Suicidio assistito, un inganno che svilisce l’uomo
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Una legge pro-suicidio sarebbe un disastro umano per l’Italia, come lo è già nei Paesi dov’è stata approvata. I malati hanno bisogno di cure, non di essere uccisi. Dal convegno Libertà o abbandono?, organizzato da Bussola e Pro Vita.

Se venisse approvata una legge che permette il suicidio assistito, sarebbe l’ennesimo attacco alla dignità umana e in particolare alla vita dei più fragili. I quali, invece, hanno bisogno di non essere lasciati soli, di amore, cure e servizi che ne accompagnino la vita. Questi i temi fondamentali al centro del convegno Libertà o abbandono? Il grande inganno del suicidio assistito, tenutosi martedì 24 giugno a Milano (Teatro Rosetum) e organizzato dalla Bussola insieme a Pro Vita & Famiglia. A moderare gli interventi, il vicedirettore della Verità, Francesco Borgonovo, che fin dall’inizio ha sottolineato come non ci sia alcun bisogno di una legge pro-suicidio e come il solo fatto di mettere in discussione la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale rappresenti una deriva.
La disperazione di chi vuole morire non si può scambiare per “libertà”. È quanto ha spiegato Toni Brandi, ricordando – anche alla luce della sua esperienza personale di reduce da un cancro al pancreas – che chi è disperato non è lucido. «Oggi sono qui grazie alle cure palliative, all’amore e alla presenza di mia moglie e di amici», ha detto il presidente di Pro Vita, spiegando che se all’epoca della malattia ci fosse stata una legge sul suicidio assistito avrebbe potuto cadere nella tentazione di un atto definitivo – come il darsi la morte – contrario al proprio stesso bene. Inoltre, «la vita è anche un bene sociale», perché siamo esseri umani in relazione gli uni con gli altri. Da qui, il dovere dello Stato di tutelare la vita e di investire su di essa, anziché sulla morte. Brandi ha ricordato l’esempio della dottoressa Vittorina Zagonel, ex direttrice dell’Istituto Oncologico Veneto, la quale «ha assistito migliaia di malati terminali. Nessuno le ha mai chiesto di morire, perché nessuno era solo». Lo Stato non può pensare al risparmio quando sono in gioco vite umane: «Oggi il vero scandalo è che il 77% dei pazienti adulti e l’85% dei bambini che ne avrebbero diritto non riceve cure palliative».
Riccardo Cascioli ha richiamato alcune premesse della legge sul suicidio assistito, prima tra tutte la legge sul divorzio (1970), che «ha provocato una disgregazione della famiglia. E noi sappiamo quanto, soprattutto in Italia, la famiglia sia stata un fattore fondamentale per la società, un fattore di unione, di capacità di assistenza, di sostegno alle persone più fragili. Disgregare la famiglia ha significato anche provocare una crescente solitudine, cioè persone sempre più sole». Dopo quella sul divorzio, altre leggi hanno creato in qualche modo il terreno socio-culturale per il suicidio assistito: la legge sull’aborto (1978), «con cui si è intaccato il valore della vita e si è favorita l’uccisione del più debole tra i deboli»; e quella sulle Dat (2017), che è stata un’altra negazione del principio dell’indisponibilità della vita, introducendo l’eutanasia nel nostro ordinamento.
Di questo passo, ragiona il direttore della Bussola, sarà legittimato pure l’omicidio del consenziente, altro caso che pende davanti alla Corte costituzionale, che ormai «interviene anche a livello legislativo», arrogandosi un ruolo che non le spetta. Cascioli ha richiamato poi la strategia perdente del “palettismo”, cioè del credere che con alcuni paletti si possa arginare il male. Una strategia «perdente dal punto di vista politico», come abbiamo visto con le leggi sull’aborto e sulla fecondazione artificiale; e sempre sbagliata sul piano dei principi, perché «non si può fare una battaglia in Parlamento per il male», anche se “minore” rispetto a quello temuto: piuttosto, si deve avere il coraggio di annunciare la verità tutta intera, così da formare le coscienze.
Ricco di spunti anche l’intervento di Maria Rachele Ruiu, secondo cui il suicidio assistito «è una risposta falsa a un vuoto che c’è oggi, perché il fine vita, il dolore, la sofferenza, la morte, ti obbligano a pensare chi sei, cosa stai facendo al mondo, perché sei qui e se vale la tua vita». In società come quelle occidentali – dove Dio è sempre più escluso e quindi svanisce anche la tensione alla vita eterna – non si trova più la risposta a queste domande. E così si fanno strada “soluzioni” semplicistiche come l’eutanasia e il suicidio. Invece, sottolinea la Ruiu, un sofferente ha bisogno di sentirsi dire dal suo prossimo: «Io resto con te». La portavoce di Pro Vita ha richiamato la sua personale battaglia contro un tumore: dopo la diagnosi, «si è mossa tutta una macchina, costosissima, per il mio bene»; e Maria Rachele ha potuto sperimentare tutta l’attenzione e la cura del personale del servizio sanitario nazionale, che è stata fondamentale perché lei, la sua famiglia, i suoi figli più piccoli potessero affrontare quella prova nel miglior modo possibile, nella consapevolezza che la vita vale sempre la pena di essere vissuta, anche quando costa fatica. Laddove invece si introducono dei “criteri” per ammettere il suicidio, vuol dire che si è già caduti in una logica eugenetica.
La Ruiu ha ricordato la lezione di Cicely Saunders e anche quella che ci viene da studi recenti: «Dove le cure palliative funzionano, le domande di eutanasia diminuiscono di dieci volte». E queste cure non riguardano solo gli ultimi momenti, come spesso si ritiene, ma sono state pensate per essere attivate molto prima, «per accompagnare il paziente e la famiglia», a conferma dell’importanza dell’aspetto relazionale.
Di estremo interesse l’intervento di Emanuel Cosmin Stoica, affetto da un’atrofia muscolare spinale che lo costringe in carrozzina. Stoica osserva che oggi «si fa fatica a guardare ciò che è fragile» e si è persa l’abitudine «ad essere amati, ad essere aiutati». Il problema è che si associa, errando, la dignità all’utilitarismo. E questa paura della fragilità ha aperto la strada al suicidio assistito, che «viene venduto come libertà, civiltà, progresso. Ma il suicidio assistito non è un diritto, è una resa. Lo Stato, o chi per esso, ti guarda negli occhi e ti dice: “Hai ragione, la tua vita non vale la pena, ti aiutiamo noi a togliertela”. E tutto questo viene presentato come atto di compassione, ma la compassione vera dovrebbe essere quella di accompagnare, di sollevare chi cade».
Stoica ha ricordato la deriva del Canada dove oggi una buona parte di persone si fanno ammazzare perché, come da loro stesso dichiarato, si sentono un peso. Ma lo stesso può dirsi degli altri Paesi dove eutanasia e suicidio assistito sono legali. «Questo è il progresso che vuole anche l’Italia?», si chiede Stoica, secondo il quale alla fine, di questo passo, «resteranno quelli perfetti, quelli utili, quelli che producono. Questa cosa negli anni Quaranta aveva anche un nome, si chiamava Aktion T4 e la facevano i nazisti».
Invece, se si vuole aiutare un disabile, bisogna investire sulle cure, sui servizi. Contro la menzogna della cosiddetta “morte con dignità” propagata dai Radicali, serve una società che non cerchi misure pro-suicidio, ma «ci permetta – conclude Stoica – di vivere dignitosamente».
Suicidio assistito, cosa insegna il caso Abruzzo
Il Consiglio regionale abruzzese ha bocciato un progetto di legge sul suicidio assistito. Per il consigliere D’Amico è una bocciatura assurda perché in Italia c’è già la legge 219. Un’argomentazione corretta, ma con premesse errate. Perché il problema all’origine è proprio quella legge.
Suetta: sul suicidio assistito nessun compromesso è possibile
«Non si può mai perseguire il male, neanche se è minore rispetto a una situazione che si prospetta peggiore». «Affermare la bontà e la necessità delle cure palliative non significa aprire ad altri tipi di intervento». «La priorità della Chiesa è la formazione delle coscienze». Il vescovo di Ventimiglia-Sanremo interviene nel dibattito sul suicidio assistito. Stasera il convegno a Milano di Bussola e ProVita.
Suicidio assistito, la strategia perdente del "palettismo"
Un convegno a Milano domani sera, organizzato da Bussola Quotidiana e ProVita&Famiglia, chiarirà gli inganni delle proposte di legge sul suicidio assistito e la vera posta in gioco in questa battaglia.