Papa Giovanni XIX e Guido d'Arezzo, mille anni dopo
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Un pontificato forse mediocre, cui però va riconosciuto il fondamentale sostegno al monaco benedettino che inventò la notazione musicale, che permise di conservare e divulgare più facilmente il patrimonio musicale dell'occidente.
Mille anni fa, il 19 aprile 1024, Romano dei conti di Tuscolo, fratello di Papa Benedetto VIII († 1024), fu eletto Papa con il nome di Giovanni XIX.
Al momento dell’elezione era ancora laico, ricoprendo le cariche di «console, duca e senatore di tutti i Romani». Durante il suo pontificato, incoronò imperatore Corrado II, detto il Salico (26 marzo 1027), si impegnò nei contrasti tra le sedi patriarcali di Aquileia e Grado, e mostrò sostegno per le posizioni riformatrici, favorendo l’Abbazia di Cluny. Non si conoscono i dettagli della sua morte, che avvenne probabilmente il 20 ottobre 1032.
Sotto Papa Giovanni XIX visse Guido d’Arezzo († 1050), un monaco benedettino nell’abbazia di Pomposa, noto per per le sue innovazioni nella notazione musicale occidentale, prima delle quali l'apprendimento e la trasmissione delle melodie liturgiche avvenivano principalmente attraverso la memorizzazione orale. Il celebre teorico musicale, «chiamato a Roma dal Romano Pontefice, fece conoscere quel suo ingegnoso sistema grazie al quale i canti liturgici, provenienti fin dagli antichi secoli, potessero venire divulgati più agevolmente e integralmente conservati, per il bene e il decoro della Chiesa e dell’arte stessa. Nel Palazzo Laterano, ove in passato San Gregorio Magno, dopo aver raccolto, ordinato e accresciuto il tesoro della melodia sacra — eredità e monumento dei Padri — aveva sapientemente costituito quella celebre Schola per perpetuare la genuina interpretazione dei canti liturgici, il monaco Guido effettuò una dimostrazione della sua meravigliosa invenzione alla presenza del clero romano e dello stesso Sommo Pontefice il quale, approvando pienamente l’iniziativa e vivamente elogiandola, si adoperò a che l’innovazione potesse pian piano diffondersi ovunque e si estendesse ad ogni genere di musica» (Pio XI, Divini cultus, 20 dicembre 1928).
È Guido che, insieme ai principi fondamentali della sua teoria musicale, ci racconta questo episodio, avvenuto forse nel marzo 1027, nell'Epistola Guidonis Michaeli monacho de ignoto cantu (conosciuta pure come Epistola ad Michaelem), al suo confratello monaco Michele dell’Abbazia di Pomposa:
Summæ Sedis Apostolicæ Johannes, qui modo Romanam gubernat Ecclesiam, audiens famam nostræ scholæ, et quomodo per nostra Antiphonaria inauditos pueri cognoscerunt cantus, valde miratus, tribus nuntiis me ad se invitavit. Adii igitur Romam cum domno Grunvaldo reverentissimo Abbate, et domno Petro Aretinæ ecclesiæ Canonicorum præposito, viro pro nostris temporis qualitate sanctissimo. Multum itaque Pontifex meo gratulatus est adventu, multa colloquens et diversa perquirens: nostrumque velut quoddam prodigium sæpe revolvers Antiphonarium, præfixasque ruminans regulas, non prius destitit, aut de loco in quo sedebat, abscessit, donec unum versiculum inauditum sui voti compos edisceret, ut quod vix credebat in aliis, tam subito in se recognosceret.
Giovanni, Sommo Pontefice della Santa Sede Apostolica, il quale ora governa la Chiesa Romana, udendo la fama della nostra scuola e come i ragazzi, attraverso i nostri Antifonari, conoscevano canti mai ascoltati, molto meravigliato, mi ha invitato da lui tramite tre inviati. Quindi sono andato a Roma con il reverendissimo Abate Grunvaldo e con Pietro, preposito dei Canonici della Chiesa di Arezzo, un uomo santissimo per i nostri tempi. Il Pontefice si è congratulato molto per il mio arrivo, discorrendo di molte cose e ponendo diverse domande: scorrendo il nostro Antifonario come un qualcosa di portentoso, meditando sulle regole prefissate, non si è mosso dal suo posto finché non avesse imparato, come desiderava, un versetto che non aveva mai sentito, così da riconoscere in sé stesso ciò che a malapena credeva possibile negli altri (nostra traduzione).
Durante l’incontro, Guido mostra al Papa il suo Prologus in antiphonarium, un piccolo manuale introduttivo ai libri di canto liturgico, scritti con il nuovo sistema di notazione da lui promosso, di cui spiega i principi su cui si basa. L’allievo doveva associare le prime sillabe della prima strofa dell’inno a S. Giovanni Battista (UT queant laxis - REsonare fibris | MIra gestorum - FAmuli tuorum | SOLve polluti - LAbii reatum - Sancte Iohannes), testo di Paolo Diacono († 799) e melodia composta appositamente forse da Guido, ai suoni di una scala ascendente di sei note (esacordo naturale).
Sarà il matematico e teorico musicale spagnolo Bartolomeo Ramis de Pareja († 1522) a introdurre il “Si”, traendolo dalle due iniziali di Sancte Ioannes nell’ultimo emistichio dell’inno, e Giovanni Battista Doni († 1647), letterato e scrittore musicale, a cambiare "Ut" con "Do", prendendo la prima sillaba dal suo cognome.
Con il metodo di Guido, l’associazione tra le sillabe (Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La) e l’intonazione dei singoli suoni rimane saldamente impressa nella memoria e può essere richiamata quando necessario. Studiando gli intervalli e acquisendo dimestichezza con essi, tutti avrebbero potuto cantare a prima vista una melodia scritta oppure trascriverla dopo averla udita.
Papa Giovanni XIX rimase affascinato dalle innovazioni didattiche di Guido e lo invitò a tornare per insegnare presso la rinomata schola cantorum del Laterano. Questa scuola ecclesiastica, che la tradizione sostiene esser fondata dal Papa San Gregorio Magno († 604), era situata in un monastero annesso all’oratorio di S. Stefano de Schola Cantorum nei pressi del Battistero Lateranense. La schola cantorum lateranense attirava giovani di ogni paese dell’Europa occidentale. Qui studiavano musica e cultura classica, ricevevano gli ordini minori (l’ostiariato, il lettorato, l'esorcistato e l’accolitato) e partecipavano alle cerimonie religiose solenni e agli avvenimenti significativi della vita cittadina. Alcuni storici suggeriscono che Papa San Leone II († 683) abbia fatto parte o addirittura guidato questa scuola. L’influenza della schola cantorum lateranense nello sviluppo della musica e della poesia medioevali è dimostrata dal fatto che molte raccolte di inni e canti hanno avuto origine proprio da essa.
Forse Giovanni XIX fu un «papa mediocre che non comprese la dimensione propriamente religiosa del suo ufficio» (A. Torresani, Storia della Chiesa, Milano 2018). Tuttavia, tra le critiche al suo pontificato, non si può trascurare il suo ruolo fondamentale nel sostenere Guido d’Arezzo.
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