Il “catechismo” femminista di Michela Murgia
Intervistata in merito al suo ultimo libro, la scrittrice icona del mainstream giunge persino a reinterpretare il Vangelo. Ne emerge un florilegio di stereotipi di quella mentalità liquida cui va bene qualsiasi relazione, purché non si riduca al classico (ma indispensabile) madre, padre e figli.
God save the queer. Sottotitolo: Catechismo femminista. In copertina una riproduzione dell’Annunciata di Antonello da Messina, solo che ora la Vergine ha il pugno levato, tanto per ricordare che la blasfemia è democratica e che se il comunismo è morto i nostalgici del comunismo sono vivi e vegeti. Stiamo parlando dell’ultimo libro di Michela Murgia che di lavoro, secondo Wikipedia, fa la «scrittrice, blogger, drammaturga, critica letteraria e opinionista televisiva». Insomma, quei mestieri che tutti insieme puoi farli solo se sei un pupillo della sinistra.
Non è dell’ultima fatica letteraria della Murgia che vogliamo parlare, ma dell’intervista rilasciata a La Stampa in occasione del lancio del libro di cui sopra. Nell’intervista c’è molta carne al fuoco, quindi dobbiamo purtroppo fare una selezione delle perle della scrittrice. Si tocca il tema della 194, in merito alla quale Meloni ha detto più volte che vuole un’applicazione integrale. La blogger commenta: «La 194 non dice che noi possiamo abortire se lo vogliamo, dice che ci devono essere delle condizioni». Non è proprio così. Prima dei 90 giorni la donna può abortire quando vuole, dopo ci sono minime limitazioni. Le strade alternative all’aborto – le condizioni accennate dalla Murgia – rimangono invece sulla carta con cui è stampata la 194.
Pare che la drammaturga sia contro la scelta delle donne perché per lei l’alternativa è tra l’aborto e l’aborto. Poi aggiunge: «Quando Meloni dice: faremo tutto quel che è scritto nella legge, significa che può far sì che quelle condizioni debbano essere certificate da un medico. Così tu dovrai affrontare il consultorio con i pro-vita, trovare un dottore che certifichi che hai diritto a interrompere la gravidanza, poi trovarne un altro non obiettore». Anche qui volutamente si travisa il contenuto della 194. I motivi per abortire ex lege 194 non devono essere certificati da nessuno. Il medico deve prendere solo atto dello stato di gravidanza della donna e della sua volontà di abortire. Se le donne incontrassero nei consultori personale pro-life – eventualità ad oggi irrealistica – ciò non sarebbe contrario alla legge.
La critica letteraria poi parla di principi non negoziabili: «Ricorda la formula che utilizzava il cardinal Ruini quando era presidente della Cei? Parlava di valori non negoziabili. Ma non esistono nel consesso umano valori non negoziabili. Tutto è negoziabile, perché siamo tutti diversi». Per valori non negoziabili (rectius: principi non negoziabili) si intendono, ad esempio, vita, famiglia e libertà educativa. A rovescio i principi non negoziabili significano gli assoluti morali: non assassinare, non rubare, non mentire, vietati i “matrimoni” gay, i divorzi, eccetera. Per la Murgia, quindi, non esistono gli assoluti morali, ossia azioni che sono sempre vietate, al di là delle buone intenzioni che le muovono e al di là delle circostanze. Quindi, a rigore e posto che la Murgia abbia compreso ciò che voleva dire Ruini a suo tempo, l’opinionista televisiva è a favore dell’assassinio, del furto, della menzogna, della pedofilia, della violenza sulle donne, dello sfruttamento del lavoro minorile, etc. perché tutto è negoziabile secondo la Murgia: vita, verità, bambini, libertà delle donne, integrità fisica e psicologica.
Successivamente la blogger si improvvisa anche teologa dato che si è detta sempre cattolica (sic) e si addentra in tematiche religiose, parlando della «famiglia di Nazareth, che nel Vangelo non è il modello di niente. Quando qualcuno va da Gesù cercando di fargli dire qualcosa di familistico tipo “sono venuti qui tua madre e tuo fratello a chiamarti perché stai facendo un po' il pazzo in piazza”, lui dice “chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?”, cioè io giudico sulla base di chi fa la volontà del Padre, non ci sono titoli e ruoli, non li riconosco». È il Vangelo secondo Murgia. L’esegesi maliziosa di quest’ultima non è corretta. Gesù nel passo di Vangelo di Matteo afferma: «chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12, 50). Gesù ci sta dicendo: volete essere realmente miei fratelli? Fate la volontà del Padre mio. Ma fare la volontà di Dio non comporta mettere in discussione il concetto di famiglia, mettere in discussione il ruolo paterno – tra l’altro Dio è padre – quello materno, quello dei coniugi, anche perché la famiglia è proprio espressione della volontà di Dio, l’ha inventata lui. Una cosa non esclude l’altra. Inoltre, la Murgia si è fatta un bell’autogol: se lei valorizza così tanto la volontà di Dio, sappia che Dio non vuole l’aborto, l’eutanasia, i divorzi, l’omosessualità, le “nozze” gay, la fecondazione artificiale, eccetera, tutti fenomeni invece benedetti dalla nostra blogger.
Stesso scivolone quando la provetta teologa appunta: «Quando [Gesù] dice con durezza “io sono venuto a portare la spada, non la pace, tra il padre e il figlio, tra la madre e la figlia”, mette in crisi i cultori della famiglia tradizionale». In questo caso Gesù quando parla di spada non se la prende con la famiglia naturale – sua creazione – bensì sta dicendo che la sequela a Cristo è così esigente che a volte chi segue la volontà di Dio si trova contro tutti: padre, madre e figli compresi.
Poi la scrittrice si inventa che la famiglia formata da genitori e figli è nata negli anni Sessanta, perché prima c’era la famiglia allargata che comprendeva anche i cugini. Semmai prima le famiglie erano più numerose e i legami di parentela venivano vissuti più strettamente, ma la famiglia con genitori e figli c’è stata da quando c’erano Adamo ed Eva. Ma la blogger deve inventarsi un puntello storico per poi arrivare a dire che in famiglia sono in otto, non otto tra fratelli e genitori, ma otto sconosciuti che si sentono poliamorosamente famiglia. «Il fatto che lo Stato riconosca soltanto forme di aggregazione in coppia, riportando il rapporto affettivo solo a un binomio, fa ridere perché nei fatti non è così». Murgia ed altri devono avere in odio il numero due: non esistono solo due sessi e non esistono solo due coniugi. Esulteranno i poligami islamici.
Insomma, è il solito stereotipo della liquidità che, sforzandosi di essere originale, la nostra drammaturga sintetizza così: «l'atto del queering è una scatola senza i lati, prende la forma di quello che ci entra dentro, anziché il contrario». Che, tradotto, significa: vivere come si vuole e non come si deve. Nulla di nuovo, cara Murgia, nulla di nuovo.