Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LO SCANDALO

Uno spettro si aggira attorno alla Clinton: le sue email

Le email, a quanto pare, non hanno un buon rapporto con Hillary Clinton e viceversa. Una notizia diffusa dal The Daily Caller, subito rilanciata su Twitter da Donald Trump, potrebbe riaprire l’Email Gate: la Clinton usava il suo server privato per inviare informazioni di Stato e il sospetto è che i cinesi le abbiano rubate.

Esteri 31_08_2018
Hillary Clinton

Le email, a quanto pare, non hanno un buon rapporto con Hillary Clinton e viceversa. Una notizia diffusa dal The Daily Caller, subito rilanciata su Twitter dal loquace presidente Donald Trump, potrebbe riaprire l’Email Gate. Dal 2016 è emerso l’uso disinvolto che la Clinton faceva delle comunicazioni via posta elettronica mentre era segretaria di Stato, mandando anche informazioni confidenziali, classificate e segrete tramite la sua posta personale e non quella del Dipartimento di Stato. Non si è trattato solo di una violazione di protocollo, perché implica un rischio molto maggiore per la sicurezza nazionale. Ebbene, pare che una “compagnia cinese” controllata al regime di Pechino, sia riuscita a trafugarle tutte.

L’informazione è stata ottenuta da due fonti del quotidiano The Daily Caller. L’azienda cinese in questione opererebbe nella stessa Washington, in un sobborgo meridionale della capitale. Gli hacker cinesi potrebbero avere, secondo queste informazioni, “bucato” il server privato di Hillary Clinton, trasferendone il contenuto, sistematicamente, sul proprio server. Pechino, dunque, potrebbe essere in possesso di tutte le comunicazioni di politica estera, comprese quelle segrete, classificate e confidenziali, dal 2009 al 2012. L’Ispettorato generale della comunità di intelligence (Icig) aveva trovato che “praticamente tutte” le email della Clinton fossero state mandate a “una entità straniera”. Lo riferiva il deputato repubblicano texano Louie Gohmert, lo scorso 12 luglio, alla Commissione sulla Giustizia, senza specificare di quale entità si parlasse, né di quale paese. Di sicuro non la Russia, unica cosa che il deputato aveva tenuto a specificare.

Questa è la parte della storia che riguarda direttamente la Clinton. L’altra parte della storia interessa, invece, l’Fbi, la polizia federale americana. Due funzionari dell’Icig, a quanto risulta, si sarebbero incontrati ripetutamente con gli ufficiali dell’Fbi avvertendoli dell’intrusione cinese. Lo testimonia un ex ufficiale di intelligence, (che ha mantenuto l’anonimato), esperto in questioni di sicurezza informatica che era stato messo al corrente sulla questione. Questo testimone fa un nome in particolare, l’ufficiale dell’Fbi Peter Strzok, allora a capo dell’ufficio di controspionaggio. Strzok non avrebbe preso alcuna contromisura dopo che l’Icig gli aveva parlato della violazione di sicurezza, secondo quanto riferisce il deputato Gohmert. Strzok è comunque lo stesso ufficiale che, il mese scorso, è stato licenziato per aver mandato in giro propaganda contro Donald Trump.

Donald Trump, che come possiamo vedere in tutti i Tg, è sempre sotto pressione per il “Russiagate”, chiaramente non vedeva l’ora di riaprire l’“Email Gate” della Clinton. E dopo che il reportage del Daily Caller è stato citato da Fox News, mercoledì pomeriggio ha twittato: “Le email di Hillary Clinton, molte delle quali contenevano informazioni classificate, sono state trafugate dalla Cina. Sarà bene che il prossimo passo sia compiuto da Fbi e Dipartimento di Giustizia, oppure, dopo tutti i passi falsi (Comey, McCabe, Strzok, Page, Ohr, Fisa, “Dirty Dossier”, ecc…) la loro credibilità sarà persa per sempre!”. Tre ore dopo, rivolgendosi ai giornalisti: “Riferite solo questo: la Cina ha violato il server privato che conteneva le email di Hillary Clinton. Sono sicuri che non fosse la Russia (sto scherzando!)? Quante sono le possibilità che l’Fbi e il Dipartimento di Giustizia non siano in cima a tutto questo? Comunque, è una storia grossa. Molte informazioni classificate!”

L’Fbi, che si sente direttamente chiamata in causa, ha respinto al mittente le accuse di Trump, definendo “infondate” le sue affermazioni. Sarebbe dunque infondata, perché priva di necessarie prove a supporto, la notizia del furto cinese delle email della Clinton. Mercoledì, la polizia federale statunitense ha emesso un comunicato in cui spiega: “L’Fbi non ha trovato alcuna prova sul fatto che i server siano stati compromessi”. Sul sollecito del presidente a “fare il prossimo passo”, sia l’Fbi che il Dipartimento di Giustizia hanno declinato ogni commento. Durante la prima inchiesta sull’Email Gate, nel 2016, l’allora direttore dell’Fbi James Comey aveva dichiarato di non aver trovato alcuna prove su eventuali furti delle email della Clinton. Aveva comunque aggiunto, cautamente, che: “Vista la natura del sistema e gli attori potenzialmente coinvolti, stimiamo che sia improbabile trovare prove dirette (di un furto di informazioni, ndr)”.

Da un punto di vista politico, sia l’Email Gate che il successivo scandalo del furto delle email del Democratic National Committee, sono costati carissimi a Hillary Clinton, che proprio quell’anno ha perso le elezioni presidenziali. E un’ombra resta, in ogni caso, una domanda senza risposta: perché usare un server personale, pur sapendo che è meno sicuro e potenzialmente compromettente? Tutte le email conservate nei server del governo sono soggette al “Foia” la legge sulla libertà di informazione che obbliga a fornire informazioni in pubblico, se richieste. Le email personali, no. L’allora segretaria di Stato aveva qualcosa da nascondere?