Grillini senza Grillo. Conte caccia il fondatore dal Movimento 5 Stelle
L'assemblea costituente del M5S consacra Giuseppe Conte e cancella il ruolo di "garante" che finora era di Beppe Grillo. Fine dell'antipolitica grillina: senza più il vincolo dei due mandati, il M5S diventa un partito tradizionale.
Chi l’avrebbe mai detto che i grillini avrebbero dato il benservito al loro fondatore, Beppe Grillo? Eppure è accaduto domenica, in maniera solenne e formale, a conclusione di un’assemblea costituente che ha impresso una svolta alla vita di quel movimento politico. Già la parola costituente lasciava presagire che sarebbe cambiato tutto e che sarebbero state rinnegate le origini. Ed è esattamente quello che è accaduto. Giuseppe Conte è stato premiato dalla base pentastellata, che ha votato a maggioranza a favore dell’abolizione del ruolo del Garante (Beppe Grillo) e della cancellazione della regola dei due mandati.
Quando i Cinque Stelle sono nati, avevano combattuto aspramente il principio del professionismo della politica. Proprio per questo avevano adottato la regola dei due mandati, che impediva di fare politica per più di dieci anni, al fine di evitare incrostazioni di potere e di alimentare un concetto di inamovibilità che era agli antipodi della visione grillina, almeno di quella ufficialmente dichiarata. I grillini sono nati contro la casta, ma quando sono entrati nella stanza dei bottoni, non avendo nella maggior parte dei casi né arte né parte, si sono fatti fagocitare dalle logiche romane e sono diventati peggio dei loro nemici giurati.
L’assemblea di domenica ha cancellato il ruolo di Grillo, che quindi ha perso il lauto stipendio di 300mila euro annui, e ha spazzato via ogni vincolo, anche quello dei due mandati. Inoltre ha chiarito la collocazione dei pentastellati: nel campo progressista. In altre parole, faranno alleanze con il Pd e il resto del centrosinistra, senza più invocare una diversità morale che peraltro nessuno ha mai colto nei loro comportamenti.
Conte si gode la vittoria, ma deve ora guardarsi alle spalle. Le ultime elezioni europee e regionali hanno sancito il crollo del movimento in termini di consensi e quindi il suo potere di condizionamento sulla coalizione di centrosinistra è in calo. L’”avvocato del popolo” (la sua autodefinizione passata alla storia) sogna di tornare a Palazzo Chigi, ma con questi numeri è impossibile: il Pd ha più del doppio dei voti dei Cinque Stelle e quindi, a meno di candidati premier tecnici, esprimerà il prossimo presidente del consiglio in caso di successo della sinistra. Nessuna chance di rivincita, quindi, per Conte che, però, dopo l’assemblea costituente del suo partito, è certamente più forte, poiché legittimato dalla sua base e anche dai gruppi parlamentari, che ora intravvedono la possibilità di radicarsi alla Camera e al Senato, visto che è caduto il vincolo dei due mandati. E le liste potrà farle Conte in totale autonomia, con i suoi fedelissimi e senza limitazioni di alcun tipo.
Questa vicenda insegna che in politica tutti “tengono famiglia” e di fronte alla prospettiva di perdere lo stipendio si attivano in qualunque direzione. I grillini sono stati da questo punto di vista i peggiori: hanno rinnegato tutto quello che avevano sempre sostenuto all’inizio della loro esperienza politica per convertirsi alle logiche partitocratiche.
Ora ci si interroga anche sugli sviluppi politici e legali della situazione che si è creata e cioè la frattura insanabile tra la vecchia guardia e il gruppo dei contiani. C’è chi prevede strascichi legali per rivendicare simboli e risorse, chi immagina vendette da parte di Beppe Grillo, chi ancora pronostica scissioni. Alcune dichiarazioni alimentano in effetti il sospetto che l’assemblea di domenica sia solo l’inizio della guerra tra fazioni che appare destinata a dilaniare l’universo grillino. Ad esempio Chiara Appendino, ex sindaco di Torino, ora deputato, invita la classe dirigente ad anteporre l’identità alle alleanze: “Dobbiamo prima dire chi siamo, poi decidere con chi andare”. Un modo come un altro per prendere le distanze da chi non vede l’ora di buttarsi tra le braccia di Elly Schlein pur di raccogliere un piatto di lenticchie.
Sullo sfondo le figure di Virginia Raggi, legata a Beppe Grillo e quella di Alessandro Di Battista, ufficialmente estraneo alle faide di queste settimane, ma secondo alcuni pronto a tornare in pista per recuperare le intuizioni grilline delle origini e galvanizzare la base.
La fortuna di Conte e soci è che non ci sono elezioni imminenti. Avranno quindi tempo per strutturarsi e liberarsi degli ultimi nostalgici. Ma a che prezzo? Una forza politica nata come forza anti-sistema potrà prendere voti appiattendosi sul Pd? Non pare una strategia redditizia sul piano elettorale. Liberarsi di Grillo può rivelarsi un affare per Conte, che ne soffriva il condizionamento, ma non è affatto detto che possa portare il movimento Cinque Stelle a rifiorire e a risalire la china.