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ABUSI E RIVOLTE

Chiesa in Germania, l'Afghanistan del Vaticano

La gestione del capitolo abusi da parte del Vaticano sta creando reazioni dure in Germania: ad Amburgo, dopo oltre 5 mesi dalle dimisisoni del vescovo, l'amministratore apostolico monsignor Thim in segno di protesta e come sfida a Roma ha sospeso tutti gli organi diocesani. A Colonia invece è il cardinale Voelki ad attaccare la Santa Sede, perché da mesi non si esprime sui risultati della visita apostolica che doveva far chiarezza sulle responsabilità riguardo alle accuse di abusi sessuali.

Ecclesia 31_08_2021
Monsignor Hesse, vescovo "sospeso" di Amburgo

La Germania appare sempre più come l'Afghanistan della Chiesa cattolica. Il Vaticano fatica non poco a contenere le intemperanze e le insofferenze dei vescovi tedeschi.
L'insofferenza verso Roma ha raggiunto livelli impensabili e ormai non fa più distinzioni tra il campo dei sostenitori e quello dei critici del Cammino Sinodale. Due recenti episodi sono indicativi di questo malcontento diffuso, entrambi i quali hanno origine nel rapporto sugli abusi su minori avvenuti tra il 1975 ed il 2018 nell'arcidiocesi di Colonia.

Il report dello studio legale Gercke & Wollschläger ha provocato il passo indietro dell'arcivescovo di Amburgo, monsignor Stefan Hesse, per fatti accaduti ai tempi in cui era vicario generale a Colonia ed ha scaturito anche l'invio di una visita apostolica nella diocesi attualmente guidata dal cardinale Rainer Maria Woelki. Hesse ha offerto le sue dimissioni a marzo, pur negando l'accusa contestatagli dal rapporto di aver partecipato a coperture di casi di abuso. Sono passati più di cinque mesi, ma il Papa non ha ancora dato una risposta definitiva alla richiesta di dimissioni e si è limitato a concedere una sospensione illimitata.

Da allora, l'arcidiocesi di Amburgo è amministrata dal vicario generale, monsignor Ansgar Thim, a cui però la situazione d'incertezza ha iniziato a dare non poco fastidio, fino al punto di osare un plateale gesto di sfida in direzione di Roma. Il presule, infatti, ha deciso di sospendere tutti gli organi diocesani e di darne notizia sia al nunzio apostolico in Germania, monsignor Nikola Eterović, sia ai membri del comitato diocesano attraverso una lettera polemica rivendicando di aver voluto mandare "un segnale all'interno e all'esterno che non può andare avanti così" perché sarebbe "impossibile da tanto tempo guidare adeguatamente una diocesi e svilupparla, soprattutto in questi tempi difficili". Il vicario generale, addirittura, ha parlato di una situazione che rappresenta per lui e per tutta la diocesi una “prova di pazienza costante e stressante”.

Monsignor Thim è un fervente sostenitore del Cammino Sinodale ed è stato uno dei firmatari di una lettera - esaltata anche dal movimento Maria 2.0 - nella quale si esprimeva la convinzione che i risultati dell'assise avrebbero cambiato "significativamente la nostra pratica" e ci si compiaceva per tali cambiamenti.

Ma il malessere al di là del Reno per la gestione vaticana della vicenda abusi ha accomunato Thim al prelato più critico nei confronti del Synodale Weg, quel cardinale Rainer Maria Woelki che si trova a guidare l'arcidiocesi epicentro dello scandalo e a cui non è stato risparmiato in questi mesi il fuoco amico dell'episcopato tedesco. Il report Gercke ha scagionato il successore di Meisner dalle accuse dirette, ma non gli ha risparmiato l'invio di una visita apostolica da Roma che il Papa ha affidato a monsignor Johannes van den Hende, vescovo di Rotterdam, e al cardinale Anders Arborelius, vescovo di Stoccolma.

In una recente dichiarazione, l'arcivescovo di Colonia non si è lamentato del provvedimento papale che ha definito "una procedura buona e giusta" ma non ha trattenuto l'insofferenza per il dilatarsi dei tempi. "Il Vaticano - ha detto Woelki - ha avocato a sé la questione e quindi ora ha anche l'obbligo di esprimersi adeguatamente nei confronti di tutte le persone colpite. Non può essere che ci vogliano mesi di tempo e che si lascino le persone nell'incertezza".
Parole dure, inedite per un vescovo che finora ha tenuto i toni bassi di fronte ai numerosi attacchi subiti in patria e nonostante l'apertura di un fascicolo - poi chiuso - da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede.

L'attesa per i risultati della visita apostolica disposta tre mesi fa devono aver spazientito il cardinale che, nel frattempo, continua ad essere oggetto di critiche e richieste di dimissioni da parte dell'ala più progressista del mondo cattolico tedesco. Woelki ha confidato di aver pensato al passo indietro ma di essere stato dissuaso dalla consapevolezza di poter affrontare meglio le implicazioni morali della vicenda non consegnando le proprie responsabilità nelle mani di altri. Nonostante le pressioni di una parte dell'opinione pubblica e la lente d'ingrandimento di Roma sulla sua arcidiocesi, il presule attualmente non ha alcuna intenzione di lasciare il suo incarico come dimostra la recente pubblicazione di "Fides incarnata", un volume sulla centralità dell'Eucarestia nella vita della Chiesa, uscito ad agosto in occasione del suo 65esimo compleanno.

Da Colonia e da Amburgo, quindi, sono arrivate due accuse piuttosto esplicite al modo in cui il Vaticano sta gestendo il delicato dossier relativo al report Gercke. Vedremo se ci sarà una reazione da Roma.