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FEDE E MUSICA

Il Montfort e il canto religioso popolare

Il grande missionario bretone, noto per i suoi ispiratissimi scritti sulla Madonna, è pure autore di un canzoniere di oltre 23.000 versi, 163 cantici a rima alternata, composti per far cantare il popolo. Perché il buon canto dà gloria a Dio, è terribile per il mondo e per il diavolo, apre il cuore allo Spirito Santo.

Ecclesia 31_01_2023
San Luigi Maria Grignion de Montfort

Ricorre il giorno anniversario da quando, or sono 350 anni, il 31 gennaio 1673, nasceva a Montfort-sur-Meu, nella Francia nordoccidentale, il poeta mistico della Madonna, il grande missionario bretone del secolo di Luigi XIV: san Luigi Maria Grignion de Montfort.

Studia teologia all’Università della Sorbona a Parigi e a 27 anni è ordinato sacerdote. Designato Missionario Apostolico nel 1706 da Papa Clemente XI († 1721), diffonde il culto alla Beata Vergine Maria e fonda le Figlie della Sapienza (1703) e la Compagnia di Maria o Monfortani (1705). Muore a 43 anni, il 28 aprile 1716, predicando una missione nel villaggio di Saint-Laurent-sur-Sèvre, dopo una vita breve, sorprendentemente intensa e feconda, ma singolarmente sofferta, da alcuni esaltata, da altri incompresa. Pio XII lo proclama santo il 20 luglio 1947, considerando nella breve omelia, alla base della perfezione e dei risultati sorprendenti di questo santo, «il suo ardentissimo amore per Cristo e la divampante, solida e retta devozione alla Madre di Dio» (Pio XII, Homilia in sollemni canonizatione Beati Ludovici Mariae Grignion de Montfort, Confessoris). Alla dottrina del Montfort si ispirò il motto di Giovanni Paolo II, Totus tuus. Tra i santi del suo tempo «e forse di tutti i tempi, Grignion de Montfort è stato probabilmente colui che è andato più lontano nell’approfondimento teologico della devozione a Maria al servizio della vita cristiana... Il Trattato della vera devozione alla santa Vergine rimane il libro classico della devozione mariana» (R. Deville, L’école française de spiritualité, Paris 1987, p. 154).

Il nostro missionario è pure autore di un grandioso canzoniere di oltre 23.000 versi, 163 cantici a rima alternata, composti per far cantare il popolo durante le sue missioni nel Poitou, nella nativa Bretagna e in Vandea. Ecco perché potremmo chiamare questo santo patrono del canto popolare religioso. Fin da quando era seminarista, secondo il suo condiscepolo e primo biografo Jean-Baptiste Blain († 1751), Grignion de Montfort «nel suo ritiro si occupava inoltre a comporre cantici spirituali che gli sono serviti in seguito nelle sue missioni» (J. B. Blain, Abrégé de la vie de Louis-Marie Grignion de Montfort, in Documentes et Recherches II, Centre international montfortain, Roma 1973, p. 116).

La raccolta si apre con un cantico intitolato Utilità dei canti, in cui l’apostolo-missionario spiega perché cantare. In sintesi: il canto dà gloria a Dio ed Egli lo gradisce perché ama il canto. I primi a farlo sono stati gli angeli; noi, cantando, li imitiamo. Il canto accende il fuoco dell’amore sulla terra e così la terra risponde al cielo; i canti debbono perciò essere buoni. Cantare dà gioia e Dio vuole che i suoi fedeli siano allegri; perciò tutta la Chiesa canta, anche durante i funerali. Questo avviene fin dai primi cristiani. Scrive infatti san Paolo: “Siate sempre lieti nel Signore” [Fil 4,4]. Così facevano la Vergine Maria e i santi. Ma il canto è soprattutto utile all’anima: illumina la mente, rasserena l’animo, rinfresca la memoria, aumenta il coraggio, colma di allegria, apre il cuore allo Spirito Santo, calma le nostre sofferenze, dà sollievo nella stanchezza, dispone a grandi cose. Il canto è terribile per il mondo e per il diavolo: caccia via gli spiriti maligni, rettifica il libertinaggio che il mondo vi introduce per offendere Dio, come quello degli ubriachi, eliminando così il veleno che potrebbe intossicare l’umanità scandalizzando i deboli e gli indifesi e sconfiggendo il mondo, vera cloaca di sozzure. Infine gli amici di Dio sono esortati a tener sempre duro contro il diavolo e il mondo, e a cantare sempre la gloria del Signore.

Tali caratteristiche del canto religioso popolare si riscontrano pure nell’insegnamento di Pio XII. Completando le prescrizioni di san Pio X (cfr. Tra le sollecitudini, 1903) e di Pio XI (cfr. Divini cultus sanctitatem, 1928), il Pastor angelicus tiene «in grande stima anche quella musica che, pur non essendo destinata principalmente al servizio della sacra liturgia, tuttavia per il suo contenuto e le sue finalità reca molti vantaggi alla religione, e perciò a buon diritto viene chiamata musica religiosa. Invero anche questo genere di musica sacra - che ebbe origine in seno alla Chiesa e sotto i suoi auspici poté facilmente svilupparsi - è in grado, come l’esperienza dimostra, di esercitare negli animi dei fedeli un grande e salutare influsso, sia che venga usata in chiesa durante le funzioni e le sacre cerimonie non liturgiche, sia “fuori di chiesa” nelle varie solennità e celebrazioni. Infatti le melodie di questi canti, composti per lo più in lingua volgare […] danno un certo tono di maestà religiosa ai convegni e alle adunanze più solenni» (Pio XII, Musicæ sacræ disciplina, II).

San Luigi Maria compone i suoi cantici ispirandosi agli inni liturgici? «I canti religiosi popolari, scritti per lo più in lingua volgare, […] prendono origine dal canto liturgico stesso», dice Pio XII (ibidem). I cantici dell’apostolo missionario sono conformi al Magistero della Chiesa, contro «l’austerità senza gioia, l’oscuro terrore, l’orgogliosa depressione del Giansenismo» (Pio XII, Aux pèlerins réunis à Rome pour la canonisation de saint Louis-Marie Grignion de Montfort, 21 luglio 1947)? Scrive il Papa: «Affinché tali canti religiosi portino frutto spirituale e vantaggio al popolo cristiano, devono essere pienamente conformi all'insegnamento della fede cristiana, esporla e spiegarla rettamente» (Pio XII, Musicæ sacræ disciplina, III). I versi del nostro missionario, pur nel francese del suo tempo, sono facilmente comprensibili? I canti religiosi popolari devono «usare un linguaggio facile e una melodia semplice, aborrire dalla profusione di parole gonfie e vuote», chiede Pio XII (ibidem). Questi canti sacri devono «infine, pur essendo brevi e facili, avere una certa religiosa dignità e gravità», secondo il Papa? Grignion de Montfort, attento alla predicazione del Vangelo, li scrive soprattutto facili e sceglie belle melodie popolari su cui cantarli.

«Il buon padre di Montfort» - come veniva chiamato dalla gente semplice - «proponeva ai cristiani la consacrazione a Cristo per le mani di Maria, come mezzo efficace per vivere fedelmente gli impegni battesimali» (Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, n. 48): insegni anche a noi l’autentica «spiritualità mariana». I canti da lui composti furono, ai tempi della Rivoluzione Francese, sulle labbra delle 47 beate martiri di Avrillé († 1794) e di coloro che, come disse il beato Guillaume Repin († 1794), volevano «conservare la loro fede e la loro religione»: si contrappongano anche oggi a quelli rivoluzionari dei nostri giorni.