Gli operatori umanitari sempre più spesso rischiano la vita
Nel 2018 sono stati uccisi 126 operatori umanitari mentre prestavano soccorso a persone vittime di guerra e di catastrofi naturali. Nel 2019 il numero delle vittime potrebbe essere ancora più elevato
Nella Repubblica democratica del Congo violenti scontri continuano a ostacolare gli sforzi di contenere l’epidemia di Ebola scoppiata nell’est del paese nell’agosto del 2018. Le attività sono state nuovamente sospese dopo l’uccisione di due operatori sanitari il 14 luglio, durante un attacco, ultimo di una lunga serie. Anche in Libia, Yemen e Siria i combattimenti spesso impediscono la distribuzione di viveri e di altri aiuti. Le incursioni aeree distruggono sistematicamente gli ospedali uccidendo gli operatori sanitari. Nel Sudan del Sud per le equipe mediche, al rischio di essere vittime di attacchi da quando nel 2013 è iniziata la guerra civile, si aggiunge il problema di riuscire a raggiungere gli ammalati soprattutto durante la stagione delle piogge che rende impraticabili piste e sentieri. In Mozambico gli interventi umanitari dopo le inondazioni provocate dal ciclone Kenneth ad aprile sono resi pericolosi dalla presenza di gruppi armati jihadisti che attaccano i villaggi, anche quelli colpiti dal ciclone. Il 2019 rischia di sottrarre al 2018 il record di operatori umanitari vittime di violenza. Nel 2018, il secondo peggior anno in termini di sicurezza, 399 operatori sono stati coinvolti in gravi episodi di violenza in 221 diversi attacchi. 126 operatori sono morti, 143 sono stati feriti e 130 sono stati rapiti. Gli operatori umanitari maschi subiscono da tre a sei volte più attacchi rispetto alle donne, ma queste ultime sono anche esposte al rischio di subire violenze sessuali.