Argentina, segnali positivi nella lotta alla legge abortista
Dopo i giudici delle province di Salta e del Chaco, anche un tribunale della provincia di San Luis rileva i problemi di incostituzionalità della legge abortista approvata dal Parlamento a fine 2020. Gli aborti a livello nazionale continuano, ma la strada per un ricorso alla Corte Suprema è aperta. E alla Marcia per la Vita si registrano decine di migliaia di partecipanti.
In Argentina si muovono i pro life: tra sospensioni, dichiarazioni di incostituzionalità della legge abortista e manifestazioni, la battaglia a difesa della vita nascente è tutt’altro che finita. Nelle province del Chaco, di Salta e di San Luis arrivano i primi risultati per sconfiggere la legge che legalizza l’aborto voluta dal Governo Fernandez e dalle lobby della morte.
Già durante il dibattito finale al Senato e nei giorni successivi all’approvazione definitiva del testo (30 dicembre 2020), molti rappresentanti del popolo ed esperti di diritto costituzionale del Paese avevano evidenziato come la legge, fortemente voluta da Fernandez (sotto la pressione inaudita delle multinazionali dell’aborto), fosse palesemente contraria al dettato costituzionale.
Il 2 gennaio 2021, i giudici della Corte federale della provincia di Salta avevano deciso di ammettere il primo ricorso sull’incostituzionalità della legge. Le organizzazioni pro life avevano annunciato numerose richieste di incostituzionalità perché la legalizzazione volontaria della gravidanza “viola il diritto alla vita del nascituro”. La provincia di Salta, si diceva allora, è tradizionalmente conservatrice, e così si era tentato di derubricare il tema a livello nazionale.
Verso fine gennaio poi, è stato il Tribunale federale della provincia del Chaco ad accogliere la richiesta di sospensiva, in vista di un giudizio di incostituzionalità della legge. La giudice Marta Beatriz Aucar de Trotti aveva sospeso l’entrata in vigore della norma, riservandosi una valutazione sull’incostituzionalità della norma nazionale, in relazione all’articolo 15, paragrafo 1, della Costituzione del Chaco, che garantisce “il diritto alla vita e alla libertà, dal concepimento, a tutte le persone”. Nella sua sentenza di sospensiva, del 24 gennaio 2021, il magistrato affermava che, trattandosi di una “competenza concorrente della provincia con lo stato federale, avrebbe dovuto comunque prevalere l’interpretazione della legge più favorevole alla persona umana”.
Il 18 marzo scorso è arrivata l’ennesima vittoria del fronte della vita, mai domo né rassegnato alla barbarie introdotta dal governo argentino, populista e di sinistra. A quasi tre mesi dall’approvazione della legge, infatti, un giudice federale di San Luis ha dichiarato l’“incostituzionalità” dell’aborto in tale provincia. Il giudice Maria Eugenia Bona, capo del Tribunale del Lavoro n. 2 del Primo Distretto Giudiziario, ha confermato il pieno vigore dell’articolo 19 del Codice Civile e Commerciale della provincia che riconosce l’esistenza della persona dal concepimento. Lo ha fatto dando ragione alla denuncia dell’ex senatrice federale Liliana Negre de Alonso contro il governo di San Luis, reo di non essersi opposto all’entrata in vigore nella provincia della legge nazionale sull’aborto. Il giudice Bona ha stabilito “la contrarietà della legge sull’aborto a diverse convenzioni internazionali” e “l’incostituzionalità” degli articoli 4, primo comma, e 2, commi a, b e c, della legge nazionale (n.27.610) che legalizza l’aborto in Argentina. Il giudice ha voluto dar conto nella sua sentenza, resa nota nei giorni scorsi, dei fondamenti della decisione, in particolare la violazione di diversi articoli della Convenzione di Vienna, del Patto di San José (Costa Rica), la Convenzione sui diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite, la Costituzione della Provincia di San Luis e la Costituzione nazionale.
La Procura generale dello Stato è scesa in campo a difesa della legge, accampando ragioni stravaganti che imporrebbero l’applicazione uniforme e immediata del diritto all’aborto nell’intero Paese: salute pubblica, il quadro degli impegni dello Stato argentino in materia di diritti umani delle donne, questioni di ordine pubblico… Tuttavia, a San Luis esiste un giudice che ha saputo rispondere per le rime alle minacciose (e incredibili) affermazioni della Procura Generale. “Il diritto alla salute non è un potere delegato al governo nazionale e mi riferisco, per esempio, a tutta la legislazione emessa per la pandemia da Covid/19, che non obbliga le province, chiede loro di aderire e in caso modificare” le norme, ha detto il giudice Eugenia Bona nel presentare il proprio commento alla sentenza e alle critiche provenienti da Buenos Aires.
Ci sono passi avanti nella giusta direzione, insomma. Intanto, tuttavia, gli aborti continueranno ad essere eseguiti a livello nazionale, fino a quando la recente sentenza di San Luis e quelle che auspicabilmente andranno nella medesima direzione in altre province non saranno discusse alla Corte Suprema argentina. Da fine gennaio gruppi di avvocati pro life e l’Università Cattolica Argentina (Uca) sono in prima linea nel promuovere ricorsi di incostituzionalità contro la legge. Inoltre, il 27 marzo, alla Marcia per la Vita, svoltasi in tutte le capitali provinciali, hanno sfilato decine di migliaia di persone, rinfrancate dai primi pronunciamenti dei tribunali e ancor più determinate a salvare la vita di madri e bambini.