Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santi Quattro Coronati a cura di Ermes Dovico
CLIMA INCANDESCENTE

Aborto, i quattro fronti della guerra negli USA

In attesa che la Corte Suprema decida sul caso Dobbs, si intensifica la guerra sull’aborto. L’industria abortista riceve fiumi di dollari (3,4 miliardi solo nel 2020) da miliardari come Buffett, Bloomberg, la famiglia Hewlett, l’ex di Bezos. Gruppi di sedicenti cristiani, finanziati da Soros, attaccano Cordileone per la Comunione proibita alla speaker Pelosi, ma l’arcivescovo di San Francisco è sostenuto da Catholic Vote e diversi confratelli nell’episcopato. Proseguono gli assalti contro le chiese e le opposte iniziative degli Stati Repubblicani (con leggi pro vita) e Democratici (contro i nascituri).

Attualità 28_05_2022 Español
Pro choice vs pro life (2016)

Proseguono le polemiche e gli atti vandalici contro le chiese, mentre i Democratici appaiono sempre più dipendenti ossequiosi delle multinazionali dell’aborto. Gli ultimi giorni sono emblematici degli interessi che, in attesa della decisione finale della Corte Suprema sull’aborto (caso Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization), il Partito Democratico, le multinazionali dell’aborto e certi ricchi filantropi stanno promuovendo contro la vita del concepito e contro chiunque la difenda.

Ci sono almeno quattro fronti su cui si combatte. Innanzitutto, i miliardari statunitensi sono tra i maggiori finanziatori dell’industria dell’aborto, a cui nel 2020 sono stati donati 3,4 miliardi di dollari. I dati, ancora parziali, del 2021, riferiti da Forbes, vedono Warren Buffett in testa con due miliardi donati; segue Mackenzie Scott (ex moglie di Jeff Bezos) con 300 milioni di dollari; poi la famiglia Hewlett (118 milioni), Michael Bloomberg (82 milioni) e George Soros con ‘soli’ 8,6 milioni donati. Tutto lascia prevedere che la ‘raccolta’ degli abortisti sarà ancora maggiore se la Corte Suprema abolirà, come speriamo, la sentenza Roe vs Wade del 1973.

C’è anche il fronte interno alla Chiesa cattolica. Proprio in questi giorni, a seguito della prudente e opportuna decisione dell’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone, di vietare la Comunione alla speaker abortista della Camera, Nancy Pelosi, alcuni gruppi di pseudocristiani che promuovono l’aborto (Faith in Public Life, un gruppo presbiteriano, e Faithful America, che riunisce cattolici e protestanti), e che sono finanziati da Soros, hanno promosso una lettera-petizione rivolta a mons. Cordileone. Nel testo si rivedono le parole, pronunciate nel 2004, dell’allora cardinale Theodore McCarrick: “Un santo sacramento non dovrebbe mai essere usato come arma per fini politici o per combattere guerre culturali. La vostra azione sconsiderata sfida la guida pastorale di Papa Francesco”. Gli alfieri di Soros che usano le parole di un ex cardinale, dimessosi per abusi sessuali, e tentano così di influenzare la dottrina cattolica? Siamo esterrefatti. Soros chiaramente vuole ampliare la sua influenza nella Chiesa cattolica e cambiarne la dottrina, attraverso le sue organizzazioni; con simili minacce, aveva già tentato di intimidire lo scorso inverno il presidente della Conferenza episcopale USA, mons. José Gomez, per le parole spese sulla pericolosità delle “pseudoreligioni promosse dai movimenti per la giustizia sociale”.

Alla petizione promossa dai cristiani abortisti (12.470 firme, fino a ieri pomeriggio) se ne oppone una di Catholic Vote a supporto dell’arcivescovo Cordileone (13.710 firme) e soprattutto aumenta di giorno in giorno il numero dei vescovi che lo sostengono e che adottano decisioni simili. Rimane avvolto dal mistero il caso della mail ‘erroneamente’ inviata nei giorni scorsi al Washington Examiner dall’arcidiocesi di Washington, guidata dal cardinale Wilton Gregory. Nel testo si legge che “il cardinale Gregory non ha dato istruzioni ai sacerdoti dell’arcidiocesi cattolica di Washington di rifiutare la comunione a nessuno”.

C’è, poi, il fronte esterno contro le chiese. Gli assalti agli edifici di culto cristiani continuano senza sosta. Nell’ultima settimana sono state cinque le chiese assalite, l’ultima una chiesa battista nel Mississippi completamente ricoperta di scritte abortiste e blasfeme. I pro life cristiani si stanno comunque preparando all’“estate di collera” annunciata dalle organizzazioni abortiste e dai gruppi di violenti che le sostengono, alcuni dei quali (“Ruth sent us”) sono legati a filo doppio con il Partito comunista rivoluzionario americano.

La quarta linea di fuoco è quella che si combatte tra gli Stati Repubblicani pro vita e quelli Democratici pro aborto. Su questo fronte si registra in Oklahoma la firma, il 25 maggio, del governatore Kevin Stitt e la conseguente entrata in vigore della legge a tutela del nascituro sin dal concepimento, dunque contro l’aborto. Un progresso di civiltà che è stato attaccato dalla nuova portavoce (e nota esponente Lgbt) della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, in un’oscena falsificazione del linguaggio, come un’intollerabile violenza contro i diritti umani, ribadendo l’impegno del “presidente [Biden] perché le donne continuino ad aver rispettato il diritto fondamentale di fare le proprie scelte in materia di salute riproduttiva”. Applausi invece dalla grande stampa per la decisione del governatore della California, Gavin Newsom, di destinare, nell’ambito di quella che lui stesso definisce provocatoriamente "Agenda pro life", ulteriori 145 milioni di dollari a favore dell’aborto fino alla nascita, dell’industria abortista e dell’educazione alla “salute riproduttiva” nelle scuole. Un uso estremo della mistificazione linguistica, alla stregua del relativismo imperante in ogni settore sociale e culturale del Paese, che tende a imporre alle parole il loro significato contrario (vita-morte, donna-uomo trans, eccetera).

Non dimentichiamo la delusione del mondo pro life che sperava che la decisione della Corte Suprema sul ribaltamento della Roe vs Wade potesse arrivare già lunedì 23 maggio. Permane, per quel che è noto, una maggioranza a favore del ribaltamento, ma molto probabilmente né il presidente John Roberts ha deciso quale posizione prendere né i giudici abortisti (Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan) hanno predisposto la loro “opinione dissenziente”. Un’ultima menzione riguarda la stampa il-liberal, che con il New York Magazine presenta alle lettrici una guida pratica per accedere all’aborto “oggi e domani”.