Stop all'educazione woke, più libertà di educazione: la ricetta Trump
Donald Trump dà inizio a un processo di profonda riforma nell’istruzione pubblica statunitense. Si cerca di cambiare il sistema scolastico enfatizzando la libertà di scelta dei genitori.
Tre ordini presidenziali di Donald Trump, fra il 29 e il 30 gennaio, danno inizio a un processo di profonda riforma nell’istruzione pubblica statunitense. Cercando, prima di tutto, di affrontare a testa bassa i problemi peggiori, affrontati da studenti e genitori, negli ultimi anni, tutti causati da varie manifestazioni della “rivoluzione woke”. Ma c’è qualcosa in più: si cerca di cambiare il sistema dell’istruzione pubblica enfatizzando la libertà di scelta dei genitori, come da tradizione conservatrice.
L’ordine che fa discutere maggiormente gli americani, a giudicare dal “rumore” mediatico che ha prodotto, è quello con cui si negano i fondi pubblici federali alle scuole che insegnano gender e teoria critica della razza. Per la maggioranza dei genitori si tratterà, molto probabilmente, di un ritorno alla normalità. «L'imposizione di ideologie antiamericane, sovversive, dannose e false sui bambini della nostra nazione – recita l’ordine esecutivo - non solo viola in molti casi le leggi di lunga data contro la discriminazione dei diritti civili, ma usurpa l'autorità genitoriale di base. Ad esempio, indirizzare gli studenti verso mutilazioni chirurgiche e chimiche senza il consenso o il coinvolgimento dei genitori o consentire ai maschi l'accesso a spazi privati destinati alle femmine può contravvenire alle leggi federali che proteggono i diritti dei genitori, tra cui il Family Educational Rights and Privacy Act (FERPA) e il Protection of Pupil Rights Amendment (PPRA), e l'uguaglianza e le opportunità basate sul sesso, tra cui il Titolo IX degli emendamenti all'istruzione del 1972 (Titolo IX). Allo stesso modo, chiedere l'acquiescenza al “privilegio bianco” o al “pregiudizio inconscio”, in realtà promuove la discriminazione razziale e mina l'unità nazionale».
Trump non vieta l’insegnamento di queste materie, né avrebbe il potere di farlo in un sistema federalista come quello statunitense. Ma ha comunque modo di negare i fondi pubblici federali, pagati da tutti gli americani, per sostenere il loro insegnamento. Tuttavia, invita a ricorrere alla giustizia contro quelli che sono veri e propri abusi legalizzati, ormai da troppo tempo, soprattutto in materia di transizione di genere: «Il Procuratore Generale si coordinerà con i procuratori generali dello Stato e i procuratori distrettuali locali nei loro sforzi per far rispettare la legge e presentare azioni appropriate contro gli insegnanti e i funzionari scolastici pubblici che violino la legge: sfruttando sessualmente i minori; esercitando illegalmente la professione medica offrendo diagnosi e trattamenti senza la necessaria licenza; oppure facilitando in altro modo illegalmente la transizione sociale di genere (non chirurgica, ndr) di uno studente minorenne».
Da quel che Trump sta abolendo, si capisce l’anomalia a cui si era arrivati nelle scuole americane, se insegnanti si improvvisavano medici o psicologi e incoraggiavano la transizione di genere. O si comportavano da ideologi e condannavano i bianchi, in quanto portatori di colpe storiche. Eppure la sinistra culturale fa orecchie da mercante e nega l’esistenza del problema. Ad esempio Trey Walk, ricercatore e sostenitore di Human Rights Watch, ha dichiarato a Voice of America che gli studenti hanno il diritto di apprendere come la discriminazione possa essere radicata nella legge e nella società. «Se gli Stati Uniti negano ai giovani queste conoscenze, hanno poche speranze di sradicare il razzismo». Ma con il pretesto del “razzismo sistemico” si stava negando il diritto di parola a chiunque non facesse pubblica ammenda per le colpe collettive della civiltà europea. La Fire, Foundation for Individual Rights and Expression, ha censito centinaia di casi di emarginazione, sospensione e licenziamento di professori “non allineati” a tutti i livelli di istruzione.
Invece che finanziare questo tipo di insegnamento, ideologico e discriminatorio, il flusso dei fondi federali, con un altro ordine esecutivo, verrà reindirizzato a quei programmi che facilitano la libertà dei genitori. Una decina di Stati ha implementato sistemi simili a quello che in Italia chiamiamo “buoni scuola”, aiutando le famiglie a scegliere la miglior scuola per i loro figli. «Questi Stati hanno evidenziato la strada più promettente per la riforma dell'istruzione – si legge nell’ordine presidenziale - la scelta educativa per le famiglie e la concorrenza per le scuole pubbliche assegnate a livello locale e gestite dal governo. Il crescente numero di ricerche più affidabili dimostra che i programmi di libertà educativa ben progettati migliorano i risultati degli studenti e fanno sì che le scuole pubbliche vicine migliorino le loro prestazioni».
Questa sarà, d’ora in avanti, la tendenza dell’amministrazione Trump. Dalla campagna elettorale aveva annunciato di voler abolire del tutto il Dipartimento dell’Istruzione. Non lo ha ancora fatto, nominando al suo vertice l’imprenditrice Linda McMahon, non ancora confermata dal Congresso e molto chiacchierata dai media perché fondatrice del World Wrestling Entertainment, la maggior federazione di lotta libera americana, ma con poca esperienza nell’ambito dell’istruzione pubblica (era però segretaria dell’Istruzione dello Stato del Connecticut, nel 2009). Ma il suo ruolo sarà, appunto, quella della liquidatrice. Il potere di gestire l’istruzione passerà agli enti locali, al massimo agli Stati, creando un ambiente più favorevole alla libertà di scelta dell’educazione. Questa è solo una fase di transizione.