Susana, l’ennesima vittima dell’ideologia trans
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Susana Domínguez guarda dei video su YouTube e si convince di essere un maschio. Psicologo e psichiatra la assecondano. Le vengono tolti seno, utero e ovaie: vita rovinata. La “disforia di genere” non c’entrava nulla. Ora fa ricorso, il primo del genere in Spagna, contro il Servizio Sanitario Galiziano. Intanto, la "Legge Trans" peggiora le cose in tutto il Paese.
Si sa che gli adolescenti - specialmente le adolescenti - hanno spesso un rapporto conflittuale con il proprio corpo. Ma dietro la vicenda della quindicenne Susana Domínguez, che oggi ha 24 anni, c’era qualcosa di più di un mero rifiuto del proprio aspetto.
Come ci racconta il quotidiano spagnolo El Mundo, Susana non si sentiva a suo agio nel proprio corpo tanto che, all’età di 15 anni, decise, o meglio si illuse, di “cambiarlo”: da uno femminile, donatole da madre natura ovvero da Dio Padre, ad uno maschile, ritagliato su misura per lei con bisturi e filo per sutura. Infatti l’allora quindicenne Susana, dopo dosi massicce di ormoni, decise di sbarazzarsi del seno, all’età di 18 anni, e dell’utero, a 19.
Poi, però, nel 2020 il pentimento, l’amaro pentimento. Quei disturbi che i dottori avevano qualificato come “disforia di genere”, non erano scomparsi tagliando e amputando. La ragazza, in quel 2020, andò dallo psicologo che la seguiva dicendogli che entrambi si erano sbagliati, che lui, senza nulla obiettare, aveva semplicemente assecondato la sua volontà di cambiamento maturata guardando dei video su YouTube. «È avvenuto tutto solo perché guardavo dei video su YouTube - racconta la ragazza -, video in cui alcune persone avevano cambiato sesso e dicevano che la loro salute mentale era migliorata». Come mettere in mano ad una persona mentalmente instabile un’arma carica.
Il professionista cercò di giustificarsi così: «Piangevi e così mi hai manipolato. Ma già allora sapevo che il cambio di sesso non ti avrebbe fatto sentire meglio». Stessa musica anche nell’incontro con la psichiatra da cui era in cura: «Ma tu eri molto sicura, molto sicura!». L’infelice così commenta: «Avevo 15 anni. Come mi hanno permesso di farlo? Come potevo essere sicura di ciò che volevo?». E intanto che la imbottivano di ormoni maschili e le toglievano seno, utero e ovaie, lei tentava più volte il suicidio.
La “disforia di genere” nulla c’entrava, dato che Susana, poi si scoprì, soffre di disturbi dello spettro autistico. Lei è furente per il fatto che né lo psicologo né la psichiatra si erano accorti di quale fosse la reale causa del suo malessere. Inoltre nessuno dei due aveva fatto indagini sul suo background genetico, altrimenti avrebbero scoperto che almeno sei persone della sua famiglia, tra cui la madre e due fratelli, soffrono di disturbi mentali. In realtà, come ammesso dallo psicologo, si erano accorti che la “disforia di genere” non c’entrava nulla. Ma il politicamente corretto ha infettato anche la medicina e, quindi, se una ragazza ti dice che vuole diventare “un ragazzo”, non puoi che assecondare le sue voglie. Ed ecco spiegato il motivo per cui, dopo solo dieci sedute, lo psicologo la indirizzò dall’endocrinologo per iniziare i trattamenti ormonali. Endocrinologo che consigliò alla madre, quando Susana decise di tornare sui propri passi, di continuare il percorso che invece l’avrebbe mascolinizzata.
La madre è giustamente disperata, come riporta sempre El Mundo: «“E adesso, che facciamo? Come risolviamo il problema?”. Sua figlia non ha più un sistema riproduttivo, né maschile né femminile. Ha preso ormoni maschili per anni e ora deve prendere ormoni femminili per tornare, per quanto possibile, al suo sé originale. I danni sono praticamente irreversibili».
Madre e figlia hanno quindi deciso di presentare ricorso contro il Servizio Sanitario Galiziano per errata diagnosi e perché non furono assistite in modo adeguato. Eh sì, perché la legge del 2014 che permette simili scempi non prevede l’assistenza psicologica durante l’iter per il “cambiamento” di sesso. Psicologo e psichiatra furono infatti trovati e pagati dalla famiglia di Susana. Questo perché la legge galiziana avalla l’assoluta autodeterminazione di chi vuole “cambiare” sesso, in modo simile alla “Legge Trans” recentemente approvata dal Parlamento spagnolo, che permette di “cambiare” sesso sin dai 14 anni e obbliga il professionista della salute, pena il pagamento di una sanzione di 150 mila euro, ad assecondare la volontà di “cambiare” sesso del paziente (papà e mamma invece rischiano la revoca della potestà genitoriale).
È la prima volta in Spagna che qualcuno fa ricorso a motivo del suo percorso di rettificazione sessuale. Il caso iberico rimanda a quello inglese di Keira Bell che, anche lei pentita del suo percorso di transizione sessuale, ottenne un risarcimento e la chiusura della clinica dove aveva subito l’operazione. La giustizia britannica sentenziò che Keira, all’età di 15 anni, non poteva essere così matura da prendere una decisione simile.
Dunque, non era il corpo di Susana ad essere sbagliato - e come poteva esserlo? - bensì era ed è la sua mente ad essere confusa. Mara Parellada, psichiatra dell'ospedale Gregorio Marañón di Madrid, specialista in autismo, suggerisce un legame tra questo disturbo e l'autodiagnosi di essere trans. A El Mundo spiega che «studi solidi dimostrano che ci sono molte più persone con disturbi dello spettro autistico che vanno a cambiare sesso nelle cliniche rispetto alla media della popolazione generale. E lo stesso sta accadendo nella cura delle persone con autismo: ce ne sono di più con la disforia di genere rispetto alla popolazione generale». Come mai le persone con autismo sono più propense a voler “cambiare” sesso? Risponde la Parellada: «L'autismo porta ad una minore comprensione delle convenzioni sociali e ad una propensione a non aderirvi. Il genere ha molte convenzioni. C'è anche uno sviluppo più lento dell'identità in molti casi. D'altra parte, la persona autistica soffre di un certo disadattamento sociale, che può portare a cercare tale adattamento in modi diversi».
«Com’è la tua vita adesso?», chiede a Susana il giornalista di El Mundo al termine dell’intervista. «Terribile», risponde lei.