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euroclericalismo

Zuppi celebra le nozze tra Cei e Unione Europea

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Il presidente dei vescovi italiani conferma il ruolo della gerarchia ecclesiastica ridotta a guardiana della democrazia in totale devozione al superstato e alle istituzioni europee. Senza il minimo ripensamento sui loro fondamenti ideologici.

Editoriali 13_03_2025

Se c’è un momento in cui bisognerebbe ripensare radicalmente il processo di unificazione europea, quel momento è adesso. Invece, il cardinale Zuppi, a nome di tutti i vescovi italiani, conferma il matrimonio indissolubile della Chiesa italiana con questa Unione Europea, come se gli avvenimenti di questo ultimo periodo non fossero mai avvenuti o come se nel frattempo il cardinale fosse stato da un’altra parte.

Nel suo discorso dell’11 marzo scorso al Consiglio permanente della Cei, il cardinale ha detto tra l’altro: «Bisogna investire nel cantiere Europa», «solo un’Europa unita può preservare l’umanesimo europeo», «Oggi il male del nazionalismo veste nuovi panni» e «Il nazionalismo è in contraddizione con il Vangelo. Per questo i Padri fondatori dell’Europa presero l’iniziativa dell’unificazione europea». Ha anche aggiunto che bisogna tornare ai suoi valori fondativi, che occorre promuovere un "Codice di Camaldoli europeo" e che serve un’Europa di pace.

Ora, la tragica situazione attuale dell’Unione deriva proprio dai suoi fondamenti artificiali e ideologici, compreso il Manifesto di Ventotene socialista e laicista; il Codice di Camaldoli ha fallito in Italia, nonostante allora il Paese fosse ancora cattolico, e non si capisce perché dovrebbe funzionare in un'Europa ormai votata all’anarchia etica e religiosa; quanto alla pace, l’intervento del cardinale non dimostra molto tempismo, dato che in questo momento a non volerla è proprio l’Unione Europea. Zuppi è impegnato a lanciare un salvagente a questa Unione, e in un momento in cui molti spingono per un riarmo che per essere governato richiede un superstato europeo, il cardinale punta sulla progressiva e coraggiosa unificazione delle istituzioni europee. 

A giustificare questa fedeltà all’Unione (a qualunque costo e nonostante tutto) della Chiesa italiana potrebbe servire il riferimento alla democrazia, concetto ritenuto molto importante dai vescovi italiani e ricordato più volte nel discorso di Zuppi. Da tempo ormai la Chiesa sembra voler essere prima di tutto la guardiana della democrazia senza se e senza ma. Anche qui, però, siamo fuori tempo massimo, perché oggi dirigenti europei senza seguito elettorale decidono spese militari inaudite senza aver minimamente chiarito chi comanderà il nuovo arsenale né contro chi si dovrebbe usarlo. In questi giorni si assiste al fallimento democratico dell’Unione, con capi di Stato che cercano di svolgere un ruolo senza averne il titolo, con interferenze nelle elezioni politiche di alcuni Stati, con una presidente di Commissione che non intende coinvolgere il Parlamento in decisioni di questa rilevanza e che dimostra di aver già deciso, nonostante la competenza sia non di Bruxelles ma dei governi.

Se esaminiamo altri elementi del quadro europeo, l’intervento di Zuppi risulta ancora più evanescente. In tutta Europa ci sono vampate identitarie e sovraniste, perfino la Groenlandia che un certo legame con l’Europa ce l’ha in quanto territorio danese, ha votato per l’indipendenza. Durante i tre anni di conflitto in Ucraina l’Unione ha sempre appoggiato la guerra, non ha compiuto nessun passo per favorire qualche occasione di incontro tra le parti – nonostante il presidente Mattarella nei giorni scorsi abbia sostenuto il contrario – ottenendo per la propria economia solo danni. La Commissione ha portato avanti un progetto ecologista che ha prodotto miseria e conflitti sociali. Allinearsi all’Unione in questo momento, senza fare nessun riferimento valutativo a queste dinamiche, puntando irrealisticamente su un’Europa di pace quando l’Europa sta diventando di guerra, risulta difficile da comprendere.

Il quotidiano Avvenire, subito dopo il resoconto del discorso di Zuppi, ha ospitato l’editoriale del presidente dell’Azione Cattolica Giuseppe Notarstefano che scrive: «Vogliamo investire in questo grande cantiere per l’Europa, a cui ci ha ancora una volta esortato il cardinale Matteo Zuppi; perché le istituzioni europee siano sempre più vicine alle persone e alle comunità. Perché la tensione all’integrazione e alla coesione, così come il metodo del dialogo e della cooperazione, forti della storia percorsa, siano anche generativi di nuova speranza per il futuro».

Anche qui nessun cenno alla debacle europea di questi ultimi tempi. Addirittura, Notarstefano afferma che «Molte sono le iniziative da promuovere. Anche quella del 15 marzo, può rappresentare un’occasione per riaffermare la centralità dell’Europa e dell’urgenza di ritrovare i suoi valori fondativi, della rigenerazione delle istituzioni democratiche e dell’affermazione dei diritti umani, civili e religiosi fondamentali». Un assist al partito della von der Leyen, un appoggio al riarmo e ad un improbabile ruolo di grande potenza dell’Unione. Alla fine, sembra di capire, il discorso di Zuppi, interpretato sul piano pratico dal presidente dell’Azione Cattolica, sembra voler portare i cattolici da Serra, Schlein e Bonaccini.
Nella confusione c’è posto per tutti.



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