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IL CONFRONTO

Pro vita negli Usa e in Italia: quali differenze?

Negli Stati Uniti la lotta all’aborto è più incisiva perché il tema è sia de-confessionalizzato sia confessionale. Le campagne pro life hanno fatto comprendere che la difesa della vita attiene alla morale naturale prima che alla fede. Ma al contempo i vescovi hanno continuato a combattere l’aborto. Un risveglio delle coscienze in Italia può allora avvenire su un duplice livello.

Vita e bioetica 18_11_2021

Una piccola notizia, ma di grande peso. La cittadina di Anson, in Texas, è diventata la 42^ città negli Stati Uniti a vietare l’aborto sul suo territorio e la 38^ nel Texas. L’ordinanza di Anson che vieta l’aborto così regolamenta: “Sarà illegale per qualsiasi persona procurare o eseguire un aborto di qualsiasi tipo e in qualsiasi fase della gravidanza nella città di Anson, in Texas. Sarà illegale per qualsiasi persona aiutare o favorire consapevolmente un aborto che si verifica nella città di Anson, in Texas”. Buone notizie di questo tipo che arrivano dagli Usa si sono intensificate nell’ultimo periodo, ma sempre ci sono state a dire la verità. Pensiamo all’ultima, in ordine di tempo, che riguarda il numero di aborti dimezzati grazie alla neo-legge sull’aborto varata dal Texas. Oppure, andando indietro di qualche mese, alle numerose iniziative pro-vita volute dall’amministrazione Trump.

Una città che da noi vieti l’aborto sarebbe impensabile, sia perché impossibile dal punto di vista giuridico (un’amministrazione comunale non avrebbe il potere di normare la materia aborto, tanto più contraddicendo la ratio della Legge 194), sia soprattutto culturale. Perché gli States sono molto più avanti di noi nella lotta contro l’aborto? Le motivazioni sono plurime e molto legate una all’altra. Qui vogliamo metterne in evidenza una. L’aborto negli States è diventato un tema de-confessionalizzato e nello stesso tempo anche confessionale. Tentiamo di spiegare meglio questa affermazione apparentemente contraddittoria.

Negli Usa le campagne pro life sono riuscite a far comprendere che una persona può essere contro l’aborto e a favore della vita prescindendo dalla sua appartenenza religiosa, posto che ne abbia una. In altre parole, il tema aborto ha trovato anche una sua collocazione culturale non esclusivamente e squisitamente confessionale proprio perché tema che attiene alla morale naturale prima che alla fede. L’aborto è quindi diventato un problema davvero sociale, al pari di lavoro, immigrazione, ambiente, etc. Ecco allora la possibilità da parte dei politici di far entrare il tema aborto nei programmi elettorali, di proporre disegni di legge pro life, di lanciare iniziative a favore della vita nascente.

Su altro fronte l’aborto non ha cessato di avere una valenza religiosa. La Conferenza episcopale americana più volte si è espressa su questo tema così come i singoli vescovi. La stessa March for Life di Washington vede partecipi molte confessioni religiose. Parimenti i politici repubblicani spesso saldano il loro impegno per la vita al proprio credo. Dunque la lotta all’aborto si articola sul piano naturale e su quello soprannaturale, due piani distinti, autonomi ma anche connessi.

Da noi la musica è profondamente diversa. Di aborto non si parla se non nello stretto giro dei circoli pro life. Il tema torna di attualità sui grandi media se il tal farmacista si rifiuta di consegnare la pillola abortiva, se un consigliere si arrischia a proporre un aiuto economico per le donne che hanno una gravidanza indesiderata, se uno staterello si è attardato a varare una legge pro aborto. E non se ne parla perché, come dicevamo da queste stesse colonne, l’argomento è stato perfettamente metabolizzato dalla gente e l’aborto non fa più problema. Quando qualcuno, che non sia un perfetto sconosciuto, si azzarda a proferir verbo contro la suddetta pratica, viene subito azzannato dai tolleranti e dagli inclusivi in servizio permanente. L’ultimo caso in ordine di tempo riguarda Alfonso Signorini durante la diretta televisiva di lunedì scorso del Grande Fratello Vip. Uno dei concorrenti, Giucas Casella, è proprietario di una cagna che potrebbe essere incinta. Il mentalista si dice contrario a prendersi in carico l’eventuale cucciolata. Da qui il commento di Signorini: «Siamo contrari all’aborto, in ogni sua forma tra l’altro. Anche quello dei cani». I social sono insorti, ovviamente.

Torniamo al silenzio sull’aborto. Se negli Usa il tema è presente in ambito confessionale ed extraconfessionale, da noi è assente in entrambi gli ambiti. Da qui una domanda: un auspicabile risveglio delle coscienze potrebbe venire più facilmente dall’ambiente laico pro life o da quello ecclesiale? Crediamo che potrebbe venire più facilmente da noi laici, dato che quel minimo di brace ardente su questo tema è tenuto in vita, ormai da tempo, da associazioni che gravitano intorno agli ambienti laici. Infatti sono i laici che masticano di tutela della vita nascente da maggior tempo rispetto agli uomini di Chiesa, sono loro ad essere sul campo da più anni.

Ci poniamo un altro quesito simile al precedente: un auspicabile risveglio delle coscienze potrebbe venire più efficacemente dall’ambiente laico pro vita o da quello ecclesiale? Da quello ecclesiale, sia perché sarebbe un richiamo autorevole, istituzionale, dotato di quei poteri e di quel carisma indispensabili per interloquire con i poteri forti, sia perché la Chiesa è presente in modo capillare in Italia, sia perché se il tema della vita diventa pastorale potrebbe innervare mille iniziative, sia perché la Chiesa potrebbe coordinare efficacemente l’azione di molte realtà associative pro life. In tal senso i vescovi potrebbero ispirarsi all’approccio di Papa Francesco che più di una volta ed anche di recente ha usato toni fortissimi contro l’aborto, definendolo un omicidio, un atto che assolda un killer per uccidere un innocente.