«I dati, ora». Il BMJ mette a nudo l’opacità sui vaccini
Un editoriale del British Medical Journal denuncia il grave ritardo delle aziende farmaceutiche nel fornire i dati grezzi, necessari per un controllo indipendente, su vaccini e nuovi farmaci anti-Covid. Clamoroso il caso di Pfizer, il cui studio chiave è finanziato e gestito in casa: i dati non saranno divulgati prima del 2025. Il BMJ ricorda lo scandalo Tamiflu e punta il dito sulle agenzie di controllo dei farmaci, che dovrebbero pensare a tutelare non Big Pharma bensì la popolazione.
Il British Medical Journal, una delle più prestigiose riviste mediche del mondo, ha lanciato un durissimo j’accuse contro Big Pharma. L’editoriale del numero del 19 gennaio 2022 (Covid-19 vaccines and treatments: we must have raw data, now) è una vera e propria bomba, e merita di essere letto con attenzione e diffuso. Il fatto che sia uscito come editoriale - condiviso come sempre con l’editorial board, dunque impegnando tutta la credibilità della rivista medica inglese - e che esca su una rivista che da sempre si è schierata a favore dei vaccini anti-Covid, non lascia dubbi sull’estrema gravità di quanto hanno commesso e stanno commettendo i produttori di vaccini con la copertura giuridica dei governi.
Peraltro, l’editoriale rimarca che il British Medical Journal (BMJ) sostiene da sempre politiche di vaccinazione «basate su solide prove». Come sappiamo, purtroppo sui vaccini per il Covid è venuto totalmente meno un dibattito scientifico, sostituito da atti di forza dei vari governi, con quello italiano in prima linea per decisioni coercitive e ricattatorie sulla popolazione, e da richieste di adesione di fede assoluta. L’editoriale punta il dito sull’inaccettabile mancanza di trasparenza nella trasmissione dei dati relativi ai vaccini, così come - aggiunge il BMJ - sta accadendo ora pure sui farmaci anti-Covid.
È stato chiesto ai cittadini - dice la rivista medica - di fidarsi «del sistema», con la remota speranza che i dati delle ricerche relative alla realizzazione dei vaccini possano diventare disponibili per un controllo indipendente in qualche momento nel futuro. Ma è la trasparenza la chiave per creare fiducia e un percorso importante per rispondere alle «legittime domande delle persone sull’efficacia e la sicurezza di vaccini e trattamenti e sulle politiche cliniche e di salute pubblica stabilite per il loro utilizzo». Quelle legittime domande che finora sono state eluse, ignorate, o addirittura ridicolizzate e tacciate di complottismo e terrapiattismo.
Eppure, nell’ambito delle politiche sanitarie per la gestione delle epidemie non è la prima volta che si verifica un’assenza di trasparenza, e bene fa il BMJ a ricordare - a beneficio di chi ha la memoria corta - che nel 2009, in occasione della millantata pandemia di influenza suina, ci fu lo scandalo del Tamiflu. I governi di tutto il mondo avevano speso miliardi per acquistare un farmaco, l’oseltamivir (Tamiflu), spacciato come la panacea per quella pandemia annunciata che poi non si verificò. La maggior parte degli studi che lo avevano sostenuto si rivelarono sponsorizzati dal produttore, e ai ricercatori che avevano fatto richiesta di accesso ai dati per un’analisi indipendente venne opposto un rifiuto.
Oggi con i vaccini Covid sta accadendo lo stesso. «Le aziende farmaceutiche stanno raccogliendo enormi profitti senza un adeguato controllo indipendente delle loro affermazioni scientifiche», afferma il BMJ. E qui viene puntato il dito sulle agenzie di controllo dei farmaci, il cui compito non è quello di agevolare gli affari delle grandi aziende, ma proteggere la salute delle popolazioni. «Abbiamo bisogno della completa trasparenza dei dati per tutti gli studi, ne abbiamo bisogno nell’interesse pubblico e ne abbiamo bisogno ora».
Sono parole che pesano come macigni, e non possono essere ignorate, data anche l’autorevolezza della fonte. O vogliamo appiccicare il bollino d’infamia di “no vax” anche al British Medical Journal? «Non c’è spazio per esenzioni all’ingrosso dalle buone pratiche durante una pandemia. Il pubblico ha pagato i vaccini contro il Covid-19 attraverso ingenti finanziamenti pubblici alla ricerca, ed è il pubblico che si fa carico dell’equilibrio dei benefici e dei danni che accompagnano la vaccinazione. Il pubblico, quindi, ha diritto a tali dati, nonché al controllo di tali dati da parte di esperti». Ad oggi questo è impossibile, ed è qualcosa, dice il BMJ, di moralmente inaccettabile.
Lo studio cardine del vaccino di Pfizer è stato finanziato dall’azienda e progettato, gestito, analizzato e scritto dai dipendenti Pfizer. E Pfizer ha indicato che non inizierà a soddisfare le richieste di dati di prova fino a maggio 2025. Anche i dati per le terapie sperimentali sono altrettanto difficili da trovare. I rapporti pubblicati dello studio di fase III di Regeneron sulla sua terapia con anticorpi monoclonali REGEN-COV affermano categoricamente che i dati a livello di partecipanti non saranno resi disponibili ad altri. Altro che “atti di amore”: i segreti di questi farmaci sono custoditi gelosamente, e si impedisce qualunque analisi e collaborazione che potrebbe portare a migliorare l’efficacia dei prodotti con cui vincere il virus.
E la conclusione dell’editoriale ci ricorda una verità molto scomoda: «Le grandi aziende farmaceutiche sono l’industria meno affidabile al mondo. Almeno tre delle molte aziende che producono vaccini contro il Covid-19 hanno avuto processi penali e civili che sono costati loro miliardi di dollari, e una è stata riconosciuta colpevole di frode».
Con questi precedenti, la prudenza e il principio di cautela, da parte dei governi committenti, avrebbero dovuto essere un imperativo categorico. Purtroppo sappiamo come è andata, ma è auspicabile che la potente denuncia lanciata dal BMJ abbia finalmente un seguito, per fermare la follia pseudosanitaria.