Dopo la Brexit l'Europa è in subbuglio: le nuove alleanze
Il vecchio asse europeo Parigi-Roma-Berlino sostituito dal Trilaterale di Weimar, dai paesi di Visegrad (protagonisti delle decisioni che disegneranno il futuro bilancio europeo) e da altri "blocchi". Il nostro Paese fatica a posizionarsi, ma potrebbe giocare un ruolo da protagonista all’interno del gruppo "Amici della Coesione" o costruire una nuova "Coalizione dei mari del Sud".
L’Europa è in subbuglio, nuovi "blocchi" e alleanze privilegiate vanno componendosi. La Francia ha proposto ufficialmente alla Polonia di riattivare e sviluppare l’azione politica europea Trilaterale di Weimar (Germania, Francia & Polonia). Parlando ad una conferenza stampa congiunta con Macron durante la sua vista ufficiale in Polonia (4-5 febbraio), il primo ministro polacco Morawiecki ha affermato che il Trilaterale di Weimar è stato e sarà «un ottimo formato» perché i tre paesi, dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, rappresentano il 42 percento della popolazione europea.
Il gruppo di Weimar. istituito all'inizio degli anni '90, aveva via via perso di slancio e l’ultimo vertice era stato nel 2003 ma, visto il vuoto lasciato dal Regno Unito e la sostanziale "assenza politica italiana", ora ripartirà. Dopo la decisione franco-tedesca di stringere una collaborazione istituzionale sistematica con la firma del Trattato di Aquisgrana del 22 gennaio 2019, ora si apre la collaborazione "stretta" con la Polonia. Dell'Italia? Non c’è traccia e non solo da oggi.
Non è questo l’unico redivivo "blocco" che si va creando e che si confronterà sulle politiche europee del futuro. Negli stessi giorni del rilancio dell’attività dei "paesi di Weimar", in Portogallo si svolgeva il Summit dei 17 Paesi europei “Amici della Coesione” (Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Italia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna), di cui fanno parte anche i 4 paesi del Gruppo di Visegrad, Polonia inclusa. Al vertice di Lisbona si è discusso del Bilancio Pluriennale 2021-2027 della Unione Europea. I paesi della "Coesione" hanno ribadito, in sintesi, che: si oppongono alla attuale proposta di Bilancio (oggi prevede una riduzione del 10% dei fondi per coesione e agricoltura); desiderano maggiore impegno per le politiche di coesione e, come minimo, la stessa quota di fondi del Bilancio attuale; non accetteranno riduzioni sproporzionate per nessuno dei singoli paesi "amici"; insisteranno per maggior flessibilità nell’uso dei fondi per la coesione e l’agricoltura; non accetteranno che tutte le nuove spese proposte, incluse quelle per la "transizione climatica", intacchino le politiche di coesione e agricole ma siano aggiuntive e, naturalmente, pagate da altri paesi ricchi (in particolare Austria, Svezia, Olanda, Germania e Francia). La firma del documento finale (Beja Summit Joint Declaration) non vede né l’Italia, rappresentata dal solo ministro delle Politiche europee, né della Croazia, il cui primo ministro ha assunto da gennaio il ruolo di Presidente di turno del Consiglio Europeo e dovrà rielaborare la proposta di Bilancio Pluriennale entro il prossimo vertice straordinario del Consiglio Europeo del 20 febbraio. In sintesi, la maggioranza dei paesi europei, è unita contro ogni taglio di fondi europei per coesione e agricoltura. Lo stesso primo ministro croato ha ribadito che si impegnerà per trovare una soluzione, richiedendo un maggiore impegno del Presidente del Consiglio Michel per trovare soluzioni e ribadendo anche senza mezzi termini che per la Croazia ed altri paesi, le politiche agricole e di coesione sono fondamentali. La mediazione forse si riuscirà a trovare, quel che è certo è che lo scontro è tutt’altro che simbolico e, nonostante le critiche e le minacce, in mancanza di un reale protagonismo italiano e dei paesi del sud Europa, i paesi di Visegrad e dell’Est restano i maggiori protagonisti delle decisioni che disegneranno il futuro bilancio europeo.
Se ciò non bastasse, nei singoli paesi europei la situazione politica è tutt’altro che tranquilla. In Romania, dopo la sfiducia del Governo Socialista dello scorso ottobre, il nuovo governo centrista e liberale è stato a sua volta sfiduciato dopo 4 mesi e sono imminenti nuove e confuse elezioni parlamentari. In Irlanda, dove si è votato sabato 8 febbraio, la vittoria del partito Sinn Féin (già in passato legato all’IRA), sostenitore di matrimoni gay, aborto ma anche della riunificazione con l’Irlanda del Nord, porterà comunque problemi politici importanti. Il Governo della Repubblica Ceca ha deliberato di aprire un contenzioso legale contro la Commissione UE che aveva bloccato i fondi agricoli per il programma agricolo del paese. Il Premier Babis, al centro di polemiche interne ed europee, con il suo partito è in testa a tutti i sondaggi delle prossime elezioni di Novembre. La Bulgaria è a un passo dal congelamento delle relazioni diplomatiche con la Serbia, per la mancata estradizione di un banchiere ed in Francia la popolarità di Macron si attesta al 28% (le proteste non accennano a fermarsi, mentre siamo a due anni dalle prossime Presidenziali). In Germania, dopo il voto della Turingia che abbiamo descritto lo scorso ottobre e che aveva visto raddoppiare i voti del partito di destra AfD, la coalizione di sinistra ha fatto un pasticcio e la destra, votando insieme ai Cristiani Democratici per il candidato Liberale, ha contribuito ad eleggere un capo di Governo Regionale di stampo Liberale. Merkel e la coalizione nazionale CDU-CSU-SOC hanno preteso le dimissioni del neo governatore, ci saranno nuove elezioni ma i risultati saranno imprevedibili.
L’Italia? Il nostro paese, in costante eccitazione da sondaggi ed in continua campagna elettorale, è ancora l’unico al mondo ad avere un movimento "civile" (sardine) di opposizione al maggior partito di opposizione (Lega) e rimane l’unico ad avere il partito di maggioranza relativa (5Stelle) al Governo ma anche in piazza contro il Governo stesso. Siamo unici e la confusione a casa nostra non aiuta certo la nostra chiarezza verso gli altri paesi europei, la stessa "intesa" con la Spagna di Sanchez, non fa promettere nulla di buono in vista di discussioni e scontri a Bruxelles. L’Italia potrebbe giocare un ruolo da protagonista all’interno della coalizione "Amici della Coesione" o costruire una nuova "Coalizione dei mari del Sud", coinvolgendo i paesi adriatici e mediterranei. L’asse europeo Parigi-Roma-Berlino non esiste più, facciamocene una ragione e non perdiamo tempo a cercare di chi siano le colpe, è il tempo di prendere atto che il '900 è finito anche in Europa, rimbocchiamoci le maniche prima che sia troppo tardi.