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OLANDA

Meno morti per eutanasia? Una rondine non fa primavera

C'è poco da festeggiare per la notizia del calo delle morti per eutanasia e suicidio assistito in Olanda, morti che nel 2018, rispetto all’anno precedente, sono diminuite del 7%. Infatti ci sono casi (e sono tanti) che sfuggono alle statistiche, già in passato vi sono stati cali temporanei seguiti da aumenti. E si moltiplicano gli abusi medici: eutanasia su persone anche sane.

Vita e bioetica 10_05_2019
Eutanasia

«Una rondine non fa primavera», recita un noto adagio che il clima invernale di questa prima parte di maggio rende perfino superfluo, nel senso che, di rondini, proprio non se ne vedono. Allo stesso modo, conviene restare cauti dinnanzi ad una «rondine», per così dire, che invece dall’estero è arrivata: la notizia del calo delle morti per eutanasia e suicidio assistito in Olanda, morti che nel 2018, rispetto all’anno precedente, sono diminuite del 7%. Una notizia in sé non malvagia ma, prima che i sostenitori della «dolce morte» se ne servano per sconfessare la realtà della china scivolosa – termine con cui viene descritto il divenire tendenza di un fenomeno inizialmente legalizzato pensandolo eccezionale – da esaminare criticamente con alcune considerazioni.

La prima concerne il fatto che, se da un lato è vero che nel 2018 le morti indotte (6.126) sono calate di oltre 450 casi rispetto ai 6.585 decessi 2017, dall’altro occorrerà aspettare quanto meno l’anno prossimo prima di trarre qualsivoglia conclusione sul fenomeno. Tanto per cominciare perché un calo, anche se più ridotto, della «dolce morte» nei Paesi Bassi si è già verificato ben due volte – nel 2003 rispetto al 2002 e nel 2006 rispetto al 2015 –, senza che questo, nei fatti, abbia poi impedito un aumento esponenziale della stessa.

In seconda battuta, va sottolineato come i dati parziali dei primi mesi del 2019 pare siano peggiori di quelli dell’anno precedente. In terzo luogo, gli esperti segnalano come ogni anno una percentuale di morti indotte che va dal 20 al 23% sfugga, per molteplici ragioni, alle statistiche ufficiali. Tuttavia, anche fosse vero che effettivamente lo scorso anno la «dolce morte» si è ridotta, rimane il fatto che oltre 6.000 persone eliminate intenzionalmente – oltre tre volte tante, rispetto a quelle di 15 anni or sono – sono un numero enorme, rispetto al quale qualsivoglia considerazione ottimistica pare del tutto fuori luogo. Anche perché va ricordato quello che ormai da anni è emerso, ossia una diversificazione della platea di quanti esercitano il cosiddetto “diritto di morire”.

Basti qui ricordare come lo scorso anno, in Olanda, quasi 70 persone hanno ottenuto l’eutanasia non solo pur non essendo malate terminali, ma anche non soffrendo di alcuna patologia che non fosse relativa a condizioni psichiatriche. Sempre nel 2018, si è confermato il radicamento di un fenomeno nuovo quanto inquietante: quello delle coppie che ottengono l’eutanasia. Insieme. Se ne sono contati ben 9 casi anche se solo di uno di questi si hanno informazioni: quello di una coppia nella quale il marito aveva il cancro all'esofago e la moglie la sclerosi multipla, e in cui entrambi hanno chiesto di morire motivando tale desiderio con il disagio ravvisato dalla «prospettiva di dover essere assistito da estranei e nell’incapacità di vivere in modo indipendente».

A riprova del fatto che in Olanda l’eutanasia rimanga comunque di dimensioni drammatiche, si possono ricordare i casi, oggi non più così rari, di medici che, pur favorevoli alla «dolce morte», arrivano a dimettersi dai comitati etici di cui fanno parte perché stanchi di assistere a casi di abusi o di applicazione disinvolta della morte a richiesta; proprio nel 2018 ce ne fu uno balzano agli onori delle cronache, quello della dottoressa Berna van Baarsen. Ne consegue come il calo registrato lo scorso anno dei casi di morte indotta sia davvero poco per tirare un sospiro di sollievo o anche solo per immaginare meno disastrosa una legalizzazione dell’eutanasia che rimane inaccettabile e mortifera. E’ bene tenerlo presente, considerando che di «dolce morte», purtroppo, si sta in questo periodo occupando anche il nostro Parlamento.