Speranza insulta il danneggiato: leninismo disumano
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Speranza, in nome di una tesi ideologica, peraltro già smentita dai fatti, e rigidamente applicata, ha mancato di rispetto ad una persona ammalata, ad un disabile, con una disumanità indegna di uno che per qualche anno si è occupato di salute pubblica.
Diceva Primo Levi che «la memoria è necessaria, dobbiamo ricordare perché le cose che si dimenticano possono ritornare». Questa frase è risultata nei giorni scorsi quanto mai drammaticamente vera in occasione dell’episodio sconcertante che ha visto protagonista a Potenza, la sua città, l’ex ministro della (mala)sanità Roberto Speranza, nel corso della presentazione della nuova edizione del suo libro “Perché guariremo” uscito nell’ottobre del 2020, in pieno Covid time, e poi misteriosamente ritirato dal commercio.
Una persona che è intervenuta all’evento in sedia a rotelle, dove è costretto dopo una grave reazione avversa al vaccino Covid, un ictus,è stato insultato pesantemente da Speranza, e quindi fatto allontanare dalla sala dove si svolgeva la presentazione del libro, il cui titolo, “Perché guariremo”, a quel punto risultava surreale di fronte al dramma della persona danneggiata, la quale si è sentito dire che la sua protesta «uccide gli altri». Sembrava di essere tornati all’inverosimile teorema con cui Draghi presentò agli italiani il Green Pass, il lasciapassare senza il quale non si poteva più lavorare né circolare liberamente: non ti vaccini, ti ammali, muori e fai ammalare. Si trattava di una colossale menzogna senza alcun fondamento scientifico, e Speranza a Potenza l’ha reiterata, negando la realtà che era sotto i suoi occhi.
L’uomo in sedia a rotelle infatti non apparteneva alla vituperata schiera dei no vax, il capro espiatorio della pandemia, quelli ai quali venivano augurati ogni tipo di mali, sofferenze, la morte più atroce, la segregazione, i campi di rieducazione alla cambogiana, ma un uomo che si era diligentemente vaccinato secondo le indicazioni governative. Un uomo la cui vita è stata gravemente compromessa a causa di un evento avverso del vaccino, e che ora chiede quasi disperatamente di essere ascoltato, come tutte quelle persone che hanno riportato danni nel corso della sperimentazione.
Non per niente l’associazione che si occupa di queste persone, di cui la Bussola ha parlato molte volte, si chiama Ascoltami. Queste persone, come l’uomo di Potenza, chiedono in primo luogo di essere ascoltate, che sia preso in considerazione il loro dramma, e di non essere considerate come degli psicolabili, dei malati immaginari.
Roberto Speranza ha però fatto di peggio: come dimostra il servizio della troupe di Fuori dal Coro che ha seguito la vicenda, l'ex ministro ha definito assassino l’uomo danneggiato, solo perché facendo sentire la sua voce potrebbe diventare un testimone della pericolosità del vaccino e quindi scoraggiare dal farne altre dosi. Speranza, in nome di una tesi ideologica, peraltro già smentita dai fatti, e rigidamente applicata, ha mancato di rispetto ad una persona ammalata, ad un disabile, con una disumanità indegna di uno che per qualche anno si è occupato di salute pubblica. Ha prevalso in lui il pensiero di Lenin, che diceva che se le teorie sono in contrasto con la realtà, tanto peggio per la realtà.
L’odio creato dal mainstream e avente come bersaglio la figura mediatica del “no vax” sembra non riuscire proprio ad essere superata, tant’è che, ancora oggi, l’odio continua a diffondersi indisturbato, e nella categoria suddetta non rientra la sola persona che non ha effettuato la vaccinazione, ma anche si osa nei suoi confronti esercitare un pensiero critico.
Malgrado per stessa ammissione delle case farmaceutiche i vaccini non avessero superato gli studi sugli effetti collaterali e non proteggessero dalla trasmissione del “virus”, ci sono ancora esponenti dei media e della politica che non sentono ragione, che non prendono atto della realtà, e proseguono nella loro indifferenza nei confronti delle persone che soffrono. Una indifferenza che troppe volte diventa odio.
Non dobbiamo dimenticare che dei medici, che dovrebbero attenersi a quanto richiesto dal giuramento di Ippocrate, furono capaci durante la pandemia di lanciare sui social messaggi come questo: «Non siamo mica tenuti a curare tutti. Non sta proprio scritto da nessuna parte». Ovvero la negazione puramente arbitraria del diritto di ogni persona, di ogni essere umano, a ricevere cure. Se un medico arriva a chiedersi «dove sta scritto» che bisogna prendersi cura dei malati significa che la Medicina sta subendo una trasformazione antropologica mostruosa.
E quante altre frasi discriminatorie e minacciose vennero pronunciate nei confronti di una categoria di persone, oggetto di una discriminazione contro la quale si udirono ben poche voci di condanna. La speranza – è proprio il caso di dirlo - è che il brutto episodio di Potenza possa essere l’ultimo e che la stagione dell’odio abbia a concludersi.