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LINEE GUIDA SBAGLIATE

RU 486, il bambino che non si vuole vedere

Dove finiscono i resti mortali dei bambini abortiti con la RU486? Con le nuove linee guida sulla RU486 la donna espelle il feto non più in ospedale, ma soprattutto a casa o laddove ha la sventura di essere. Dunque la 194 occulta il bambino abortito perché anche i bambini capirebbero al volo che l’aborto è un assassinio.

Editoriali 22_09_2020

Dove finiscono i resti mortali dei bambini abortiti con la RU486? Prima della pubblicazione delle nuove linee guida avvenuta nell’agosto scorso, i corpicini abortiti con la suddetta pillola, al pari di quelli abortiti chirurgicamente, potevano avere un doppio destino. O finivano nei rifiuti speciali e quindi, infine, nell’inceneritore oppure trovavano sepoltura grazie ad apposite convenzioni con realtà associative quali l’Associazione difendere la vita con Maria (ADVM) che nell’arco di poco più di una ventina di anni ha dato degna sepoltura a ben 360mila bambini mai nati. Tale pratica, oltre che essere comandata dal Magistero (cfr. Donum vitae), è giuridicamente legittima (cfr. Dpr 285/90, artt. 7 e 50).

Con le nuove linee guida sulla RU486, invece, la donna espelle il feto non più in ospedale, ma soprattutto a casa o, peggio, se è stata poco accorta, al lavoro, in treno, insomma laddove ha la sventura di essere. Il bambino quindi – il lettore perdonerà il crudo realismo – finirà il più delle volte nel wc o nella spazzatura di casa.

Qualche giorno or sono allo scrivente è stato posto un quesito da parte di Alberto Cerutti, coordinatore nazionale della già citata ADVM: lo smaltimento del corpicino tra le mura domestiche avviene nel rispetto della normativa vigente? La risposta ci pare chiara: no. Dato che, come ricordato, sono solo due le soluzioni che la normativa corrente permette di adottare, le modalità domestiche prima accennate non rientrano in nessuna delle due.

La conclusione apre almeno a due riflessioni, una di carattere giuridico, l’altra di natura culturale. In merito alla prima viene in evidenza che le nuove linee guida oltre ad essere illegittime, come avevamo già ricordato, sono anche lacunose perché, tra le varie falle presenti in queste linee guida, non indicano come i feti abortiti fuori dalle strutture ospedaliere potrebbero essere smaltiti in qualità di rifiuti speciali o come potrebbero venire raccolti per essere destinati alla sepoltura. Una dimenticanza che è indice del fatto che per il Ministro Speranza - ovviamente non solo per lui - il feto vale meno di zero, è solo un ectoplasma.

Questa conclusione ci traghetta alla seconda riflessione di carattere invece culturale. Già con l’aborto chirurgico il feto era il grande assente perché per la 194 esiste solo la donna: non il bambino e nemmeno il padre (a cui la legge dedica solo una riga), né i nonni. Lo aveva bene capito il compianto Mario Palmaro il quale nel suo libro Aborto & 194. Fenomenologia di una legge ingiusta aveva scelto come immagine di copertina la riproduzione di un celebre quadro di Van Gogh: La sedia di Gauguin, in cui è ritratta solo una sedia vuota, non occupata da nessuno. Il bambino abortito nell’immaginario collettivo deve sparire: ecco perché quasi nessuno ha mai visto un aborto.

Eppure si continua a dichiarare che l’aborto è un diritto e allora se è un diritto, quindi un bene giuridico, perché non mostrarlo? Non sarebbe necessario farlo anche al fine di avere dalla donna un consenso realmente informato? Mandiamo giustamente scolaresche intere ad Auschwitz per mostrare loro a quali vertici di crudeltà sia arrivato l’uomo e non facciamo mostrare, non dico ai ragazzi, ma al popolo adulto un aborto, considerato non da pochi un vertice dei diritti civili? Si risponderà che così si fa terrorismo psicologico. Ma non è lo stesso per le gite nei campi di concentramento? E poi non è chi mostra un aborto a terrorizzare, bensì è la realtà mostrata ad essere terrificante. Ma se è terrificante vuole dire che quella massa organica maciullata dall’aborto è una persona, non un grumo di cellule. Volevamo vincere il referendum sull’aborto e vogliamo oggi iniziare a smantellare pezzo dopo pezzo la 194, abortendola una volta per tutte? Facciamo vedere cosa è un aborto. I radicali non si sono fatti scrupolo di mostrare i visi sfigurati dalla malattia di Piergiorgio Welby e di DJ Fabo per portare acqua al loro mulino.

Dunque la 194 occulta il bambino abortito perché anche i bambini capirebbero al volo che l’aborto è un assassinio. La decisione di Speranza di far abortire a casa le donne è figlia di questo spirito omertoso e rende ancor più fantasmatico il bambino. È diventato talmente una cosa che si può buttare nel water oppure nella spazzatura. Non conta davvero più nulla.

Però è anche vero, come mi ricordava il già citato Cerutti, che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Nell’aborto chirurgico la donna subisce la procedura abortiva, ma non vede la procedura abortiva, o perché la stessa avviene in anestesia totale o perché, nel caso di anestesia locale, davanti agli occhi della madre c’è un telo verde che le impedisce di vedere alcunché. Nell’aborto domestico con RU486 invece la donna vede tutto e assiste in diretta, spesso da sola, all’espulsione del figlio ormai morto. Ecco allora che quella sedia vuota torna ad essere drammaticamente occupata. Quel fantasma torna a bussare alle porte delle nostre coscienze.