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GENDER

Zaia ha torto: "cambiare" sesso è contro natura

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Il governatore del Veneto, Luca Zaia (Lega), ha annunciato che l'ospedale di Padova prenderà in carico i casi di disforia di genere, per il cambio di sesso. Nell'annunciarlo, fa suo il credo liberal, secondo cui il cambio di sesso non è un atto contro natura e permetterlo sia un gesto di civiltà. Debolezza di un centrodestra succube della sinistra.

Famiglia 13_03_2023
Zaia

La Regione Veneto ha “approvato con voti unanimi e palesi” la seguente delibera: “si propone […] di concentrare nell’Azienda Ospedale-Università di Padova la presa in carico degli assistiti con disturbi di identità di genere, in quanto costituisce attualmente la sede professionalmente più adeguata per il Centro di riferimento regionale”.

In merito a questa delibera il governatore Luca Zaia rilascia un’intervista a Il Gazzettino in cui afferma che questo centro che permette il “cambiamento” di sesso “per me è un segno di civiltà”. E poi aggiunge: “Bisogna uscire, per chi ancora lo avesse, da quel tabù. Ormai il Veneto guarda alla modernità, all’inclusività, al rispetto umano. Occorre capire che non stiamo parlando di cose fantascientifiche o di comportamenti contro la natura. Si tratta fondamentalmente di pochi casi […] relativi a persone che non si riconoscono nel loro genere. Come si dice, sono nate nel corpo sbagliato”.

Nostro commento: come scrivevamo qualche tempo fa, il “cambiamento di sesso” è atto intrinsecamente disordinato perché “il sesso è aspetto identitario della persona. Attenzione: non il sesso in generale, bensì il sesso maschile è elemento identitario per gli uomini e il sesso femminile è elemento identitario per le donne” (clicca qui per un approfondimento). Dunque i cromosomi XY e XX non sono aspetti accessori della persona, ma indicano un’appartenenza sessuale che attiene all’identità della stessa. Quindi il corpo sessuato non può mai essere un corpo sbagliato, come sostiene Zaia, perché il sesso maschile e il sesso femminile mai possono costituire delle patologie. Sarà semmai la psiche della persona che, per vari motivi, starà errando, non volendo accettare la propria identità sessuale e volendo costruirne un’altra che risulterà quindi essere aliena alla sua vera identità, contraria alla sua natura. Quindi la scelta di “cambiare” sesso, diversamente da quanto affermato da Zaia, è una scelta contro natura.

Il governatore poi aggiunge che “basterebbe conoscere l’embriogenesi che io ho studiato all’Università, per capire come si determina il carattere sessuale nell’embrione e quando in alcuni casi il carattere non è così determinato o determinante. Ecco perché dico che per me è un fatto di civiltà”. Vero è che ci possono essere alterazioni a livello cromosomico, ma ciò non pregiudica l’individuazione del vero sesso della persona. Ad esempio esiste la sindrome della tripla X, ma le persone che ne sono affette sono e rimangono donne, seppur con un cromosoma X in più. Poi esistono altre patologie a causa delle quali non c’è corretta trasmissione dell’identità sessuale indicata a livello cromosomico ai caratteri primari (gonadi) e secondari (distribuzione dei peli, timbro della voce, sviluppo dei muscoli, etc.). Zaia al Corriere fa riferimento anche all’ermafroditismo, alterazione rara che attiene al primo caso, in cui nella persona sono presenti tessuti sia ovarici che testicolari. In tutti questi casi il sesso della persona è comunque individuabile con certezza perché è quello genetico, contrariamente a ciò che ha dichiarato Zaia. Riguardo a tali disfunzioni, il percorso clinico, anche tramite supporto psicologico, dovrà tentare, laddove è possibile ed efficace, di configurare i caratteri primari e secondari in modo consono al sesso cromosomico.

Continuiamo con le dichiarazioni del governatore: “L’amministratore non può avere una visione egoistica e personalistica. È un po' come quando si parla di fine vita. Non si può dire: finché ci sono io, questi temi non verranno toccati. O come quando si discute di aborto: approvare la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, non significa essere a favore di quella pratica, ma assicurare l’esercizio di un diritto, che è un’altra roba”. E al Corriere: “se dici che sei a favore della legge sull’aborto, non è che sei un abortista: ti tieni le tue idee personali ma riconosci che le libertà altrui vadano rispettate” Che è come dire: approvare le leggi razziali non significa essere a favore del razzismo, ma assicurare l’esercizio del diritto di discriminare a seconda della razza. Se dici che sei a favore delle leggi razziali, non è che sei un razzista: ti tieni le tue idee personali ma riconosci che le libertà altrui di discriminare secondo la razza vadano rispettate. Zaia, uno dei tanti epigoni delle convergenze parallele di Aldo Moro.

Il governatore non è nuovo ad uscite così liberal su tematiche eticamente sensibili come aborto, fine vita, omosessualità e transessualità, orientamento progressista confermato anche dal suo ultimo libro I pessimisti non fanno fortuna. Il consigliere per la regione Emilia Romagna Matteo Montevecchi, in quota Lega, così commenta le parole di Zaia sul suo profilo Facebook: “dispiace vedere un politico di centrodestra che scopiazza la sinistra sui temi etici e spalanca le porte all’agenda LGBT. […] Una destra con il complesso di inferiorità culturale che arriva a fare esattamente ciò che proclama la sinistra fucsia, non ci piace e non ci serve. […] Non vogliamo un centrodestra che diventi un centrosinistra ‘in ritardo’ di qualche anno. Non vogliamo un centrodestra fluido che cambia opinione a seconda di come tira il vento. Non vogliamo un centrodestra senza radici che si abbandona solo alla mera ricerca del consenso. La nostra identità non è fluida”.

Zaia s’intruppa in quella, ormai nutrita, schiera di politici di centrodestra che sui temi etici la pensano pari pari a quelli di sinistra: Berlusconi, Salvini, Roccella e infine Meloni hanno dato ampia prova che il compromesso su ciò che non dovrebbe essere negoziabile è invece possibile. Questa deriva laicista e liberista dei politici destrorsi, come avevamo già appuntato in altre occasioni (clicca qui e qui), dipende essenzialmente da due fattori, di cui il primo genera il secondo. Il fattore primario è dato dal fatto che culturalmente questi esponenti sono figli di una società laica che, cancellando Dio dalla propria prospettiva, ha provocato un disgregamento anche del piano valoriale che attiene alla morale naturale. Molti politici del centrodestra sono figli di questo nostro tempo malato e quindi o sono convinti che aborto, eutanasia, omosessualità, etc. siano cose buone oppure le ritengono non accettabili personalmente, ma politicamente difendibili sul piano pubblico, non comprendendo che tali fenomeni intaccano il bene comune, non lo arricchiscono di certo. Insomma una scissione tra etica privata ed etica pubblica così come comanda il pensiero liberista.

Il secondo fattore riguarda la perdita di consensi che i politici temono sommamente se dovessero ingaggiare battaglia contro aborto, eutanasia ed omosessualità. Il secondo fattore deriva dal primo per questo motivo: il politico liberal di destra che ritiene che tutte le libertà, anche quelle che personalmente non condivide, debbano essere tutelate, come potrà mai esporsi su questi temi con approccio critico tenendo anche in conto che queste posizioni possono essere perdenti nelle urne elettorali? Non convinto della difesa tenace di alcuni principi anche nell’agone politico, la minaccia della perdita di voti sarà più che sufficiente per fargli dire, ad esempio, “la 194 non si tocca”. Si potrà uscire da questo vicolo cieco puntando solo sulla formazione delle nuove generazioni di politici – gli attuali leader ormai li diamo per persi – e quindi su una nuova cultura incentrata sui principi non negoziabili e dunque, ancor più a monte, sulla nuova evangelizzazione, perché non c’è cultura senza fede.