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IL RACCONTO DEI SALESIANI

«Dopo la guerra, il sisma: qui ad Aleppo offriamo un tetto e preghiera»

Il terribile terremoto tra Turchia e Siria (incalcolabile al momento il numero delle vittime, già oltre le 3700) e il destino di una terra già martoriata da guerra e povertà. Il racconto alla Bussola dei salesiani di Aleppo: «Offriamo pasti caldi e un letto nel nostro oratorio, ma dobbiamo anche aiutare tanti sfollati a farsi forza. Con la preghiera e fiducia in Dio».
-IL TITOLISTA APOCALITTICO di Andrea Zambrano

Attualità 07_02_2023

La martoriata Siria, come ama definirla Papa Francesco, da ieri è ancora più martoriata. Il potente terremoto di magnitudo 7.4, oltre alla Turchia meridionale, si è abbattuto anche sulla Siria settentrionale. Mentre scriviamo il bilancio dei morti e dei danni nel Paese è ancora provvisorio ma si avvicina alla cifra di oltre 3700 morti e un numero incalcolabile di feriti. Ne fanno le spese le province di Idlib, Aleppo, Hama, Latakia, Tartus e Raqqa. 

Nella città di Aleppo, già sconvolta prima dalla guerra e poi dalla povertà, sono crollati 20 palazzi e danni sono stati registrati anche al patrimonio culturale come denunciato dalla Direzione Generale dei Beni e dei Musei. Anche in questo momento drammatico, così come fu durante il conflitto, l’oratorio Don Bosco situato nella parte ovest si è rivelato essere un punto di riferimento per tutta la comunità. Qui, infatti, si è riversata la popolazione in fuga dalle case scosse dal sisma sopraggiunto nella notte. Una scena difficile da dimenticare e che padre George Fattal, superiore del convento dei Salesiani ad Aleppo, ha raccontato alla Nuova Bussola Quotidiana

Padre, qual è la situazione ora ad Aleppo?
C’è grande sofferenza perché la gente è spaventata e teme le scosse di assestamento dopo quella grande che c’è stata alle 4 di mattina. La terra ha tremato, sono state distrutte case e ci sono stati tanti morti. Oltre a ciò si sono aggiunti anche freddo e pioggia a far star male gli sfollati.

Ci sono stati danni alla vostra chiesa?
Grazie a Dio no. Abbiamo avuto solo qualche vetro rotto. Mentre in città è crollata la casa del vescovo greco-cattolico e sotto le macerie è rimasto un sacerdote che non è stato ancora ritrovato (nella serata di ieri è stato purtroppo ritrovato il suo corpo senza vita. Si tratta di don Imad Daher ndr).

Avete accolto le persone in fuga dalle loro case?
Sì, subito dopo la violenta scossa le persone hanno cominciato a raggiungere la nostra struttura. Noi abbiamo un oratorio che accoglie abitualmente circa 900 giovani. La gente ha lasciato le abitazioni ed hanno trovato riparo da noi. 

Come vi siete mossi per aiutarli?
Innanzitutto, prima ancora di preparare pasti caldi, abbiamo dovuto calmarli perché queste persone hanno già subìto la guerra e la povertà, ora devono affrontare anche le conseguenze del terremoto. A loro abbiamo ricordato che il Signore quando era in mezzo al mare agitato chiese ai discepoli: “perché avete paura?”. Lui è con noi e in mezzo a noi.

La fede li sta aiutando?
Chi è arrivato subito dopo la scossa delle 4 di mattina ha voluto unirsi alla celebrazione della Messa comunitaria delle 7 di mattina. Prima del pranzo, poi, ci hanno fermato e ci hanno chiesto di pregare il Rosario insieme. E così abbiamo fatto, chiedendo alla Madonna che ci aiuti anche questa volta. 

Cosa può fare il resto del mondo e soprattutto l’Occidente per la popolazione siriana dopo quest’ennesima tragedia?
Sicuramente ci sarà bisogno di aiuto materiale per la ricostruzione perché questo terremoto, violentissimo come mai abbiamo visto prima, ha fatto crollare tanti edifici. Ma prima di tutto e soprattutto, vi chiediamo di pregare per noi.