso la perversa minaccia della perdita del lavoro e la vita sociale, è stata di fatto la loro condanna a morte (Vaccinocrazia, Cap X “Cercando giustizia”, p. 108)».

E non potevano esserlo nemmeno i vertici istituzionali, come ad esempio i sindaci e i governatori che organizzavano giulivi le trappole degli open day o come l’allora ministro della Salute Roberto Speranza, vista e considerata la velocità con cui il Tribunale dei ministri ha archiviato la denuncia sul suo conto presentata dal Comitato Ascoltami che riunisce i danneggiati. D’altra parte, come dissero i giudici archiviando la sua posizione, Speranza di fatto eseguiva soltanto gli ordini di Ema, in uno scaricabarile di Stato indegno di un paese civile come dovrebbe essere il nostro.

E non poteva esserlo neppure l’Aifa, il cui direttore generale Nicola Magrini è ancora formalmente indagato per la stessa vicenda dalla procura di Roma, ma il fascicolo giace stranamente da più di un anno e mezzo sulla scrivania del procuratore capo.

Così come non potevano esserlo Ema e le istituzioni europee, perché in fondo, se nemmeno la presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen non ha avuto particolari conseguenze negative dalla vicenda dei contratti siglati via sms con Big Pharma, è impossibile andare a individuare un colpevole.

Tutti assolti, dunque, i medici, le istituzioni, gli organi di controllo e farmacovigilanza, le case produttrici dei vaccini. Ecco servito il primo caso in cui la Giustizia italiana individua le cause della morte, ma rinuncia a scoprire chi l'ha favorita. Tutti assolti, anche se l’assassino è chiaramente indicato nella stanza: è il vaccino, che in questa vicenda assume sempre più le fattezze di una pistola. Solo che, a differenza dei romanzi gialli, nessun giudice ha avuto il coraggio di voler scoprire chi ha premuto il grilletto. 



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