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Venezuela: Gonzalez esule in Spagna. Maduro si sbarazza del rivale

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Il vero vincitore delle elezioni in Venezuela, Edmundo Gonzalez Urrutia, è stato accolto dalla Spagna come rifugiato politico. Così però il regime di Maduro si sbarazza del rivale più pericoloso.

Esteri 09_09_2024
Edmundo Gonzalez Urritia con Maria Corina Machado (La Presse)

Il governo spagnolo ha riferito ieri, domenica 8 settembre, dell’espatrio del vincitore delle ultime elezioni presidenziali venezuelane e del suo arrivo a Madrid, accolto come rifugiato politico. Edmundo González Urrutia aveva lasciato Caracas su un aereo dell'aeronautica spagnola nella nottata di sabato, in fuga dalla persecuzione e dal sicuro arresto decretato nei giorni scorsi, come abbiamo descritto su queste pagine, a seguito della vittoria delle opposizioni alle elezioni presidenziali del 28 luglio e delle decise misure di repressione imposte dal governo del golpista e tiranno Maduro nei confronti dei leaders oppositori. Una chiara sconfitta per il popolo venezuelano, una prova di ipocrisia intollerabile delle democrazie occidentali, un gran regalo natalizio per Maduro.

Il trasferimento di González è stato deciso dopo il mandato di perquisizione e arresto emesso dalla Procura venezuelana guidata dal procuratore chavista Tarek William Saab. Sabato 7 settembre il vincitore delle elezioni è entrato nell'ambasciata spagnola e ha negoziato l’uscita dal Venezuela con i governi di Nicolás Maduro e Pedro Sánchez.

«Edmundo González è decollato da Caracas in direzione della Spagna con un aereo dell'Aeronautica Militare spagnola. Il governo spagnolo ha predisposto i mezzi diplomatici e materiali necessari per il suo trasferimento, effettuato su sua richiesta», si legge nella dichiarazione pubblicata dal ministero degli Esteri spagnolo, ripresa da, quotidiano spagnolo “El Pais” che individua nell’ex primo ministro spagnolo e amico del regime venezuelano, Josè Luis Zapatero come mediatore dell’operazione con il governo di Maduro.

L'operazione diplomatica che ha portato alla concessione dell'asilo politico a González Urrutia sarebbe in corso da due settimane. La Spagna insiste sul fatto che sia stato lo stesso Edmundo a chiedere asilo e che il presidente Pedro Sánchez, nel Comitato federale del PSOE di sabato scorso, avrebbe definito un «eroe».

In precedenza, Delcy Rodríguez, già vicepresidente del paese e da poche settimane alla guida delle compagnie pubbliche petrolifere, aveva annunciato che González Urrutia aveva lasciato il paese con un salvacondotto concesso «per il bene della tranquillità e della pace politica».

Le autorità venezuelane hanno concesso il salvacondotto all'oppositore dopo aver mantenuto «contatti pertinenti» con il governo spagnolo e, «una volta che l’accordo è stato concordato in tutti i dettagli, in conformità con il diritto internazionale», a González è stato concesso il «dovuto» salvacondotto per poter lasciare la sede diplomatica spagnola e viaggiare alla volta di Madrid. Il governo spagnolo, tuttavia, ha negato ogni trattativa ufficiale e ribadito l’invito di pubblicare i verbali elettorali se Caracas «vuole vedersi riconosciuta la vittoria di Maduro».  

Tutto questo perché Maduro lo considera a capo della organizzazione che ha creato il sito web dove si può consultare l'83% dei registri elettorali ufficiali del 28 luglio, dopo che migliaia e migliaia di testimoni, attivisti e responsabili delle opposizioni in ogni quartiere hanno ottenuto copie dei voti seggio per seggio, li hanno messi al sicuro, li hanno fotografati, digitalizzati e caricati in un database in meno di 48 ore. Grazie a questi inoppugnabili dati, tutto il mondo riconosce, direttamente o indirettamente, la vittoria di Edmundo Gonzalez e, soprattutto, il regime tirannico di Maduro non è stato in grado di presentare alcun registro delle votazioni che possa dimostrarne la vittoria elettorale. Ora si teme per la sicurezza dell’altra leader delle opposizioni Maria Corina Machado sulla quale si scateneranno le pressioni delle bande di Maduro.

Nel frattempo, una trentina di ex leader ibero-americani hanno chiesto venerdì 6 settembre all'Ufficio del Procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI) «l'immediata cattura e detenzione» del presidente venezuelano Nicolás Maduro, tra i firmatari ci sono anche gli spagnoli Felipe González, José María Aznar e Mariano Rajoy; così come i colombiani Álvaro Uribe e Iván Duque; l'argentino Mauricio Macri; il messicano Vicente Fox e il boliviano Carlos Mesa. Stesso invito ad emettere il mandato di arresto per Maduro è stato rivolto alla Corte Penale internazionale dal ministero degli Esteri argentino, Uruguay e dal Cile, mentre Lula ha definito «deludente» il comportamento di Maduro e gli USA starebbero preparando un nuovo pacchetto di sanzioni.

Due dati emergono dagli avvenimenti di questi ultimi giorni. Primo, Maduro e la sua cricca dovevano presentare le prove della propria vittoria, non lo ha potuto fare visto il colpo di Stato da lui organizzato. Ciononostante, l’occidente e le ‘democrazie’ di Messico, Brasile e Colombia, invece di costringerlo alle dimissioni e concordare un salvacondotto a lui e alla sua banda, assiste immobile alle persecuzioni ed espulsioni forzate dal paese dei leaders oppositori che hanno vinto le elezioni. Secondo, a riprova della intollerabile ipocrisia, i dati pubblicati il 5 settembre sulle esportazioni di petrolio del Venezuela, giunti ai massimi dagli ultimi quattro anni, verso Cina, Stati Uniti ed Europa, dopo le concessioni rinnovate da Biden l’aprile scorso. Una conferma  di quanto i valori della democrazia siano slogan vuoti e le minacce siano poco credibili se pronunciate dalle capitali occidentali d’Europa e USA.