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Cure precoci

Speranza prende un brufen per coprire le sue bugie

Dopo la pubblicazione di Lancet sugli antinfiammatori, Speranza cerca di correre ai ripari dicendo che «gli antinfiammatori li abbiamo sempre indicati». Ma non è vero e così mostra i suoi errori: nelle linee guida sono stati sempre indicati male, in ritardo e a vantaggio del paracetamolo, che è stato erroneamente accomunato ad un FANS. Si è trattato di due approcci opposti: vigile attesa contro cura precoce. Hanno scelto il primo, ma il vincente era il secondo. 
- VIDEO-EDITORIALE: LE BUGIE DI SPERANZA

Attualità 30_08_2022

Il ministro uscente della Sanità Roberto Speranza, si serve della campagna elettorale per difendere l’operato del suo ministero e in occasione della pubblicazione dello studio del Mario Negri su Lancet, in cui si sdogana finalmente l’uso precoce degli antinfiammatori come chiave per ridurre le ospedalizzazioni, si fa intervistare per dire che il ministero ha sempre indicato gli antinfiammatori.

«Le direttive del Ministero hanno sempre indicato gli antinfiammatori, ma questo argomento è stato utilizzato da chi dice che ci sono le cure e che quindi non serve vaccinarsi, invece i vaccini sono il game changer perché prima eravamo in grande difficoltà», ha detto intervistato senza contraddittorio al Tg2 domenica.

Dunque, secondo Speranza, il concetto di vigile attesa e paracetamolo è una trovata no vax? Gli antinfiammatori (FANS) sono sempre stati indicati dai protocolli di cura?

Ma stanno davvero così le cose?

No, e la Bussola in questi due anni lo ha ampiamente dimostrato.

CURE ASSENTI FINO A DICEMBRE 2020
Nel dicembre 2020 ad esempio,
scrivevamo che, andando a spulciare i verbali del CTS (Comitato Tecnico Scientifico) dall’inizio della pandemia nel febbraio 2020 alla fine della prima ondata (maggio 2020) da nessuna parte si parlava espressamente e organicamente di cure. Significa che l’organismo di consultazione principale scelto dal ministero di Speranza, che aveva facoltà di decidere anche gli orari in cui un italiano poteva uscire di casa, non ha mai affrontato il tema delle cure domiciliari precoci nella cura del Covid. Si parlava tanto di cure per l’ospedalizzazione dei pazienti, ma dell’uso degli antinfiammatori nei primi mesi della campagna non si è mai fatto cenno.

Per arrivare a un protocollo di cura ministeriale bisogna aspettare il 30 novembre 2020. Una circolare firmata dal direttore generale Gianni Rezza sulla Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2 impartisce finalmente qualche dritta.

IL "PRIMATO" DEL PARACETAMOLO
Ma di che cosa si trattava?
Come scrisse su queste colonne il professor Alessandro Capucci, «sembra scritto per preparare i pazienti ad andare in ospedale». Il motivo era semplice: venivano elencati tutti i farmaci da non somministrare mentre l’unico farmaco convintamente e tenacemente proposto era il paracetamolo.

Si trattava di linee guida sbagliate, alla luce delle risultanze odierne, ma che già all’epoca si potevano intuire facilmente, come hanno fatto molti medici, che invece continuarono a curare in scienza e coscienza senza farsi fuorviare da un protocollo che al primo posto metteva la Vigile attesa.

Tachipirina & vigile attesa, infatti, non è uno slogan no vax inventato per denigrare il ministero, ma è quanto si prescrive nei primi tre punti delle indicazioni per i pazienti paucisintomatici a domicilio (vedi a pagina 10): Vigile attesa, Misurazione della saturazione, trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo). Non si parla certo di terapia precoce a base di FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) cosa che invece si sarebbe dovuta fare anche con quel tipo di pazienti.

L’unico punto in cui si parla di FANS, invece, è poco più avanti (pagina 12) dove vengono date le raccomandazioni Aifa sui farmaci Covid 19. «Paracetamolo o FANS possono essere utilizzati in caso di febbre o dolori articolari o muscolari».

GUERRA AI FANS
E qui si chiarisce l’errore di fondo: il paracetamolo è un principio attivo diverso da quello dei FANS
. Come qualunque laureato in medicina sa, senza neanche bisogno di dare l’esame di abilitazione, l’antinfiammatorio è una cosa, il paracetamolo, che ha proprietà importanti antipiretiche e antidolorifiche, un’altra cosa. Aver accomunato il paracetamolo all’antinfiammatorio  come se si trattasse di due sintomatici equivalenti quando invece molti antinfiammatori hanno una funzione curativa, è stato l’errore più grande come si trattasse di farmaci equivalenti. Un errore che ha condizionato in peggio l'evoluzione del controllo pandemico in tutto il Paese.

A complicare le cose, inoltre, ci fu una campagna denigratoria verso tutti i farmaci antinfiammatori, come dimostrano il titolo di Repubblica del 16 marzo 2020 e articoli specifici contro l’ibuprofene, che invece oggi viene pienamente riabilitato. Con premesse di questo tenore, il medico, forte del consiglio Tachipirina & vigile attesa, non ha fatto altro che somministrare il paracetamolo, abbassando la febbre nel migliore dei casi, ma lasciando l’infiammazione libera di scorrazzare fino ai polmoni.

Il caso lieve, da trattare con paracetamolo e vigile attesa veniva definito tale in presenza anche di tosse, faringodinia (mal di gola) e congestione nasale: eppure quelli erano sintomi che si dovevano aggredire subito con un antinfiammatorio appropriato, come è stato dimostrato dalla review di Lancet. Per aggredire fin da subito il virus e mettere il proprio corpo nelle condizioni di contrastarlo.

VIGILE ATTESA VS CURE PRECOCI
Che la strategia del Ministero di Speranza sia stata ritardataria
e abbia favorito le ospedalizzazioni lo prova anche lo specchietto pubblicato a pagina 9 del documento: il paziente a basso rischio, quindi, quello da trattare con il solo tele monitoraggio, è quello che ha la “febbre superiore a 38° da meno di 72 ore”. Tre giorni con 39 di febbre da trattare con il solo paracetamolo.

Quale medico si sentirebbe in coscienza tranquillo con una prescrizione di questo tipo? Eppure, è quanto il Ministero raccomandava. Infatti, i protocolli di cura dei medici che andavano nelle case a curare (Mangiagalli, Cavanna, ma anche Ippocrateorg e tanti altri come Stramezzi, Giovanardi etc ...) parlavano di terapia antinfiammatoria immediata, entro i primi tre giorni dalla comparsa dei sintomi. Nessuno di loro ha aspettato a somministrare cure dopo tre giorni di febbre a 39.

Ora, Speranza, che ha una fifa blu di non essere rieletto nel collegio di Napoli, cerca di correre ai ripari, ma documenti come questo analizzato dalla Bussola dimostrano una sola cosa: che il concetto di intervento precoce a domicilio a base di antinfiammatori non è mai entrato negli uffici del Ministero e negli ambulatori di gran parte dei medici di medicina generale d’Italia. Il risultato è stato il peggioramento delle condizioni dei pazienti, il loro ricovero in ospedale e nel peggiore dei casi il loro decesso.

La storia della lotta al covid è molto semplice ed è sintetizzata dallo scontro tra due approcci differenti: vigile attesa contro cura precoce. Si scelse la prima strada, ma la seconda era quella vincente.