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prelati a stelle e strisce

I vescovi Usa preferiscono Broglio a Bergoglio

Ordinario militare e attivissimo pro-life, il neopresidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha un profilo molto distante rispetto a quelli voluti dal Santo Padre per ridefinire il volto della Chiesa americana in senso meno "muscolare" rispetto all'era wojtyliana. Ma l'ala liberal dell'episcopato si mostra debole anche alle urne.

Ecclesia 17_11_2022

Le origini piemontesi e sette lettere su nove del cognome. Sono questi, probabilmente, gli unici punti in comune che il nuovo presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti e il capo della Chiesa cattolica hanno in comune. Per il resto, l'uomo scelto dalla maggioranza dei vescovi a stelle e strisce per succedere a monsignor José H. Gomez ha un profilo molto distante da quelli finora preferiti da Francesco.

L'arcivescovo Timothy P. Broglio, ordinario militare negli States, ha rispettato i pronostici ed è risultato il più votato in una lista di dieci candidati nella quale non hanno trovato spazio i quattro vescovi di fiducia di Bergoglio che li ha fatti anche cardinali: Blaise Cupich, Joseph Tobin, Wilton Gregory e Robert McElroy. L'episcopato liberal si è dovuto così buttare sull'arcivescovo di SeattlePaul Dennis Etienne che si fece notare nell'assemblea plenaria del giugno 2021 per aver votato contro l'adozione di un documento sul significato dell'Eucaristia sull'onda del caso Biden.

Tuttavia, con i suoi 30 voti al primo turno, Etienne si è classificato soltanto terzo, alle spalle dell'arcivescovo di Baltimora, William Edward Lori noto per le posizioni pro-life e protagonista di intemerate durissime nei confronti di Joe Biden accusato di cercare «ogni strada possibile per negare ai bambini non ancora nati il loro diritto umano e civile più fondamentale, il diritto alla vita». Lori, nel ballottaggio seguito ad una seconda votazione, è rimasto fermo sulla soglia dei 99 voti, mentre Broglio ha superato il quorum richiesto (119) prendendone 138. Etienne, che nella seconda votazione era passato dai 30 ai 37 voti, è ripartito da questo bottino nell'elezione del vicepresidente ma anche qui è rimasto fuori dalla partita: al ballottaggio, infatti, sono arrivati Lori (poi vincente) e Kevin Carl Rhoades, vescovo di Fort Wayne-South Bend.

Insomma, l'episcopato liberal Usa sembra aver dimostrato la sua debolezza anche nelle urne. Torna alla mente la battuta che Francesco pronunciò ad alta quota, sul volo che lo portava in Madagascar nel 2019: «per me è un onore se mi attaccano gli americani!». La Chiesa americana, come avvenuto anche nelle ultime elezioni, non va di pari passo con l'orientamento che nella scelta dei vescovi sembra aver prediletto il Pontefice argentino dal 2013 ad oggi.

Ma, paradossalmente, proprio l'elezione di un prelato come Broglio, così lontano dall'identikit del vescovo di tendenza bergogliana, può rappresentare un'affermazione delle parole d'ordine continuamente predicate nel corso dell'attuale pontificato: il principio sinodale, la collegialità reale, la partecipazione attiva dei vescovi nelle Chiese locali nei processi decisionali. Mentre uno considerato liberal come Wilton Gregory, fatto cardinale da Francesco, il presidente della Conferenza episcopale è riuscito a farlo, ma quando a sedere sul soglio pontificio c'era Giovanni Paolo II, il Papa che probabilmente ha forgiato più di tutti l'attuale linea maggioritaria dell'episcopato statunitense. È il bello della storia della Chiesa.

In ogni caso, monsignor Broglio ha raccolto in quest'elezione i frutti seminati tre anni fa, quando riuscì ad entrare nella lista dei candidati e a ben figurare fino al punto di arrivare al ballottaggio per la vicepresidenza con monsignor Allen Vigneron che lo sconfisse per 151 voti a 90. Tradizionalmente, il vicepresidente della Conferenza è il favorito per la successione tre anni dopo, ma questa volta l'età del 74enne Vigneron gli ha impedito di succedere a Gomez. Proprio quest'anno, infatti, la Santa Sede ha inviato una lettera alle Conferenze episcopali di tutto il mondo per chiedere di «non eleggere alle cariche di presidente e vice-presidente della Conferenza episcopale i vescovi diocesani che durante il loro incarico (mandato elettivo) compiranno 75 anni di età». Alla luce di ciò, il 71enne Broglio, già segretario dell'USCCB, è diventato inevitabilmente il grande favorito.

Attivissimo per la causa pro-life, molto legato alla comunità italo-americana e grande conoscitore dell'Italia, estimatore di Paolo VI (che chiama Pope Paul The Great) e dell'Humanae Vitae, il nuovo presidente dei vescovi americani può contare su un'invidiabile esperienza in Curia: entrato poco più che trentenne nel Servizio diplomatico della Santa Sede, fu a lungo segretario personale del potentissimo cardinale Segretario di Stao Angelo Sodano.

E a proposito di questo periodo, è curioso notare come Elisabetta Piqué, giornalista del quotidiano argentino La Nación e amica di Bergoglio dai tempi di Buenos Aires, abbia attribuito proprio a Broglio la responsabilità di una manovra anti-Bergoglio sulla scelta di alcuni vescovi argentini tra la fine del 2005 e l'inizio del 2006. In una biografia sul Santo Padre, la giornalista argentina ha sostenuto che la nomina dei vescovi “conservatori” Jose Luis Mollaghan e Fabriciano Sigampa sarebbe stata chiesta in chiave anti-bergogliana dal politico Esteban Juan Caselli e si sarebbe concretizzata grazie all'"antica amicizia" tra quest'ultimo ed il cardinale Sodano.

A giocare un ruolo, secondo la ricostruzione di Piqué, sarebbe stato però anche il nuovo presidente della Conferenza episcopale Usa per via del rapporto di consuetudine che lo legava a Caselli con il quale giocava spesso a tennis sebbene ci sia da precisare che all'epoca dei fatti addebitatigli dalla giornalista, il presule non era più a Roma ma già nunzio apostolico in Repubblica Dominicana. La biografa di Francesco, però, si è spinta al punto di scrivere che Broglio sarebbe stato «soprannominato “Timbroglio”».

Righe che sembrerebbero suggerire che, per i trascorsi argentini e non solo, l'elezione del nuovo presidente non deve aver fatto fare salti di gioia a Santa Marta. Ma l'esperienza in Vaticano (e la scuola Sodano) potranno rivelarsi utili per un diplomatico e uomo di relazioni come Timothy P. Broglio, specialmente per tenere a bada le tensioni emerse con Roma in questi anni e persino acuite dall'elezione di Joe Biden in poi.