A un anno dall’inizio dell’esodo dei Rohingya sono mezzo milione i piccoli rifugiati senza futuro
Le operazioni di reinsediamento vanno a rilento, il programma dei rimpatri è appena stato concordato. I rifugiati Rohingya in Bangladesh vivono sul filo del rasoio e i minori sono i più penalizzati
L’Unicef, a un anno dall’inizio della crisi dei rifugiati Rohingya in fuga dal Myanmar, ha pubblicato un rapporto intitolato “Allerta bambini Rohingya: futuro in bilico, costruire la speranza per la generazione dei bambini Rohingya”, dedicato all’oltre mezzo milione di minori che vivono nei campi allestiti in Bangladesh, al confine con il Myanmar, per ospitare i circa 700.000 profughi arrivati a partire dall’agosto 2017 e i 200.000 precedenti. “I rifugiati vivono sul filo del rasoio, dilaniati dall’incertezza sul futuro e ancora traumatizzati da quello che hanno visto in Myanmar” spiega il direttore delle operazioni di emergenza, Manuel Fontaine. Ma per i bambini le difficoltà sono ancora maggiori. Ammassati nei campi, il loro futuro è “appeso a un filo” – dice il rapporto Unicef – sono una “generazione perduta” perché “non hanno accesso al sistema d’istruzione”, con poche opportunità di imparare, quindi, e nessuna idea di quando potranno fare ritorno a casa. Un po’ di sollievo all’ambiente ostile deriva, almeno per un terzo dei bambini fino a 14 anni, da un rete di centri per l’apprendimento e spazi “amici dei bambini”. Come gli adulti tutti sopravvivono grazie soprattutto all’aiuto delle agenzie umanitarie e al sostegno fornito dalla Chiesa. A gennaio 2018 doveva iniziare il loro rimpatrio, ma solo da poco i governi di Myanmar e Bangladesh hanno raggiunto un accordo. Anche le operazioni di reinsediamento, inoltre, sono lente.