Ormoni blocca-pubertà, un buon freno dall’Inghilterra
Ascolta la versione audio dell'articolo
Una conferma dall’Nhs: gli ormoni soppressori della pubertà «non sono disponibili come opzione terapeutica di routine», perché mancano prove di sicurezza ed efficacia. Sarebbe servito uno stop totale. Ma è un buon segnale, che va colto anche dall’Italia.
Non uno stop totale, come sarebbe stato necessario, ma comunque un buon freno rispetto a una pratica che danneggia bambini e ragazzi e che in questi anni è stata adottata con una disinvoltura sconcertante. È questo il succo della notizia che viene dal Regno Unito, dove la sezione inglese del National health service (Nhs) ha posto appunto un freno all’uso degli ormoni che bloccano la pubertà.
Come si legge all’inizio di un documento del Servizio sanitario inglese, pubblicato lo scorso 12 marzo, «gli ormoni soppressori della pubertà non sono disponibili come opzione terapeutica di routine per il trattamento di bambini e giovani che presentano incongruenza/disforia di genere». Il perché venga abbandonata questa routine è presto detto. La decisione dell’Nhs inglese, che fa il paio con quella già comunicata nel giugno 2023, arriva infatti dopo una nuova revisione della letteratura scientifica in materia, grazie alla quale si è potuto concludere che «non ci sono prove sufficienti a sostegno della sicurezza o dell’efficacia clinica degli ormoni soppressori della pubertà».
Questi ormoni soppressori, come già stabilito lo scorso anno, potranno continuare ad essere somministrati solo in un contesto di ricerca o in «circostanze eccezionali». In pratica, come apprende anche la Bbc, pare che per le prescrizioni si opterà per una valutazione caso per caso. Inoltre, riguardo ai trattamenti in corso, attualmente ci sono meno di cento minori in Inghilterra trattati con ormoni bloccanti la pubertà prescritti dall’Nhs: potranno continuare il loro trattamento. Allo stesso tempo, il Servizio sanitario inglese conferma la linea già indicata nel giugno 2023, ossia quella di scoraggiare fortemente i bambini, i giovani e le loro famiglie dal procurarsi da fornitori presenti online gli ormoni soppressori della pubertà o quelli per affermare il genere desiderato. E a proposito spiega: «Se un bambino o un giovane ha iniziato la terapia con ormoni soppressori della pubertà nel momento in cui viene visitato dal Servizio sanitario nazionale, il Servizio non si assumerà la responsabilità clinica della prescrizione», proprio in ragione della mancanza di prove sulla sicurezza e l’efficacia di tali ormoni.
Ricordiamo che il percorso che ha portato a queste decisioni, più prudenziali rispetto al passato, trova la sua origine negli scandali che hanno coinvolto il Tavistock Centre di Londra. Una clinica i cui metodi sbrigativi e contrari al più elementare buonsenso sono stati denunciati sia da vari ex pazienti – minorenni all’epoca dei trattamenti per l’illusorio “cambio” di sesso, che hanno comportato loro tutta una serie di danni fisici e psicologici – sia da ex dipendenti, che hanno preferito licenziarsi per ragioni di coscienza.
Questi scandali hanno condotto al cosiddetto Rapporto Cass, già descritto sulla Bussola, in seguito al quale l’Nhs ha deciso la chiusura del Tavistock Centre: chiusura più volte rinviata, ma che dovrebbe finalmente avvenire alla fine di questo mese. Al suo posto è previsto l’avvio, a inizio aprile, di un nuovo modello di gestione dei casi di “disforia di genere” per minori, che saranno trattati in due nuovi centri dell’Nhs presso il Great Ormond Street Hospital di Londra e l’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool, a cui si aggiungeranno altri centri regionali nei prossimi due anni.
Dunque, come già spiegavamo a suo tempo, bisognerà vedere come verranno trattati questi casi. Tra le note positive, c’è che l’Nhs riconosce che la confusione sull’identità sessuale «può essere una fase transitoria, in particolare per i bambini in età prepuberale» e l’approccio clinico deve tener conto di questo, innanzitutto valutando le circostanze sociali/familiari che possono influire sull’asserita «incongruenza di genere» e dando un supporto psicologico. Di certo, la presa di consapevolezza che gli ormoni soppressori della pubertà non possono essere somministrati con nonchalance è un passo avanti, in linea teorica, rispetto al recente passato. Ma resta il fatto che rimangono più elementi di preoccupazione: e ciò sia perché la logica del caso per caso fa presto ad allargarsi, sotto la spinta delle ideologie odierne, sia perché anche un solo caso di blocco di un processo naturale come la pubertà è chiaramente deleterio.
Quest’ultima decisione dell’Nhs è stata preceduta anche da una consultazione pubblica, che ha ricevuto più di 4.000 risposte, nelle quali sono emerse fondamentalmente due posizioni polarizzate che confermano quanto detto: «molte persone», ha riferito John Stewart, un dirigente dell’Nhs, hanno lamentato che si continui a consentire l’uso di ormoni blocca-pubertà a scopi di ricerca; «altri» hanno lamentato l’opposto, chiedendo che questi ormoni siano accessibili a tutti coloro che ritengono di averne bisogno. Mermaids, potente organizzazione che promuove il transessualismo, spinge ovviamente in questa seconda direzione. La partita è dunque ancora tutta da giocare, anche perché l’Nhs inglese mira ad avere uno studio sugli ormoni blocca-pubertà, «entro dicembre – secondo quanto riferisce Sky News – con i criteri di ammissibilità ancora da decidere».
Ad ogni modo, intanto, rimane un fatto positivo il freno all’uso di questi ormoni. Tra essi il più noto è la triptorelina, un farmaco principalmente antitumorale ma impiegato off-label (cioè al di fuori delle indicazioni da foglietto illustrativo) nei casi di persone che lamentano disforia di genere, con effetti avversi devastanti (decessi inclusi), documentati pure dalla Fda, l’agenzia del farmaco statunitense.
Il cambio di rotta dell’Inghilterra dovrebbe interrogare anche l’Italia, dove il suddetto uso off-label della triptorelina è già consentito da anni (e dal 2019 è addirittura rimborsabile): quando si porrà fine a questo scempio sulla pelle dei più piccoli?
Bambini come cavie, nei “Wpath files” il volto dell’ideologia trans
Bambini, ragazzi e pazienti con disturbi psichiatrici sottoposti a trattamenti improvvisati. Medici stregoni noncuranti dei danni, pur conosciuti, del “cambio” di sesso. Ecco lo scandalo nato dalla pubblicazione di file interni alla World Professional Association for Transgender Health.
Baby trans, gli studi confermano: la transizione fa danni
L’Institute for Research & Evaluation (USA) pubblica un documento sui danni dei trattamenti ormonali per bambini e adolescenti. Cinque i punti sottolineati, tra cui il peso dei fattori sociali che inducono a identificarsi in un trans. Intanto, in Italia, la Società Psicoanalitica avverte sulla pericolosità dei farmaci blocca-pubertà.
Puccetti: «I farmaci blocca-pubertà? Fanno male»
«Per la triptorelina, la molecola recentemente approvata in Italia per il blocco della pubertà nei bambini con disforia di genere, l’ente regolatorio dei farmaci riporta 279 casi di eventi avversi seri e 30 decessi», spiega in un’intervista alla Nuova Bussola il medico e bioeticista Renzo Puccetti, commentando i recenti dati dell’Fda, l’Agenzia per il farmaco degli Usa che presenta un quadro impressionante sugli eventi avversi legati all’uso di farmaci blocca-pubertà.
Triptorelina, le domande a cui Avvenire non sa rispondere
È lecito moralmente "cambiare sesso"? Cosa dicono la Scrittura e il Magistero su riassegnazione del sesso e transessualismo? Ed è lecito bloccare la pubertà senza cambiare sesso? Un lungo articolo di Avvenire sostiene che le risposte a queste domande siano ancora da trovare, ma non è così: legge naturale e Magistero della Chiesa sono già chiari al riguardo.
- IL PADRONE CHIAMA, "AVVENIRE" SI RIMANGIA TUTTO, di Riccardo Cascioli
- REGNO UNITO, CAMBIO DI SESSO OBBLIGATORIO, di Ermes Dovico