Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
DOPO SAN MARINO

Combattere l'indifferenza per fermare l'aborto

Il referendum di San Marino sull'aborto è stato vinto dagli abortisti. Ma sarebbe stato meglio dire: è stato vinto dagli astenuti. Perché il 59% dei cittadini non è andato a votare. La causa dell'indifferenza è lo sdoganamento culturale dell'aborto, che ormai diamo per scontato come un "diritto". Ma la Chiesa non contribuisce a smuovere le coscienze.

Editoriali 28_09_2021
Campagna referendaria a San Marino

Uno dei dati che più colpisce della débâcle pro-life avvenuta a San Marino in occasione del referendum sull’aborto è la percentuale degli astenuti: 59%. Sono loro ad avere vinto il referendum. Un nota bene di natura tecnica: nel microstato, dal 2016, non è più previsto il quorum e quindi tale percentuale non ha inficiato l’esito referendario.

Proviamo ad individuare le motivazioni che hanno portato i sammarinesi a disertare le urne. E dire sammarinesi significa dire “italiani” dato che culturalmente c’è piena continuità tra le due repubbliche. Dunque ciò che è avvenuto a San Marino è stato una sorta di test di laboratorio sociologico per capire le tendenze e gli umori culturali presenti in tutto lo stivale.

La motivazione di fondo che ha portato all’astensione è probabilmente la seguente: il tema dell’aborto non interessa a nessuno. Ciò è accaduto nonostante la stragrande maggioranza dei cittadini di San Marino si definisca cattolico (ma su questo torneremo tra un momento). Dunque se sia giusto uccidere o no un bambino nel ventre della madre è quesito irrilevante. Provate voi a proporre invece un referendum sulle tasse e avrete un’affluenza del 110% (pure i cani andranno a votare). Questa indifferenza è stata generata da un processo culturale lungo e, purtroppo, ben costruito noto come teoria della Finestra di Overton (o piano inclinato), la quale prevede un graduale scivolamento verso il basso tramite alcuni passi che possono essere così sintetizzati: inconcepibile, estremo, accettabile, ragionevole, diffuso, legalizzato. Dunque l’aborto da fenomeno inconcepibile, nel volgere di qualche decennio è arrivato ad essere ampiamente legalizzato in molti Paesi. Però alle tappe indicate usualmente dalla Finestra di Overton occorre aggiungere un’ultima tappa, ben rappresentata da quel 59% di astenuti: l’indifferenza.

L’indifferenza nasce dal fatto che il fenomeno “aborto” è stato pienamente metabolizzato, perfettamente digerito. L’aborto non fa più problema. Dunque è un tema de-ideologizzato. In breve non trovi più né chi si batte contro né chi si batte a favore. Però, se proprio vuoi sapere cosa ne pensa il popolino, i pochi che ti risponderanno saranno per la gran maggioranza a favore. È dunque ormai tramontata da tempo la stagione della militanza abortista, dei raduni, dei convegni e questo per un semplice motivo: il risultato è stato già portato a casa da anni. Gli slogan “L’utero e mio e ci faccio quello che voglio”, “Il corpo delle donne alle donne”, “Diventare madre è una scelta”, da slogan si sono fatti cultura, costume, modo di pensare implicito, carne e sangue di tutto un popolo, vita o, meglio, morte di un’intera nazione.

L’aborto è diventato come l’aria che respiriamo: nessuno più si accorge che esiste. C’è e questo basti, sarebbe addirittura stupido riflettere continuamente sopra la sua esistenza e bontà. L’aborto quindi arreda (orrendamente) le nostre esistenze, ma come i quadri di casa nostra, dopo un po’ di anni, non ci accorgiamo nemmeno più che esistono proprio perché li hai sempre sotto gli occhi.

Ben inteso: pochissimi in realtà sanno cosa è un aborto. E dunque moltissimi guardano un “quadro” che è un falso d’autore, assai edulcorato, dipinto con i colori dei diritti civili e dell’autodeterminazione della donna. Questi sono i “quadri” che hanno piazzato in casa nostra. Volete invece vincere un referendum sull’aborto? Mostrate il quadro autentico, fate vedere cosa è un aborto, piazzate sotto gli occhi del signor Rossi le carni straziate del bambino, dite a chi è favore dell’aborto che lui è a favore di quelle immagini. Fate gridare i bambini abortiti non con parole, ma con foto. Mostrate almeno un bambino nel ventre della madre. Allora sì che scuoterete le coscienze in coma farmacologico permanente (sono in questo stato perché qualcuno ce le tiene, non per cause naturali). Ma anche in casa cattolica non si vuole turbare le coscienze di nessuno e così facendo si turbano le coscienze delle madri che hanno abortito, perché il loro trauma sarà probabilmente vitalizio, quelle dei cattolici veri e soprattutto si “turbano” le vite di milioni di bambini.

Dicevamo che la maggior parte dei sammarinesi si definisce cattolico. Ecco, tutto ruota intorno a quel verbo riflessivo: definirsi. Appare evidente che se eri cattolico avevi il dovere morale di andare a votare e votare per non abrogare la legge. Se non l’hai fatto hai contribuito alla futura uccisione di moltissimi bambini. Se non l’hai fatto non sei cattolico. Pensi di esserlo, ma non lo sei. Sei un sedicente cattolico, ma non un autentico cattolico. Dirsi cattolico e dimostrarsi indifferente o, peggio, a favore dell’aborto è come dirsi ambientalista ed essere indifferente, o peggio, a favore della desertificazione, della cementificazione, dello sversamento nei corsi d’acqua di veleni, dell’allargamento del buco nell’ozono, eccetera. Parliamoci chiaro: se i vescovi e chi sta sopra a loro fa passare l’idea che per essere cattolici basta amare i poveri, gli immigrati, il pianeta (e magari limitarsi ad amarli a parole) e da ultimo vaccinarsi, ovvio che poi il popolino pensa di essere cattolico. Se la Chiesa istituzionale tace su argomenti come aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, divorzio e quando ne parla sembra spesso la reincarnazione di Pannella, appare evidentissimo che non ci sono speranze di successo di cambiare lo status quo, proprio perché non si vuole cambiare lo status quo.

E come cambiarlo? La sensibilità morale di un popolo muterà quando inizierà a ragionare e inizierà a ragionare quando avrà ritrovato la fede cattolica. Non se ne esce, le cose stanno così. E allora è doveroso ripartire innanzitutto dalla battaglia spirituale, dai sacramenti (Eucarestia e confessione), dalla preghiera, dal rosario, dalle novene, dall’adorazione eucaristica; ripartiamo dai digiuni e dalle sofferenze offerte per la conversione dei nostri fratelli; ripartiamo parlando di Cristo. Non ci capiranno? Troppo scristianizzati, troppo lontani dalla fede? Citando San Paolo: “Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso”. Tradotto: continuiamo a pregare, a soffrire offrendo, etc. Al resto ci penserà Dio.