Svezia, il mito multiculturale infranto dal boom di violenza
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Un tempo ai vertici della classifica europea per qualità della vita e legalità, il "paradiso" svedese nel giro di dieci anni si è trasformato in un inferno dominato da gang e attentati. È il fallimento dell'immigrazionismo a oltranza.

In Svezia dicono che la strage di Örebro – a 200 km a ovest di Stoccolma – racconti uno «scenario americano». L’attentato, che ha coinvolto un’università riconvertita anche in un centro per immigrati, certo riporta alla mente le sparatorie di massa nelle scuole statunitensi di qualche anno fa. E se restano ancora oscure matrice e dinamica, quel che per il primo ministro svedese Kristersson è «il peggior omicidio di massa nella storia del Paese» resta l’ennesimo atto di terrore in un Paese già soggiogato da una violenza diffusa.
Nel mese di dicembre, sono state registrate venti esplosioni e sequestrate altrettante bombe. Gennaio ha contato la media di un attentato al giorno, tra cui diverse bombe piazzate sui balconi in centri un tempo residenziali, oggi utsatta, zone vulnerabili caratterizzate da un’alta concentrazione di residenti extraeuropei e da immigrati di seconda e terza generazione
E non è certo Örebro la prima città che vede gravi incidenti nelle scuole. Nel marzo 2022, uno studente di 18 anni ha accoltellato a morte due insegnanti in una scuola superiore nella città meridionale di Malmö. Due mesi prima, un sedicenne era stato arrestato dopo aver ferito con un coltello un altro studente e un insegnante in una scuola nella cittadina di Kristianstad. Nell’ottobre 2015, tre persone furono uccise in un attacco in una scuola di Trollhättan da un aggressore armato di spada, poi ucciso dalla polizia.
Una discesa agli inferi improvvisa, brutale, omicida. In dieci anni la Svezia, un tempo il paradiso della legalità, sempre ai vertici della classifiche per qualità della vita e con il mito di uno dei paesi più sicuri d’Europa, è precipitata in una crisi criminale feroce ed implacabile.
Mentre nella maggior parte dei Paesi europei si è registrato un calo delle morti per arma da fuoco, il regno scandinavo segue la tendenza opposta. È in cima all’elenco europeo stilato dal Consiglio svedese per la prevenzione della criminalità (Brå) con 4 decessi per arma da fuoco per milione di abitanti, rispetto ad una media europea di 1,6. «Nessun altro Paese preso in esame nello studio mostra un incremento paragonabile a quello della Svezia», si legge nel rapporto.
Il premier Ulf Kristersson ha dovuto ammettere che questa ondata di violenza è «fuori controllo, come è abbondantemente chiaro». L’occasione dello sfogo è stata l’uccisione di Salwan Momika – il provocatore anti-islam – assassinato nel suo “appartamento protetto”: solo le autorità conoscevano dove vivesse. Come hanno fatto i terroristi a scovarlo e ucciderlo, si chiede il maggiore quotidiano del Paese? I cinque sospettati sono già stati rimessi in libertà, gli investigatori arrancano incrementando quel senso di insicurezza che è ormai la cifra dell’opinione pubblica svedese.
Nel 2023, anno in cui sono stati consolidati i dati statistici, in Svezia sono state registrate 363 sparatorie legate a regolamenti di conti. Il numero di vittime di armi da fuoco è più che raddoppiato in un decennio e ora rappresenta quasi il 40% delle morti violente in Svezia.
Lo scorso settembre, il ministro della Giustizia svedese lanciava l’allarme: «ci vorranno almeno dieci anni per sradicare l’epidemia di criminalità violenta nel Paese, con bande di narcotrafficanti immigrati che si infiltrano nei tribunali, nella polizia e nelle carceri». Il ministro Strömmer dichiarava al Financial Times che le gang dietro le sparatorie mortali assumono criminali – soprattutto bambini – per lavorare per gruppi di altri paesi, come l’Iran. E secondo i rapporti dell’intelligence svedesi quei gruppi inglobano estremisti violenti.
Dopo oltre un decennio di politiche eccessivamente lasche in materia di immigrazione, l’attuale governo conservatore è stato eletto nel 2022 con la promessa di una stretta sulle gang: è così che ha spazzato via l’era dei socialdemocratici. Nel 2024, la polizia ha riportato 317 esplosioni, un dato inferiore all’anno precedente, ma che resta, ancora, il sintomo di una guerra tra gang che spesso fa vittime innocenti. Sono bande che contano anche 60mila membri e per farla franca usano sempre più minorenni: nel 2024 la polizia ha stimato 1.700 ragazzini disposti a sparare tra contrabbando, vendette e rivalità varie. A innescarli padrini che guidano formazioni con una base straniera: africani, somali, mediorientali. Come per l’Italia, il loro protagonismo è legato alla non imputabilità dei minori. È per questo che la Svezia sta inasprendo le pene per i più giovani abbassando a 14 anni l’età in cui si può finire in galera, prevedendo pene detentive severe e l’intercettazione di comunicazioni tra minori di 15 anni, servendosi anche delle scuole, oltre che disponendo il sequestro di beni di lusso per chi non è in grado di dimostrare di poter permetterseli.
La polizia sostiene che le gang sfruttino il sistema di previdenza sociale – la Svezia vanta una delle reti di sicurezza sociale più generose al mondo – per finanziare le loro attività e reclutare giovani. «Usano il lato legale dell’economia per entrare nel nostro stato sociale», ha dichiarato Strömmer. L’omologo danese, Hummelgaard, si lamenta da tempo della «cultura totalmente malata e depravata della violenza svedese», affermando che si sono verificati ben 25 incidenti in cui adolescenti svedesi sono stati ingaggiati per commettere crimini in Danimarca.
Sarebbero circa 200 le bande criminali all'opera in Svezia. Tra le più strutturate la "legione dei lupi mannari" con sede a Stoccolma e composta principalmente da immigrati dell’Africa subsariana e la "Asir" guidata da turchi. "Foxtrot" è invece il cartello più potente del Paese, dominata da curdi, è nota anche come la “rete siriana”. Secondo uno studio diffuso dall’Università di Uppsala, si tratta di una mafia così ben organizzata da essersi infiltrata in modo istituzionale, oltre che in società sportive ed enti locali, anche nella magistratura. A guidarla un tale Rawa Majid. Gli svedesi lo inseguono da tempo, ma trova facilmente rifugio in Iran e Turchia, dove è stato fermato anche con un falso passaporto italiano. I ragazzini restano le principali pedine ingaggiate e, di recente, soprattutto per condurre attacchi contro obiettivi ebraici.
Se queste bande di immigrati sono così attive è perché hanno approfittato anche delle ondate migratorie che la Svezia ha vissuto a partire dalla crisi del 2015, durante la quale il Paese ha accolto il più alto numero di richiedenti asilo pro capite mai registrato in un Paese OCSE. Negli ultimi vent’anni, ha visto la quota della sua popolazione non occidentale aumentare dal 2% al 15% della popolazione totale, «un aumento senza precedenti nella storia di questo Paese», ricorda uno studio di Fondapol.
In Svezia, dove il multiculturalismo è stato a lungo considerato un mito, il discorso politico è cambiato radicalmente negli ultimi anni. «Sono l’immigrazione irresponsabile e il fallimento dell’integrazione che ci hanno condotto in questo stato», ripete sempre il capo del governo Kristersson.
Per la destra di governo svedese il motivo conduttore resta che senza la politica migratoria irresponsabile, il Paese non affogherebbe in una criminalità ingestibile. Né ci sarebbero persone nate in Svezia che vivono con la testa in altre aree del mondo e ritrovano la loro identità nei clan criminali.
A maggio 2024, anche l’agenzia di intelligence svedese Säpo ha accusato l’Iran di reclutare membri di bande criminali svedesi per commettere “atti di violenza”.
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