Battaglia, il vescovo dei "poveri" che vuole sul lastrico un fedele
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Domani a Napoli il processo che vede il vescovo di Napoli Domenico Battaglia opposto a un fedele che denuncia gli abusi nell'utilizzo delle chiese in Diocesi al quale chiede 40mila euro di risarcimento. Una vicenda da commedia napoletana, alla faccia della Chiesa della misericordia.
Il vescovo denuncia il fedele e vuole da lui 40mila euro di risarcimento. Quella che andrà in scena domani in un’aula del tribunale di Napoli è davvero una storia degna della commedia dell’arte napoletana. Da una parte c’è sua eccellenza monsignor Domenico Battaglia, don Mimmo per gli amici, dall’altra c’è il cavaliere Giacomo Onorato, un arzillo e pittoresco fedele, già coordinatore del Priorato diocesano per le confraternite, che pare essere la reincarnazione di Eduardo Scarpetta. E da commedia napoletana è la vicenda che il giudice della VI sezione civile Valeria Conforti sarà chiamata a giudicare domani mattina, dopo che ogni tentativo di conciliazione tra i due è andato fallito.
Che cosa lamenta il vescovo? La pubblicazione di una pagina Facebook a suo nome e lo sfruttamento della sua immagine. Ma – attenzione, qui sta il bello – la pagina Facebook non contiene accuse al vescovo o interventi diffamatori a suo danno. Onorato l’aveva creata per denunciare le tante operazioni ambigue che da tempo immemore avvengono in Diocesi di Napoli nella gestione delle chiese.
Si tratta di un argomento di cui la Bussola si è occupata a lungo (QUI): chiese destinate ad utilizzi profani, usate come sale per ricevimenti, date in comodato ad associazioni con fini di lucro o sfruttare per fini commerciali come quella, ad esempio, di Santa Maria in Portosalvo di cui ci eravamo occupati diffusamente.
Nessuna accusa a Battaglia, dunque, il quale, insediatosi nel 2020, si è soltanto trovato a gestire questa pesante eredità. Ecco perché, a detta di Onorato, la pagina Facebook che si chiamava Gli amici di don Mimmo Battaglia prete sulla strada con i fratelli doveva essere soltanto di denuncia e di sostegno all’opera del vescovo nell’opera di pulizia «per la trasparenza ed il rilancio morale, sociale e cristiano delle chiese dove viene sfruttato Dio denunciando gli affaristi e i mercanti».
Ebbene, questa ed altre espressioni non sono piaciute a sua eccellenza, che non si è sentito diffamato, ma ha paventato una lesione dei diritti di personalità, evidentemente non condividendo l’azione di denuncia di Onorato (in foto), il quale – e qui sta l’aspetto degno di uno Scarpetta – si definisce il «fustigatore» e il «moralizzatore della Chiesa di Napoli».
Nell’atto di citazione che Battaglia ha predisposto - e curato dagli avvocati Riccardo Paparella e Paolo Picone - si riconosce la pesante eredità raccolta dalla gestione del cardinale Crescenzio Sepe con una «smisurata entità di edifici di culto e proprietà immobiliari della Diocesi dove in molti casi si è resa difficoltosa la ricostruzione delle provenienze proprietarie e la stessa individuazione degli enti titolati alla gestone».
Avete capito bene. A Napoli la situazione delle chiese è così ingarbugliata che nemmeno la Diocesi è in grado di ricostruire e definire le proprietà di molti immobili, che in alcuni casi sono diventati persino abitazioni private con tanto di balconi abusivi, mai sanati dal Comune.
Proprio di questo si era occupata anche la trasmissione di Rai Tre Report in diversi servizi-inchiesta andati in onda il 7 e il 22 novembre 2022, e l’ultimo il 17 dicembre 2023.
In questi servizi il giornalista Danilo Procaccianti era andato alla caccia di questi abusi. In particolare, si era occupato della chiesa San Biagio ai Taffettanari, alla cui proprietà ancora non si è riusciti a risalire, ma il cui tetto e relativa ex canonica è nelle disposizioni di una famiglia di pregiudicati in un edificio di quattro piani dove alcuni di loro hanno scontato anche i domiciliari. La Diocesi aveva stipulato un contratto di locazione che si perde nella notte dei tempi.
Oppure come la chiesa cinquecentesca di Sant’Arcangelo a Baiano, che vede la facciata deturpata da un balcone ad uso residenziale, che il Comune non ha mai fatto abbattere anche a causa della lista d’attesa di interventi, che supera abbondantemente il numero di 1300.
Ebbene. Il vescovo considera Onorato «l’ispiratore dei servizi mandati in onda» che hanno offerto «al pubblico televisivo un’immagine distorta della gestione immobiliare, imputando alla Diocesi di aver consentito l’occupazione abusiva dei locali adiacenti la chiesa di San Biagio ad opera di malavitosi, senza precisare che si trattava di «immobili di incerta proprietà».
Così, secondo Battaglia, che ha sporto denuncia, «il cavaliere Onorato si dedica quotidianamente a diffondere corrispondenza, post e messaggi di posta elettronica intesi a screditare chiunque, principalmente il cardinale Crescenzio Sepe», predecessore di Battaglia sulla cattedra di San Gennaro.
Oltre al riconoscimento della lesione del diritto di personalità, che impone la chiusura della pagina Facebook e la rimozione della sua immagine, Battaglia aveva chiesto al giudice anche un risarcimento «che per le lesioni di siffatta gravità deve essere compreso tra i 31mila e i 50mila euro», ritenendo poi equo «contenere la domanda risarcitoria nei limiti di euro 40mila».
Alla faccia - direbbe Totò - della chiesa della misericordia, di cui Battaglia è esponente, essendo stato fatto vescovo da Papa Francesco proprio con l’appellativo di Bergoglio del sud per via del suo impegno sociale con i tossicodipendenti e i poveri.
A ribattere punto su punto alle accuse è però Onorato, che si è affidato agli avvocati Elena Coccia e Piergiuseppe Di Nola. I due avevano proposto a Battaglia un tentativo di conciliazione extra giudiziale, che è però naufragato il 18 luglio davanti al mediatore Valeria Galloppi. Battaglia si era detto disposto a rinunciare alla pretesa dei 40mila euro, ma non aveva acconsentito al mero cambio di nome della pagina con relativa sostituzione della foto. Voleva la chiusura della pagina.
Ma questo, a detta di Onorato, avrebbe danneggiato la sua attività di comunicazione perché la pagina conta la bellezza di 18mila iscritti, tutti fedeli di Napoli «in piena sintonia con l’arcivescovo, che non hanno mai espresso pareri negativi, ma solo espresso il diritto di critica». I legali di Onorato, infatti hanno tenuto il punto proprio su questo. Hanno convinto il Cavaliere a modificare il nome della pagina, che ora si chiama veritas vos liberat e offre in home page una foto di un Cristo pantocratore al posto dell’immagine dell’arcivescovo. Ma non hanno ceduto di un millimetro sulla chiusura. Così, Battaglia non ha dato il via libera a rimettere la querela e il giudice ha così disposto il processo che si terrà domani a Napoli.
Il punto su cui verterà la difesa di Onorato è sull’assenza di alcun danno da diffamazione: «Davvero sorprende – dicono i legali di Onorato – questa iniziativa giudiziaria e si fatica a ravvedere quale violazione sarebbe imputabile a Onorato. L’assenza di qualsivoglia danno è confermata dalla confusione in cui cade l’avversa azione (cioè Battagia ndr.) laddove argomenta la richiesta di risarcimento del lamentato danno quantificandolo addirittura in 40mila euro, richiamando precedenti giurisprudenziali formatisi sulla diversa fattispecie della diffamazione, mai entrata a far parte del presente giudizio». In poche parole: Battaglia sa di non essere stato diffamato, ma ha chiesto un risarcimento tipico di un danno da diffamazione, fanno notare i legali, con un linguaggio giuridico forbito e affettato che potrebbe essere tradotto con un più partenopeo ma mi faccia il piacere! Ne uscirebbe l’immagine di un vescovo definito il prete dei poveri, ma che si accanisce su un fedele, pensionato, mandandolo sul lastrico.
In più «la natura pubblica del personaggio determina un necessario affievolimento dei diritti della personalità» e così anche «l’utilizzo del nome e/o dell’immagine non può considerarsi di per sé lesivo della reputazione pubblica, laddove tale utilizzo non sia offensivo della dignità».
Deciderà domani il giudice. Nel frattempo, la misericordia tanto strombazzata può aspettare.
Il sacro non abita più qui, i fedeli rivogliono le chiese
Il caso della festa di Halloween nella chiesa di San Gennaro a Napoli è solo la punta dell'iceberg di un fenomeno drammatico, quello delle chiese chiuse al culto e affidate a fondazioni per spettacoli e mostre. A Napoli sono oltre 200 le chiese che non vengono più utilizzate per la messa, ma depredate e sfruttate a scopo di lucro tanto da rasentare la simonia. Un comitato di fedeli chiede da tempo al vescovo di invertire la rotta, invano. Intanto il catalogo segnala chiese utilizzate come garage, pizzerie, sale da ricevimento e persino palestre. Il viaggio della Nuova BQ nel capoluogo campano.
Pizzeria "la Cattedrale", inutile e plateale sceneggiata
Clochard e senza tetto mangiano in chiesa. Non esistono saloni appositi a Napoli? Sì, ecco perché allestire la cattedrale come refettorio con tanto di arcivescovo in grembiule e zucchetto è un inutile quanto plateale sceneggiata.
Napoli, l’ombra della Camorra sulla chiesa “in vetrina”
La chiesa di Santa Maria in Portosalvo è chiusa e usata come maxi cartellone pubblicitario. I ricavi vanno al restauro che però non finisce mai. Ora la concessionaria che ha siglato il contratto con la Chiesa di Napoli è sotto indagine della Procura Antimafia. Grande imbarazzo del delegato del vescovo, che su soldi e contratti si limita a rispondere: «Non so». Appello del comitato al vescovo: «Restituite al culto quella chiesa e sottraetela al business».
Napoli liberata: torna al culto la chiesa profanata da concerti e mostre
È la chiesa più antica di Napoli e tornerà al culto dopo anni di profanazioni. San Giovanni Maggiore è stata usata per eventi e concerti, come quello di Patti Smith o la mostra su Van Gogh, coi preti in ostaggio, costretti a chiedere il permesso per dire Messa. Fino all'annuncio del congresso dei Radicali in basilica, poi spostato dopo la denuncia della Bussola e le proteste dei lettori, che hanno dato forza al parroco di pretendere dall'arcivescovo Sepe il ristabilimento del diritto. Il comodato con gli occupanti è stato risolto e ora la chiesa è stata "liberata".
Napoli milionaria. E le chiese diventano tutto tranne chiese
Il caso di San Giovanni Maggiore e del Congresso dei Radicali è solo il più eclatante. Il programma Unesco per il centro storico di Napoli sta assegnando centinaia di migliaia di euro per il restauro di molte chiese napoletane, ma non per destinarle al culto. Nonostante le rassicurazioni delIa Curia, i progetti depositati in Comune e finanziati dall'Europa parlano chiaro: diventeranno laboratori di pittura, di teatro, centri di accoglienza per migranti e generici luoghi per favorire la socialità di quartiere gestiti dal Comune e da privati. Tutto fuorché chiese.
-PARLA LA CURIA, MA LA TRASPARENZA E' LONTANA
Napoli, il cardinale ripari alla vergogna
Non basta aver sventato la celebrazione del congresso del Partito Radicale in Basilica, c'è un sistema corrotto di gestione delle chiese che l'arcivescovo di Napoli, cardinale Sepe, sta favorendo. Ed è questo che deve finire. L'arcivescovo approfitti della festa di san Gennaro per fare un atto riparatore.
Sepe non sfratta i Radicali dalla chiesa. Il don resiste
L'arcivescovo Sepe non annulla il Congresso dei Radicali nella basilica di San Giovanni a Napoli e chiede al parroco di sedersi al tavolo con la Fondazione che gestisce la chiesa. Ma don Salvatore non arretra: “Vado solo se la chiesa torna del tutto al culto. Basta profanazioni in basilica”. #salviamolechiese: scrivete alla Nuova BQ per sostenere il sacerdote.
- I LETTORI: "NOI STIAMO CON DON SALVATORE. LA CHIESA TORNI A DIO"
Radicali fuori dalla chiesa, resta la ferita del business
Vittoria della Bussola: niente basilica, i Radicali dovranno cercarsi una nuova sede per il congresso. Ma non c'è da esultare: al parroco che si opponeva alla profanazione è stato imposto il silenzio e rimandata la presa di possesso canonica della chiesa. Con la vicenda di San Giovanni Maggiore la Nuova BQ ha svelato un problema enorme: a Napoli, privati, società e fondazioni dispongono delle chiese per business e interessi personali, tenendo in "ostaggio" i fedeli. E questo il vescovo Sepe lo sa, ma invece di intervenire fa umiliare i giornalisti dai suoi uomini.
Eminenza, una prosciutto e funghi basta per l'Aldilà?
Ci presenteremo davanti a San Pietro con il tovagliolo al collo: “Ci siamo fatti una pizza, facci entrare”. Una prosciutto e funghi per l’Aldilà. Basterà? Lo chiediamo a sua eminenza il cardinale Sepe dopo l'indegno pranzo per i poveri a Napoli in Duomo. Che non è il tinello di casa e non è proprietà diretta di un vescovo che spaccia per Magistero quella che è una spacconata degna del miglior Mario Merola.
I lavori finti in chiesa, ma l'incasso pubblicitario è vero
L'annosa questione della chiesa di Santa Maria di Portosalvo: dopo anni di cantiere mai terminato, la facciata viene utilizzata come immenso cartellone pubblicitario che ha già fruttato alla Curia di Napoli più di 3 milioni di euro. Che evidentemente non sono andati per i lavori di restauro.
-#SALVIAMOLECHIESE: LA CAMPAGNA DELLA BUSSOLA
Dalla banca alla pubblicità, c'è una chiesa per ogni voglia
Sede di mostre e spettacoli tra i più ambigui. Ma anche molto di più secondo le voglie, i capricci o le mode del momento. A Roma apre il convegno sulle chiese dismesse e un'intervista ad hoc di Ravasi segna il via libera agli usi più cool, salvo interrogarsi sul perché di queste chiusure.
-I GENERALI IN DISARMO di Luisella Scrosati
Intanto altri due casi di profanazioni gettano una luce inquietante sul futuro della nostre chiese. A Napoli S. Maria di Portosalvo è in restauro da anni tanto che i lavori sembrano "fantasma", ma i soldi ricavati dalla pubblcità sulla facciata sono veri: più di 3 milioni, però non sono stati usati per comlpletare i restauri.
-LAVORI "FINTI", DAGLI SPOT SOLDI VERI di Elena di Lorenzo
A Milano invece il Duomo viene "affittato" per una notte a una banca per il concerto tra il sacro e il profano del trio Il Volo. E' una concessione per feste private della Cattedrale che segna un precedente inquietante, al di là delle eventuali buone intenzioni: il vescovo di Milano cede il luogo più sacro per i milanesi alle elite economiche e per scopi privati e non ecclesiali.
-DUOMO, NEL PALINSESTO SERALE "IL VOLO" PER LA BANCA di Andrea Zambrano
La coop? Nella chiesa.Vescovi ormai liquidatori fallimentari
A Napoli ancora polemiche sull'uso delle chiese dismesse: spunta una foto di una donna nuda in una "performance". E L'arcivescovo Sepe che fa? "Diamo le chiese chiuse alle cooperative di giovani". Le ragioni di una ritirata che sembra un concordato fallimentare: un convegno in Vaticano si occuperà delle chiese chiuse al culto e illustrerà le linee guida per ospitare mostre o spettacoli. Insomma: tutto fuorché tornare a dirvi messa. I vescovi ormai si comportano da liquidatori di tribunale per i quali l'unico obiettivo è vendere e chiudere col passato.