«Vincent, condannato a morte, ha diritto alle cure»
«Vincent Lambert non riceve tutta l’assistenza a cui ha diritto. Non riceve alcuna stimolazione, kinesiterapia, nessuna rieducazione alla deglutizione. Attende, nel braccio della morte», afferma in un’intervista alla Nuova BQ Jean Paillot, avvocato della famiglia di Vincent, che parla di «un caso di eutanasia» e spiega che la Francia è vincolata a osservare la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
- E NEL 2018 IN OLANDA I MORTI PER EUTANASIA SONO 6.126, di Giuliano Guzzo
Come già riferito su questo quotidiano, il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha chiesto al governo francese di non interrompere i sostegni vitali a Vincent Lambert, per poter avere il tempo di valutare il caso del quarantaduenne paraplegico. Per capire le possibili evoluzioni della vicenda, la Nuova Bussola ha intervistato Jean Paillot, uno dei due avvocati che sta seguendo il caso di Vincent.
Avvocato Paillot, anzitutto ci dica qual è il suo ruolo nella vicenda di Vincent Lambert e quali sono le sue condizioni attuali.
Sono uno dei due avvocati incaricati di occuparsi di questa vicenda dai genitori, da un fratello e una sorella di Vincent Lambert. Vincent ha avuto un incidente 11 anni fa, è uscito molto rapidamente dal coma, ma è rimasto in una condizione di coscienza minimale; dorme di notte, si sveglia di giorno, reagisce quando gli si parla, ma non si sa con certezza quanto sia in grado di comprendere. Ha un’attività cerebrale, il suo elettroencefalogramma non è piatto. I suoi organi vitali (cuore, polmoni, reni) funzionano normalmente, senza l’ausilio di apparecchi. Il suo unico “trattamento” consiste nell’alimentazione e nell’idratazione, realizzata mediante un sondino gastrico, che porta gli alimenti direttamente nello stomaco.
Con quale periodicità può incontrare i suoi cari?
Vincent, allo stato attuale, vive chiuso nella sua camera e non può ricevere altre visite che quelle del personale che lo assiste e dei suoi parenti più prossimi. Può vedere i genitori tutti i giorni.
È vero che Vincent, al CHU di Reims, non può beneficiare di nessuna terapia adatta alla sua situazione?
Di fatto non riceve tutta l’assistenza a cui ha diritto. Le sue cure sono attualmente solo quelle dell’assistenza infermieristica: alimentazione, idratazione, igiene, cure primarie. Ma non riceve alcuna stimolazione, kinesiterapia, non viene posto su una poltrona (che gli permetterebbe di lasciare il letto), nessuna rieducazione alla deglutizione (mentre ne sarebbe capace). Attende, nel braccio della morte. Cosa spaventosa e insopportabile.
Cominciamo dalla sentenza della Corte europea dei diritti umani. Non è la prima volta che Vincent viene condannato a morte...
Avevamo già consultato la Corte europea nel 2014. In effetti, noi oggi ci stiamo occupando della terza condanna a morte di Vincent, dopo quelle del 2013 e del 2014. Quella del 2013 ha potuto essere fermata davanti alla giurisdizione francese; quella del 2014 era invece stata ammessa dalle autorità giudiziarie francesi e perciò abbiamo presentato un ricorso alla Corte europea. La Corte europea allora aveva ritenuto il nostro ricorso in parte irricevibile per delle ragioni scandalose. La Corte ci disse che noi saremmo stati ammissibili se Vincent fosse già morto, ma, essendo lui vivente, avremmo dovuto provare che lui era d’accordo con noi, cosa impossibile a motivo del suo handicap. E la Corte aveva ritenuto che, in base all’articolo 2 della Convenzione che garantisce il diritto alla vita, il caso rientrasse nel “margine di discrezionalità degli Stati”: per mancanza di coraggio ha rifiutato di pronunciarsi sulle modalità adottate dalla Francia per interrompere l’idratazione e l’alimentazione tramite sondino di una persona disabile. Abbiamo nuovamente presentato un ricorso alla Corte europea a seguito della terza decisione di far morire Vincent. Questo ricorso riguarda aspetti procedurali interni alla Francia, specialmente il modo in cui è stata effettuata la perizia giudiziaria su Vincent.
In molti ci siamo chiesti come si possa affermare che la sentenza del Consiglio di Stato non costituisca una violazione dell’art. 2 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Sembra davvero incredibile.
La Corte europea in verità non ha ancora deciso, ma ci ha rifiutato le misure provvisorie che abbiamo chiesto, in attesa di una decisione in merito.
Perché?
Penso che questo dossier imbarazzi la Corte europea e che essa si rifiuti di decidere.
Non sospendendo la decisione di interrompere i sostegni vitali, che porterebbe alla morte di Vincent, si spera che il dossier si “risolva” con il suo decesso. Diciamo che non è il massimo per un organismo che dovrebbe difendere i diritti umani...
Nel 2015 alcuni giudici della Corte europea avevano scritto, in un parere dissenziente, che con quella decisione la Corte “aveva cessato di essere la coscienza d’Europa”. Si trattava di parole molto dure contro la Corte europea, ma purtroppo erano vere. Personalmente ne sono molto addolorato, avendo a titolo personale un forte legame con la Corte.
Invece, il Comitato Onu per i diritti dei disabili chiede alla Francia di non interrompere i sostegni vitali a Vincent, almeno fino a quando lo stesso Comitato non si sarà pronunciato. Questa richiesta è vincolante per lo Stato francese e per i medici del CHU di Reims?
Il 18 febbraio 2010, la Francia ha ratificato la Convenzione internazionale sui diritti delle persone disabili e nello stesso giorno ha ratificato il suo protocollo. Il meccanismo di tutela di questa convenzione, ossia il ricorso al Comitato come organo giudiziario, può dunque essere utilizzato da tutti i francesi.
Nel nostro caso, cosa prevede il protocollo?
Che si possano richiedere agli Stati delle misure provvisorie, al fine di evitare che il Comitato si pronunci sul caso di una persona che nel frattempo finisca per subire conseguenze irreversibili, nel nostro caso la morte. La Francia ne è vincolata, così come ogni Stato che rientra nell’ambito della Corte europea è vincolato dalle misure provvisorie richieste dalla Corte: è esattamente lo stesso meccanismo. Ricordo che si tratta di obblighi liberamente contratti dagli Stati. Se essi si rifiutano di onorare la loro firma alla prima questione delicata, non saranno più credibili sul piano internazionale. Mi rifiuto di pensare che la Francia possa commettere una cosa simile.
Su che cosa si dovrà esprimere esattamente il Comitato? Sul mantenimento dell’idratazione e dell’alimentazione o anche sulla possibilità per Vincent di essere preso finalmente in carico da una struttura specializzata?
Sono state rivolte al Comitato più richieste. Anzitutto abbiamo chiesto di dire che Vincent Lambert non ha beneficiato delle cure adeguate alla sua condizione, anche se la Francia obbliga teoricamente le sue strutture ad adottare un certo numero di cure ben precise; per cui manca chiaramente un ente di controllo. Poi, che l’alimentazione e l’idratazione tramite un sondino non costituiscono un trattamento suscettibile di essere interrotto in una persona disabile che non ha alcuna difficoltà di digestione, ma che costituisce una cura ordinaria, normale, dovuta a ogni persona. Inoltre, chiediamo di affermare che la procedura decisionale per interrompere un trattamento, prevista per le persone malate o in fin di vita, non è adatta alle persone disabili. Ancora, di prendere in considerazione la specificità delle persone in stato di coscienza minimale e di fissare regole precise per valutare lo stato della loro coscienza. Infine, domandiamo che venga detto che non è possibile interrompere l’alimentazione di una persona disabile per la sola ragione che è disabile (quindi senza comorbilità) e che questo è quanto quella persona avrebbe voluto, allorché non sussiste nessuna prova reale della sua volontà.
Chiederete insomma che venga gettata la maschera e che si riconosca che ci troviamo di fronte a una vera e propria eutanasia, teoricamente condannata dall’ordinamento francese?
In verità si tratta di un caso di eutanasia larvata, che si nasconde dietro il rivestimento giuridico della lotta contro l’accanimento terapeutico. Ma non siamo affatto in quest’ultima situazione. Eppure è stata convalidata dal Consiglio di Stato.
Il ministro della sanità francese Agnès Buzyn ha messo le mani avanti. Ritiene che il Comitato Onu per i diritti dei disabili non sia l’organismo internazionale adeguato cui la famiglia Lambert doveva rivolgersi, perché Vincent non è disabile, ma è in stato vegetativo. Cosa risponde a questa dichiarazione?
Rispondo rifacendomi a quanto hanno dichiarato cinque medici di questo settore in un comunicato del 5 maggio scorso, con il quale hanno reagito alle esternazioni della ministra Buzyn. Essi affermano tra l’altro che “i pazienti in stato di coscienza alterata hanno dei danni motori e mentali secondari alle lesioni cerebrali dovute a un incidente o a un ictus. La loro condizione può rimanere stabile, senza importanti interventi medici, per numerosi anni. Sono dunque da considerare disabili in senso medico e giuridico. Essi non sono né agonizzanti né in fin di vita per tutti questi anni. La loro morte si verifica normalmente a causa di una grave complicazione, che può allora costituire l’oggetto delle limitazioni terapeutiche conformi alla legge Léonetti-Claeys”.
A suo avviso, la decisione di arrestare i sostegni vitali di Vincent e di procedere a una sedazione profonda e continua sarebbe rispettosa della legge Léonetti-Claeys del 2016 oppure si tratterebbe di un’ulteriore forzatura di quella legge già chiaramente iniqua?
Sarebbe una conseguenza logica della posizione già presa dal Consiglio di Stato nel 2014, quando condannò Vincent Lambert. La legge Léonetti-Claeys ha tragicamente confermato la sentenza del Consiglio di Stato del 2014. Ma noi ci battiamo contro questa legge, che è profondamente ingiusta laddove venga applicata alle persone disabili. Questa legge era stata prevista per le persone malate e in fin di vita, mentre il Consiglio di Stato l’ha estesa ai disabili. Per quanto la riguarda, questa legge abbraccia in realtà le richieste di eutanasia. Si tratta di un dirottamento della legge, a vantaggio di una politica disdicevole, che utilizza mezzi indegni.