Pakistan, congelati gli aiuti americani. E adesso?
“Il Pakistan ha fatto il doppio gioco per anni”, ha dichiarato l’ambasciatrice statunitense all’Onu, Nikki Haley. E così ha confermato il congelamento degli aiuti militari al Pakistan, il paese di prima linea nella lunga guerra in Afghanistan. Come sarà influenzata da questa mossa la lotta contro il terrorismo jihadista?
“Il Pakistan ha fatto il doppio gioco per anni”, ha dichiarato l’ambasciatrice statunitense all’Onu, Nikki Haley. E così ha confermato il congelamento degli aiuti militari al Pakistan, il paese di prima linea nella lunga guerra in Afghanistan. La sospensione degli aiuti era stata annunciata in agosto, adesso è stata semplicemente ufficializzata.
Il motivo dichiarato del congelamento di 255 milioni di dollari, già inseriti nel budget militare degli Usa, è, appunto, la tendenza pakistana al doppio gioco. Mentre ufficialmente il governo di Islamabad lavora con gli Usa contro il terrorismo islamico, dice la Haley, informalmente offre rifugio a gruppi terroristici, specialmente la rete Haqqani (Talebani alleati con Al Qaeda) che continuano la loro guerriglia contro gli Usa e il governo di Kabul in Afghanistan. Secondo fonti dell’amministrazione americana del New York Times, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata un ennesimo rifiuto, da parte del Pakistan, di condividere informazioni importanti sulla rete Haqqani. Il 17 ottobre scorso, per la precisione, forze speciali pakistane, sulla base di informazioni ottenute dall’intelligence statunitense, avevano condotto un raid nella valle del Kurram, in Pakistan, presso il confine con l’Afghanistan, liberando una famiglia canadese: Joshua Boyle, Caitlan Coleman e i loro due figli (quelli sopravvissuti), tenuti in prigionia, in una prigione sotterranea, per cinque lunghi anni. Nel corso del raid, quasi tutti i loro carcerieri, membri della rete Haqqani, sono stati uccisi. Uno di questi, sopravvissuto, è tuttora in carcere in Pakistan. Gli americani vorrebbero interrogarlo. I pakistani rifiutano. I sospetti di collusione con la rete Haqqani sono aumentati e da parte americana la diffidenza è cresciuta fino alla decisione di sospendere gli aiuti.
Washington deve ancora annunciare l’ammontare dei fondi sospesi, ma fonti autorevoli del Wall Street Journal parlano di un totale di circa 900 milioni di dollari. Questi includerebbero i 255 milioni di dollari per l’acquisto di nuovi equipaggiamenti militari e 700 milioni di dollari del Coalition Support Fund, che eroga gli aiuti per la lotta al terrorismo. Quale sia l’effetto di questa sospensione di fondi è abbastanza facile da immaginare. Un esperto pakistano della difesa, il professor Hasan Askari Rizvi, dichiara alla BBC che “quando si chiude il rubinetto statunitense, i piani immediati dell’esercito per il potenzialmente dell’equipaggiamento e del personale si fermano. Ci saranno contraccolpi anche nel lungo periodo, dal momento che la Cina e altri paesi amici non saranno in grado di subentrare con le loro risorse per mantenere oliata la macchina militare del Pakistan”. Ufficiali pakistani, in occasione dell’annuncio della sospensione dei fondi, si giustificano affermando che le loro forze sono impegnate in troppi settori e non hanno la forza di sconfiggere la rete Haqqani, al massimo la possono “spingere” al confine con l’Afghanistan.
La voce più critica arriva dal ministero degli Esteri di Islamabad. Il ministro Khawaja Muhammad Asif è giunto ad affermare, ieri, che “non c’è alcuna alleanza con gli Stati Uniti”, perché “Non è questo il modo di comportarsi di un alleato”. Secondo Asif, la decisione americana di sospendere gli aiuti arriva in un momento molto delicato. Perché le operazioni anti-terrorismo, dice il ministro, hanno ripulito il paese dalla presenza di forze jihadiste “Viviamo in una condizione di relativa calma in Pakistan, al momento. Ma se noi ci muoviamo contro gli insorgenti afgani, allora la guerra sarà ancora combattuta sul nostro territorio”. Il ministro aggiunge che: “scadenze fissate arbitrariamente, pronunciamenti unilaterali e cambi di priorità sono controproducenti quando si vogliono combattere minacce comuni”. Quali contromisure si potrebbero attendere gli americani da un Pakistan divenuto ostile? La rotta di terra dal Pakistan all’Afghanistan è stata interrotta più volte nel 2011 e nel 2012. Ma almeno finora non si vede, né si sente parlare di alcun preparativo in questo senso.
Al di là dei toni forti, richiesti dalla politica, esperti militari ritengono che la risposta pakistana non sarà così grave. Anzi, secondo Hasan Askari Rizvi, nella sua intervista rilasciata alla BBC, “Anche se non sarà visibile da subito, vi sarà sicuramente qualche cambiamento nell’approccio pakistano ai gruppi terroristi. Come minimo possono chiedere a gruppi come la rete Haqqani di mantenere un basso profilo per un certo tempo”. Perché i contatti ci sono, evidentemente. E se i Talebani continuano a combattere in Afghanistan, da 16 anni ormai, è perché qualcuno offre loro rifugio, viveri e armi. Per non dimenticare, poi, dove venne ucciso Osama Bin Laden: in Pakistan, ad Abbottabad, a due passi dalla polizia pakistana.