Perché Maria è Corredentrice: risposte a dubbi e obiezioni
La parola “Corredentrice” - recepita pure dal Sant’Uffizio, sotto Pio X, e usata più volte da Pio XI e Giovanni Paolo II - non equivale a un’equiparazione di Maria a Gesù, ma indica la cooperazione singolare (non solo “soggettiva” ma anche “oggettiva”) della Madre all’opera redentrice del Figlio. La verità che Cristo sia l’unico Redentore e che la Madonna sia stata redenta non contraddice la corredenzione, che dipende dalla grazia ricevuta in previsione dei meriti di Gesù e dalla funzione materna di Maria. Tale dottrina è insegnata dal Vaticano II e dal Catechismo e per essa «potremmo parlare di una sententia theologice certa o ad fidem pertinens». La Bussola intervista don Manfred Hauke, mariologo e ordinario di Dogmatica.
Le recenti esternazioni di papa Francesco hanno nuovamente sollevato dubbi sulla partecipazione di Maria Santissima all’opera della Redenzione. Abbiamo chiesto a don Manfred Hauke di aiutarci a capire il senso di questa verità teologica e di rispondere, seppure sinteticamente, alle maggiori obiezioni sollevate. Manfred Hauke è ordinario di Dogmatica presso la Facoltà Teologica di Lugano; membro, dal 1992, della Pontificia Academia Mariana Internationalis; presidente dal 2005 della Deutsche Arbeitsgemeinschaft für Mariologie e responsabile della collana di mariologia della Eupress FTL e della collana “Mariologische Studien”.
Professor Hauke, che cosa possiamo dire del termine “Corredentrice”?
La parola “Corredentrice” compare per la prima volta nel XV secolo, all’interno della tendenza ad associare Maria all’opera di Cristo Salvatore e ad affermarne la “compassione”. Anche se nel contesto è chiara la dipendenza del contributo della Beata Vergine dalla redenzione operata da Cristo, la parola “Corredentrice” poté essere percepita come espressione troppo forte. Così si spiega il suo percorso storico che assomiglia un po’ a un giro sulle “montagne russe”: utilizzata sin dal XVI secolo anche da teologi di spicco, come Salmerón, partecipante al Concilio di Trento, censurata da parte del Sant’Uffizio (1620, 1723, 1747), recepita durante il pontificato di san Pio X anche da parte del Sant’Uffizio (nell’espressione “Corredentrice del genere umano”), utilizzata tre volte da Pio XI (1933-35) e cinque volte (1982-1991) da san Giovanni Paolo II, disapprovata per tre volte da Francesco (2019-21).
Forse bisogna capire il contenuto di questo termine. Proviamo a chiarire che cosa significhi affermare che Maria sia Corredentrice e che cosa non.
Il termine potrebbe essere percepito come equiparazione, su uno stesso livello, di Maria a Gesù; il che sarebbe evidentemente un grave errore. Tuttavia l’utilizzo che ne fanno i mariologi evita questo malinteso. La prima monografia teologica dedicata a questo titolo mariano, uscita nel 1920 in Belgio, definisce la corredenzione semplicemente come cooperazione alla Redenzione. La discussione successiva, ad esempio nel mariologo servita Gabriele Maria Roschini, sottolinea spesso il fatto che Maria abbia cooperato direttamente alla Redenzione “oggettiva” (operata da Cristo sulla terra), a partire dal suo “sì” precedente l’Incarnazione del Verbo, a differenza della sola cooperazione alla Redenzione “soggettiva” che riguarda tutti noi, al fine di accogliere e trasmettere i doni salvifici.
La partecipazione della Vergine Maria alla Redenzione oggettiva è ben spiegata nel capitolo ottavo di Lumen Gentium.
Il Vaticano II, a differenza di una corrente minimalista ancora presente in alcuni ambienti prima del Concilio, parla con chiarezza del fatto che Maria ha «cooperato in modo unico all’opera del Salvatore» (Lumen gentium, 61). Nel 1916, ad esempio, un teologo romano, in una perizia per il Sant’Uffizio, aveva criticato l’espressione “Corredentrice” usata dai vescovi belgi, perché Maria non avrebbe cooperato alla Redenzione. La cooperazione singolare di Maria all’opera redentrice, per il Vaticano II, invece, corrisponde senza dubbio al significato corrente di “corredenzione”, anche se la Commissione conciliare (nello schema De beata) non utilizza il termine “Corredentrice” che, pur essendo in sé del tutto veridico, avrebbe potuto procurare difficoltà di comprensione nei protestanti. In realtà, i protestanti hanno difficoltà non soltanto con il termine “Corredentrice”, ma già con il concetto della cooperazione di Maria alla Redenzione. Il termine “Corredentrice”, d’altra parte, avrebbe potuto essere inteso anche in senso minimalista, ed essere perciò riferito unicamente alla cooperazione alla redenzione soggettiva, come avviene nella risposta credente di ognuno di noi. Non occorre affannarsi attorno al termine “Corredentrice”, se non si chiarisce prima il significato del titolo che rende correttamente la collaborazione singolare di Maria alla Redenzione, specialmente dal momento del suo “sì” all’Annunciazione fino alla sua associazione materna al sacrificio di Gesù ai piedi della Croce.
A questo punto le chiedo: la dottrina sulla corredenzione mariana è una tesi teologica o qualcosa di più?
La cooperazione singolare di Maria alla Redenzione (corredenzione) è una dottrina magisteriale insegnata con chiarezza, tra l’altro, dal Vaticano II e dal Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 968. Ricorrendo a termini tecnici, potremmo parlare di una sententia theologice certa o ad fidem pertinens.
Veniamo adesso ad alcune ricorrenti obiezioni che vengono sollevate. La prima: affermare che la Madonna sia Corredentrice significa contraddire la verità di fede che Cristo sia l’unico Redentore.
La cooperazione salvifica di Maria inerisce alla sua funzione materna verso gli uomini, un influsso che «sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da esso assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia». L’unica mediazione del Redentore «non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata dall’unica fonte» (Lumen gentium 60, 62; CCC 970). È una mediazione materna in Cristo.
Un’altra obiezione teologica che viene mossa è la seguente: affermare che la Madonna sia stata redenta, esclude che Ella possa essere ritenuta anche Corredentrice.
La cooperazione di Maria dipende interamente dalla grazia conferitale in vista dei meriti di Cristo. Dio ha preservato Maria dal peccato originale affinché potesse essere associata all’opera redentrice, che culmina nel sacrificio della Croce. Per volere di Dio, la novella Eva unisce il suo sacrificio materno all’oblazione di Cristo, che di per sé basterebbe per la Redenzione.
Alcuni ritengono che il Nuovo Testamento sia molto sobrio riguardo alla figura di Maria e ne sottolinei esclusivamente la dimensione di discepola e di madre di Gesù.
Nella testimonianza biblica, Maria è la madre del Figlio di Dio e la “Donna”, un titolo che prepara la presentazione di lei come novella Eva, presente nei Padri della Chiesa. L’affidamento di Giovanni a Maria è un punto di partenza per dare risalto alla maternità spirituale. Termini come “Corredentrice”, “Mediatrice”, “socia del Redentore” ecc. non fanno nient’altro che valorizzare la maternità spirituale di Maria nei nostri confronti, come anche il titolo (contestato da qualche voce iper-ecumenica) di “Madre della Chiesa”, voluto da Papa Francesco per la liturgia del lunedì di Pentecoste.
Qual è a suo avviso, nell’attuale panorama teologico del mondo cattolico, l’ostacolo sottostante al rifiuto della Corredenzione mariana?
Non vedo nella teologia cattolica contemporanea alcun rifiuto vero e proprio della singolare cooperazione di Maria alla salvezza, a parte forse qualche voce estrema vicina al protestantesimo. I principali ostacoli all’utilizzo del termine “Corredentrice” stanno, invece, nella mancanza di uno sforzo sistematico - che include l’explicatio terminorum - e in una diplomazia ecclesiastica troppo timorosa. Sarebbe conveniente esporre anche in un contesto ecumenico l’intera dottrina cattolica, senza avere paura di termini specifici, purché ben spiegati. Per i protestanti, di solito, il problema sta già nella cooperazione di Maria alla Redenzione, una cooperazione proveniente dal libero arbitrio, che fu negato da Martin Lutero. I protestanti contemporanei, però, spesso farebbero fatica a sostenere la negazione del libero arbitrio, il quale sta al cuore del “fiat” di Maria di fronte all’Incarnazione.