Don Bosco e la buona stampa, mezzo per salvare le anime
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San Giovanni Bosco raccomandava di diffondere buoni libri «per la gloria di Dio e la salute delle anime». Lui stesso, con enorme sacrificio, si dedicò a quest’opera – in mezzo a tante altre – scrivendo circa 150 tra libri e opuscoli.
Si sente ancora odore d’inchiostro nella vecchia tipografia salesiana a Torino, in via Maria Ausiliatrice, al numero 32. Se per un attimo si rimane in silenzio, ancora è possibile ascoltare (o almeno immaginare) il rimbombo delle macchine da stampa. Rulli, torni, lettere di piombo sparse: tutto ha sapore di stampa. L’approvazione per la tipografia, san Giovanni Bosco (16 agosto 1815 – 31 gennaio 1888), di cui oggi si celebra la memoria liturgica, la ebbe nel 1861. L’anno seguente, cominciò l’attività con piccoli macchinari per stampare i primi volumi di una proficua attività editoriale. Nel giro di pochi anni quel luogo divenne un tesoro dell’arte tipografica torinese.
Profeta e visionario, un uomo che camminava con i tempi, superandoli, don Bosco. A partire dal 1877, diede vita anche a un laboratorio chimico-fotografico, fino ad arrivare a ordinare persino una delle più innovative macchine dell’epoca per realizzare ampi fogli di carta. Dopo aver comprato una piccola cartiera a Mathi, un comune a 25-30 chilometri da Torino, si fece inviare da Zurigo, dalla ditta Escher-Wyss, una “macchina continua” che fu addirittura esposta all’Esposizione Generale di Torino nel 1884.
La sua attenzione per la stampa si legava dunque a un interesse particolare per gli stessi macchinari tipografici: pragmatismo e spiritualità in un connubio perfetto. Facile immaginare lui, san Giovanni Bosco, aggirarsi fra quei macchinari, attento che il tutto fosse ben stampato. Il sacerdote piemontese rappresenta davvero una santità “variopinta”: uomo e sacerdote vicino agli ultimi, a chi non poteva permettersi l’istruzione; fine intelletto; sacerdote di preghiera e di studio; instancabile pedagogo; uomo divenuto sacerdote grazie all’ausilio della Vergine Maria. Le sfaccettature della biografia di don Bosco sono molteplici, tutte preziose. Ma fra tutte queste attività, forse, la più innovativa rimane quella della stampa, dell’aver dato così grande importanza alla comunicazione.
Già nelle prime Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales (1875) troviamo ben spiegate le finalità della stampa per san Giovanni Bosco. Il santo auspica che i salesiani si impegnino «a diffondere buoni libri nel popolo usando tutti quei mezzi che la carità cristiana ispira». Il 19 marzo 1885, festa di san Giuseppe, in una lettera circolare inviata ai suoi confratelli scrive: «Fra questi (mezzi di apostolato) che io intendo caldamente raccomandarvi, per la gloria di Dio e la salute delle anime, vi è la diffusione dei buoni libri. Io non esito a chiamare Divino questo mezzo, poiché Dio stesso se ne giovò a rigenerazione dell’uomo. Furono i libri da esso ispirati che portarono in tutto il mondo la retta dottrina. Tocca adunque a noi imitare l’opera del Celeste Padre». Don Bosco definisce «Divino» il mezzo della stampa e scrive di «retta dottrina». Una buona stampa per la gloria di Dio e la salute delle anime: termini precisi che riescono a sintetizzare tutto il rapporto che il santo ebbe con la comunicazione cattolica.
Sempre nella stessa lettera circolare del 1885, scrive: «Il buon libro entra persino nelle case ove non può entrare il sacerdote, è tollerato eziandio dai cattivi come memoria o come regalo. Presentandosi non arrossisce, trascurato non s’inquieta, letto insegna verità con calma, disprezzato non si lagna e lascia il rimorso che talora accende il desiderio di conoscere la verità; mentre esso è sempre pronto ad insegnarla». Vi è poi una frase che richiama fortemente l’attenzione: per il sacerdote piemontese è proprio la stampa a risultare «una tra le precipue imprese che mi affidò la Divina provvidenza». Dunque, lo scrivere e pubblicare opere cattoliche era per lui una missione da vivere alla stessa stregua di quella di sacerdote.
Una missione che ha visto una proliferazione di testi davvero impressionante. Sfogliando il catalogo delle pubblicazioni che sono state redatte per suo volere, si comprende bene la variegata tipologia della stampa prodotta. Cerchiamo, allora, di far un po’ d’ordine fra così copiose pagine. Abbiamo un primo filone di libri che rappresentano gli Scritti dello stesso don Bosco: memorie; storie; compendi e profili anche sociologici dell’epoca. Riguardo poi l’attività “giornalistica” di san Giovanni Bosco, vi sono gli articoli (attribuiti o attribuibili sempre allo stesso santo piemontese) redatti per il Bollettino Salesiano. Poi, ci sono libri di vario genere (diverse le tematiche affrontate: dottrina e storia della Chiesa, soprattutto) e opuscoli religiosi. A questi, si aggiungono le varie circolari all’interno della congregazione, i programmi, gli appelli.
Ma perché scrive così tanto san Giovanni Bosco? È necessario ricordare che per il sacerdote piemontese la scrittura è uno dei mezzi più importanti per formare soprattutto i giovani alla vita cattolica e sociale del Paese. Certamente impressiona la mole di questi scritti, pensando anche al poco tempo a disposizione tra viaggi, missioni, la sfida educativa di Valdocco e tanti altri impegni che possiamo solo immaginare. E poi, vi è un dato che va evidenziato: la chiarezza con la quale sono redatti. «Don Bosco, d’ingegno versatile, non pretese di essere un dotto o un letterato ma divenne uno scrittore apprezzato vincendo le difficoltà dell'italiano, limando la lingua in modo da renderla sempre più chiara, semplice e corretta. Compì quest'opera, tra le tante che lo assillavano, con immenso sacrificio personale, avendo solo di mira il bene delle anime» (don Natale Cerrato SDB, Don Bosco e il suo stile, Elledici, 2024, Torino).
Ma quali sono le opere redatte dal fondatore dei salesiani? Ci sono, prima di tutto, i libri biografici, scolastici o parascolastici: Cenni storici sulla vita del chierico Luigi Comollo (1844), Il sistema metrico decimale (1849), La Storia d’Italia (1855), Vita del giovanetto Savio Domenico (1859), Cenno biografico sul giovanetto Magone Michele (1861), Il pastorello delle Alpi (1864), La casa della fortuna (1865), eccetera. Poi troviamo altri testi a supporto del catechismo dei ragazzi: Storia ecclesiastica ad uso delle scuole (1845), Il cattolico istruito nella sua religione (1853), Vita di S. Pietro (1856), Vita di S. Paolo apostolo (1857), Fondamenti della cattolica religione (1872). Questi sono solo alcuni dei titoli della sua vastissima produzione: se ne contano, in totale, circa 150. Tutte opere della “buona stampa” cattolica che, anche se sono trascorsi così tanti anni, conservano la freschezza di una fede semplice e diretta. Esemplare, soprattutto.