Salta il voto in maschera. Rimane la figuraccia
Prima una circolare firmata dai ministri Speranza e Lamorgese che sanciva l’assurdo obbligo della mascherina domenica 12 ai seggi. Poi, mentre pendeva il ricorso della Lega al Tar, il dietrofront degli stessi ministri: non più obbligo, ma “forte raccomandazione”. Rimane l’ennesima bizzarria del Governo Draghi, che usa la mascherina per allarmare, contro ogni logica.
Al supermercato, dove ci si trattiene anche per più di mezz’ora e ci si accalca alle casse, non sono più necessarie. Al ristorante, dove ci si rilassa per ore, vengono ritenute inutili. Alle urne, dove ci si muove ovviamente in maniera isolata, per garantire la segretezza del voto, e si staziona per pochi minuti, le mascherine sarebbero state invece ancora obbligatorie, se ieri sera, alle 20.12, il Governo non si fosse ravveduto. Non siamo su “Scherzi a parte”, purtroppo stiamo raccontando un’altra puntata della farsa della politica italiana.
Il Governo italiano, unico in Europa e forse nel mondo, continua a fornire quotidianamente, col colpevole megafono dei media, gli inutili dati sui “casi Covid”, mentre a 30 gradi la gente sogna il mare e vorrebbe sentir parlare di un’Italia che riparte, non di un virus che non fa più paura da mesi e che ora ossessiona soltanto le persone più spaventate. Le sottovarianti del Covid che circolano in altri Stati non provocano ricoveri o vittime, ma sono solo la conferma di quanto gli scienziati sostengono da tempo: almeno fino all’autunno, il depotenziamento del virus può far dormire sonni tranquilli e il periodo attuale dovrebbe davvero essere sfruttato dalle autorità di ogni Stato per riaccendere i motori dell’economia e dell’intenso vivere sociale e per consentire alle persone di tornare alla “vecchia normalità”, che rimane comunque quella preferita e sognata dalla maggioranza dei cittadini.
La questione mascherine rimane l’emblema di una gestione della pandemia viziata da numerosi errori di prospettiva e valutazione da parte delle autorità sanitarie italiane, che ancora oggi continuano a imbavagliare gli studenti, anche con temperature estive e con una situazione epidemiologica assolutamente rassicurante. Perfino i virologi insistono sull’inutilità della misura, eppure il governo persevera. Nelle ultime ore si percepiscono scricchiolii anche nella squadra di governo, perché alcuni ministri, rendendosi conto dell’assurdità di certe misure, vorrebbero rivederle. Il partito dell’intransigenza, che vorrebbe prolungare l’obbligo delle mascherine sui mezzi di trasporto, continua ad essere maggioranza, ma con molti distinguo, almeno dietro le quinte.
Ma ieri sera abbiamo avuto un’ulteriore testimonianza dell’atteggiamento ondivago dell’esecutivo in materia di Covid. In una circolare firmata a quattro mani dal ministro della Salute, Roberto Speranza e da quello degli Interni, Luciana Lamorgese, è stato rettificato quanto detto in un’altra circolare precedente firmata sempre da loro due. I ministri hanno definito “fortemente raccomandato” ma non obbligatorio l’utilizzo delle mascherine chirurgiche ai seggi. Invece, fino a ieri sera alle 20.12, veniva sancito l’obbligo, per chi si recherà domenica ai seggi per le elezioni amministrative e per i referendum, di indossare la mascherina. Nelle urne, si sa, vige di per sé la distanza, e questo ai fini di una discrezione nel momento dell’esercizio del diritto di voto. Si arriva ai seggi con il certificato elettorale e occorre farsi riconoscere, quindi verificare che il titolare di quel documento sia effettivamente colui che sta per esercitare il diritto di voto. Dunque, la mascherina sarebbe stata ostativa al riconoscimento della persona. Davvero un paradosso: inutile e perfino dannosa, sia per la salute, sia per la regolarità delle operazioni di voto. Eppure, veniva introdotta come obbligatoria, prima del ravvedimento di ieri sera.
C’è chi sospetta possa trattarsi di un subdolo boicottaggio del referendum. Già la gente ha poca voglia di andare alle urne domenica, poi se avesse saputo che avrebbe dovuto ricordarsi di portare la mascherina e indossarla anche, facendo la coda, sarebbe stata molto più propensa a rinunciare.
La Lega, tra i soggetti promotori del referendum, aveva subito pensato di ricorrere al Tar, che con urgenza avrebbe dovuto pronunciarsi sulla validità della circolare dei due ministri del Governo Draghi per stabilire se fosse legittimo l’obbligo di mascherine durante le votazioni. È evidente che, se non si dovesse raggiungere il quorum, la colpa non sarà certamente del prospettato obbligo di mascherina ai seggi, però questa incertezza potrebbe aver in qualche modo inciso. Tale misura, per fortuna rivista, non avrebbe fatto altro che legittimare l’assurdità di chi continua ad andare in giro con la mascherina quando cammina per strada da solo o addirittura quando guida l’auto. Nei mezzi pubblici, invece, dove l’obbligo rimane ma non viene fatto rispettare, si notano tanti passeggeri con la mascherina sotto il mento o addirittura fra le dita. Regna, dunque, l’anarchia. Un governo attento a sintonizzarsi sull’onda degli umori della gente dovrebbe sancire solennemente la fine di ogni restrizione, lanciando messaggi liberatori e di ripartenza nei luoghi-simbolo come le scuole.
La farsa degli “stop and go” sulla mascherina ai seggi conferma la confusione siderale che avvolge l’azione dell’attuale esecutivo, privo di una bussola e prigioniero degli umori dei singoli ministri che sul Covid non sanno chiaramente in quale direzione orientare la loro azione. Nei giorni scorsi, il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha usato toni apocalittici (“Chissà quando potremo toglierle nelle aule queste mascherine”), contribuendo a rendere l’Italia “maglia nera” nella geografia degli Stati che hanno combattuto il Covid. Lui e i suoi colleghi non si rendono ancora conto che per trasmettere messaggi vincenti alla popolazione e ai potenziali turisti è indispensabile farla finita con la narrazione catastrofista della pandemia. C’è quindi da confidare che scivoloni come quello sulle mascherine ai seggi non si ripetano, al fine di non togliere ulteriore credibilità, agli occhi dell’opinione pubblica, alla strategia seguita dall’Italia negli ultimi due anni in materia di azioni di contrasto al Covid.