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I giudici europei sanzionano Apple e Google

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Dalla Corte di Giustizia Ue arrivano due sentenze pesanti per i colossi del web, in tema di concorrenza e fiscalità. Fine dell'anarchia, ora le multinazionali devono adeguarsi alle normative.

Attualità 12_09_2024
IMAGOECONOMICA - STEFANO SCARPIELLO

La notizia conferma che in Europa l’aria sta cambiando e che per i colossi della Rete la strada ora è in salita. In questi giorni la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha assunto due decisioni assai impattanti in materia di concorrenza e fiscalità.

A dieci anni di distanza dall’inizio della battaglia giudiziaria ha infatti confermato la decisione dell’Antitrust europeo del 2016, riconoscendo che l’Irlanda ha concesso alla Apple un aiuto illegale di 13 miliardi di euro. Di fatto la più alta corte dell’Ue ha validato la decisione che impone ad Apple di versare al fisco irlandese un'importante somma in tasse arretrate, che l'Irlanda stessa sembrava restia a reclamare.
Altra vittoria per la Corte Ue anche sul fronte di Google, con la conferma definitiva di una multa di 2,4 miliardi per abuso di posizione dominante sul fronte della comparazione dei prodotti. Si tratta di uno degli episodi del lungo braccio di ferro tra Bruxelles e le big digitali made in Usa (tra cui anche Facebook, Microsoft, X).

Queste decisioni segnano due importanti capitoli nella battaglia in corso tra l'Ue e le grandi aziende tecnologiche per una maggiore trasparenza e per una concorrenza leale nel mercato unico europeo, mettendo in discussione gli accordi fiscali favorevoli dei quali alcune multinazionali godono in certi Stati membri. In altre parole, la fiscalità a pelle di leopardo, sulla base delle convenienze dei giganti della Rete, è stata sonoramente bocciata dai giudici europei.

La vicenda Apple riguardava i vantaggi fiscali che l'Irlanda aveva concesso al gruppo dal 1991 al 2014. La Commissione europea, fin dal 2016, sosteneva che i due accordi fiscali anticipati a favore di due filiali di Apple, con sede legale in Irlanda ma residenza fiscale negli Stati Uniti, costituissero un aiuto di Stato. Secondo Bruxelles, le autorità irlandesi avevano escluso dalla base imponibile delle filiali gli utili derivanti dalle licenze di proprietà intellettuale, sostenendo che la gestione di queste licenze fosse negli Stati Uniti. Ciò ha permesso ad Apple di non includere tali utili nel bilancio delle filiali irlandesi, ottenendo benefici fiscali per 13 miliardi di euro. La Commissione aveva quindi annullato questi accordi fiscali, ma il governo di Dublino aveva fatto ricorso al Tribunale dell'Ue che, nel 2020, aveva dato ragione ad Apple, infliggendo una sconfitta alla Commissione. Il Tribunale aveva stabilito che non era stata dimostrata l'esistenza di un vantaggio selettivo per le filiali irlandesi di Apple. Tuttavia, la Commissione aveva impugnato questa decisione e la Corte di Giustizia dell'Ue nei giorni scorsi ha accolto il ricorso, ribaltando il verdetto precedente e annullando la sentenza del Tribunale. Di conseguenza, l'Irlanda è obbligata a recuperare da Apple gli aiuti concessi tramite i due accordi fiscali.

Invece, per quanto riguarda Google, la Commissione europea ha ottenuto la conferma della sua decisione del 2017 di imporre una multa di 2,4 miliardi di euro per «aver abusato della sua posizione dominante su vari mercati nazionali della ricerca su Internet favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti rispetto a quello dei suoi concorrenti». Il caso ruota attorno al servizio Google Shopping. Già nel 2021, il Tribunale dell'Ue aveva confermato la decisione in primo grado. Nello specifico, la Commissione contesta a Google di aver privilegiato, sulla sua pagina di risultati di ricerca generale, i risultati del proprio comparatore di prodotti rispetto a quelli dei comparatori di prodotti concorrenti.

Ma la questione non è affatto chiusa. Per Google si sta aprendo un nuovo capitolo a Bruxelles con l'entrata in vigore del Digital markets act (Dma). L'azienda di Mountain View potrebbe dover affrontare ulteriori sanzioni e pagare risarcimenti miliardari ai vari comparatori che, nel corso degli anni, sostengono di aver perso il 90% del loro mercato.
Sicuramente le recenti sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione europea forniscono importanti spunti di riflessione sulla giustizia fiscale e sulla regolamentazione delle multinazionali. Come ha sottolineato la vicepresidente della Commissione Europea, Margrethe Vestager, queste decisioni rappresentano una significativa vittoria per i cittadini europei e per il principio di giustizia fiscale.

Questi verdetti sottolineano l'importanza della trasparenza e della responsabilità nella gestione delle politiche fiscali. Garantire che le misure fiscali siano eque e conformi alle normative europee è essenziale per mantenere la fiducia nel sistema fiscale e assicurare che tutte le imprese, grandi e piccole, operino su un piano di parità. La Corte ha ribadito che la Commissione europea ha il compito di vigilare sull'applicazione delle regole fiscali, assicurandosi che non vi siano discriminazioni o distorsioni del mercato. Ora le multinazionali devono adeguarsi alle normative dell'Ue e non sfruttare vantaggi fiscali speciali che alterano le condizioni di mercato. Ciò al fine di prevenire pratiche fiscali discriminatorie e di promuovere un ambiente economico più giusto e competitivo.

Dunque, dopo diversi lustri di sostanziale anarchia, durante i quali i colossi del web hanno agito indisturbati incamerando ricavi esorbitanti, il cerchio regolatorio si stringe attorno a loro e questo dovrebbe preludere a un riequilibrio di risorse nell’economia digitale, in grado di valorizzare gli attori piccoli e medi e di proteggere in Rete il pluralismo economico e delle idee. Trasparenza, concorrenza, giustizia fiscale e pluralismo sono i pilastri fondamentali per assicurare uno sviluppo digitale equilibrato e responsabile.



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