Polonia verso le urne, le pressioni sinistre di Soros e Ue
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Domenica 15 ottobre in Polonia si vota per il nuovo Parlamento. Si espande nel Paese l’impero mediatico di Soros e nell’Ue si violano le regole del gioco, per favorire i progressisti. La posta in gioco è alta per l’intera Europa.
- Soros compra i giornali polacchi per condizionare le elezioni, di W. Redzioch
Quando non si sono ancora placati i malumori dell’Unione europea per la sconfitta in Slovacchia e per quella di Olaf Scholz in Germania, il fuoco di fila si concentra contro i conservatori polacchi, in vista delle elezioni di domenica 15 ottobre. Le pressioni verso gli elettori sono tali e così univocamente a sostegno delle opposizioni che nei giorni scorsi anche il Presidente della Repubblica, Andrzej Duda, è dovuto scendere in campo per difendere l’autonomia di scelta e ricordare ai cittadini il diritto-dovere di votare per un governo nazionale e indipendente.
Alla televisione Polsat News, Duda ha detto di sperare in un nuovo governo, dopo le elezioni, che «rispetti soprattutto gli interessi della Polonia e dei polacchi, perché questo è il dovere del governo polacco» e ribadito la poca serietà dell’Europa, in particolare la contrarietà polacca alle proposte di Bruxelles sulla ridistribuzione dei migranti.
Le preoccupazioni per la campagna elettorale polacca sono state espresse anche da una missione di osservatori elettorali inviati dal Consiglio di Europa che nei giorni scorsi hanno evidenziato un crescente «linguaggio offensivo (…), un ambiente acceso e polarizzato» e si sono rammaricati per la celebrazione congiunta di alcuni referendum, tra cui quelli contrari alle proposte migratorie di Bruxelles, ma si sono compiaciuti «che la libertà dei candidati di fare campagna elettorale rimane rispettata in Polonia» anche se permarrebbero discrepanze nell’accesso ai mezzi di informazione.
Ciò che non considerano né il Consiglio di Europa né l’Unione europea è l’incontrollata espansione dell’impero massmediatico di George Soros in Polonia e il suo sistematico tifo per i partiti progressisti all’opposizione. Al recentissimo acquisto di una delle testate giornalistiche più prestigiose polacche, Rzeczpospolita, il secondo quotidiano per diffusione e sino a poco tempo fa di idee conservatrici, si deve aggiungere l’importante partecipazione di Soros nel tabloid antigovernativo Gazeta Wyborcza e in diverse stazioni radio. Su questo scempio della libertà di opinione e informazione, anche elettorale, l’Europa tace, così come silenti sono i paladini del libero giornalismo, da Reporter Senza Frontiere a Freedom House al Global Investigative Journalism Network, tutti devoti percettori, direttamente o meno, di finanziamenti del paladino liberale.
Oltre a Soros, si sono mossi in questi ultimi giorni anche i suoi sodali di Bruxelles. I deputati del Parlamento europeo hanno discusso della situazione in Polonia anche se, nelle istituzioni dell’UE vige la regola aurea di non fare dichiarazioni o tenere dibattiti parlamentari nelle sei settimane precedenti l’appuntamento elettorale di un Paese. Lo sconcertante dibattito voluto dalla Germania di Scholz, dal PPE e dai partiti di sinistra al Parlamento europeo lo scorso 3 ottobre sul supposto “scandalo dei visti” in Polonia, in un momento in cui le indagini che riguardano funzionari pubblici e non politici sono ancora in corso e il confronto con la Commissione europea appena iniziato, è stato chiaramente finalizzato ad influire sulle elezioni per cambiare il governo conservatore polacco.
Nonostante Bruxelles abbia fallito per ben due volte nell’influenzare le elezioni, in Italia e in Slovacchia, lunedì 9 ottobre il Commissario UE per la Giustizia Didier Reynders ha discusso la Relazione sullo Stato di diritto 2023 alla Commissione Giustizia e Libertà del Parlamento, nella quale il governo polacco, insieme all’Ungheria, viene aspramente criticato, ovviamente in diretta streaming. La discussione era rinviabile, ma si è tentata l’ultima spallata elettorale contro Varsavia.
Lunedì 9 ottobre si è svolto l’ultimo dibattito pubblico televisivo tra i leader dei partiti in lizza; per il partito conservatore Diritto e Giustizia ha partecipato il primo ministro Mateusz Morawiecki e non il leader politico Jarosław Kaczyński. ll dibattito è stato strutturato in gran parte sulle domande che verranno poste durante il referendum che si terrà in concomitanza con le elezioni. Una delle domande è se i polacchi sono disposti ad accettare il cosiddetto patto migratorio europeo, che richiederebbe ai Paesi dell’UE di accettare una quota assegnata di immigrati clandestini o di essere puniti finanziariamente in caso di rifiuto. Un’altra questione riguarderà il mantenimento o meno della barriera costruita al confine tra Polonia e Bielorussia per arginare il flusso di migranti illegali che arrivano attraverso la Bielorussia stessa. Su entrambi i quesiti Donald Tusk (nella foto, durante la campagna elettorale), leader della Coalizione Civica, è stato evasivo, gli altri leader dei partiti di centrosinistra e liberali si sono detti critici con le decisioni della coalizione di governo.
La destra di Confederazione (Konfederacja) ha criticato il patto migratorio in discussione in Europa e, allo stesso tempo, ha criticato il governo per essere stato troppo morbido. Sull’espansione delle forze armate e l’ammodernamento dell’esercito, sulle ulteriori privatizzazioni c’è complessiva intesa, ma divisioni forti su fiscalità, aumento dell’età pensionabile e lotta alla disoccupazione.
Si vota domenica, dunque. I conservatori sono in netto vantaggio, ma i colpi di scena non sono esclusi. Ieri si sono registrate le dimissioni pilotate dall’esterno e improvvise di due generali dell’esercito. Se Varsavia cadesse nelle mani del centralista Tusk e dei suoi alleati della sinistra Lgbt e abortista, l’Europa stessa cadrebbe nelle mani di burocrati e filantropi senza scrupoli.
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