Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Guido Maria Conforti a cura di Ermes Dovico
L’INTERVISTA

Puccetti: «I farmaci blocca-pubertà? Fanno male»

«Per la triptorelina, la molecola recentemente approvata in Italia per il blocco della pubertà nei bambini con disforia di genere, l’ente regolatorio dei farmaci riporta 279 casi di eventi avversi seri e 30 decessi», spiega in un’intervista alla Nuova Bussola il medico e bioeticista Renzo Puccetti, commentando i recenti dati dell’Fda, l’Agenzia per il farmaco degli Usa che presenta un quadro impressionante sugli eventi avversi legati all’uso di farmaci blocca-pubertà.

Vita e bioetica 06_10_2019

Sono impressionanti i dati recentemente pubblicati dall’Fda (l’Agenzia del farmaco statunitense) sugli eventi avversi legati all’uso dei farmaci per bloccare la pubertà a un numero crescente di ragazzini che faticano ad accettare la propria sessualità. Inoltre, come spiega alla Nuova Bussola il medico e bioeticista Renzo Puccetti, «per la triptorelina, la molecola recentemente approvata in Italia per il blocco della pubertà nei bambini con disforia di genere, l’ente regolatorio dei farmaci riporta 279 casi di eventi avversi seri e 30 decessi».

Dottor Puccetti, l’Agenzia del farmaco americana (Food and Drug Administration) riporta più di 41.000 eventi avversi, fra il 2013 e il giugno di quest’anno, legati all’uso di sostanze per bloccare gli ormoni. Ci può spiegare di che farmaci si tratta e come vengono utilizzati?
Rispondere in maniera comprensibile per i non addetti è tutt’altro che semplice. Ci provo, comunque. Le molecole impiegate per il blocco della pubertà nei bambini sono agonisti dell’ormone del rilascio delle gonadotropine (GnRH), un ormone normalmente secreto in maniera pulsata da un gruppo di circa 3.000 neuroni situato in alcune aree di una zona del cervello chiamata ipotalamo. Il GnRH si lega a specifici recettori posti sulle cellule dell’ipofisi stimolandole a produrre le due gonadotropine LH (ormone luteinizzante) e FSH (ormone follicolo-stimolante) che a loro volta andranno a stimolare altre cellule situate nelle gonadi per produrre gli ormoni sessuali. I farmaci per il blocco puberale sono analoghi del GnRH che vanno a legarsi alle cellule ipofisarie in maniera non intermittente, ma continua; così facendo, si induce una riduzione dei recettori ipofisari disponibili che a sua volta determina il blocco della secrezione delle gonadotropine e dunque dello sviluppo puberale. Questi farmaci, in realtà, sono utilizzati in un numero assai vasto di condizioni cliniche, dunque gli effetti collaterali registrati negli USA sono comprensivi di tutti questi usi come il cancro della prostata, il carcinoma mammario e i protocolli di fecondazioni in vitro, solo per fare alcuni esempi.

Di questi eventi avversi circa 26.000 sono stati classificati come “seri”, incluse 6.370 morti. Come si spiega un dato simile?
Gli eventi avversi seri che l’FDA ha registrato per le tre molecole che negli USA sono usate anche per bloccare la pubertà sono stati precisamente 25.984, di cui il 98,2% sono stati dovuti alla somministrazione della leuprolide le cui indicazioni ufficiali sono la terapia del carcinoma prostatico, dell’endometriosi e dei fibromi uterini. Le segnalazioni inoltre non implicano necessariamente una relazione di causa-effetto, ma solo di associazione rispetto alla somministrazione. Tra gli effetti segnalati nella scheda tecnica del farmaco vi sono le ideazioni suicidarie, gli shock allergici, le trombo-embolie venose, gli infarti e gli ictus. La possibilità di morte improvvisa a breve distanza dall’inizio della terapia col farmaco è stata messa in relazione da uno studio pubblicato nell’aprile del 2018 dalla rivista della Società Endocrinologica con un allungamento dell’intervallo QT all’elettrocardiogramma, un’anomalia che sappiamo costituisce un fattore di rischio per la fibrillazione ventricolare e la morte cardiaca improvvisa. Per la triptorelina, la molecola recentemente approvata in Italia per il blocco della pubertà nei bambini con disforia di genere, l’ente regolatorio dei farmaci riporta 279 casi di eventi avversi seri e 30 decessi.

Michael Laidlaw, endocrinologo di Rocklin (California), ha testimoniato di fronte alla Camera dei Lord del Parlamento britannico che i farmaci come la triptorelina interferiscono con i segnali che il cervello invia agli organi sessuali generando l’ipogonadismo. Cos’altro comporta un’interferenza simile?
Poiché gli ormoni sessuali intervengono in una miriade di processi biologici, è teoricamente possibile che il blocco puberale modifichi una vasta gamma di funzioni e determini alterazioni a vari livelli. Ad oggi le maggiori evidenze sono sul distretto osseo, dove si evidenzia nei maschi e nelle femmine un impoverimento della mineralizzazione che non viene reintegrato quando si somministrano gli ormoni del sesso opposto. Va poi ricordato che il testicolo comincia a produrre spermatozoi quando raggiunge le dimensioni di 10 ml. Il blocco puberale viene idealmente attuato allo stadio II di Tanner, quando la dimensione del testicolo è di 5 ml. Questo si traduce, dopo il blocco puberale, la transizione ormonale e chirurgica, in una sterilità permanente.

Ci sono anche testimonianze di persone che hanno cominciato a soffrire di insonnia, aumento di peso improvviso, osteoporosi, fragilità alle ossa. Come mai?
Per la ragione che le dicevo, gli ormoni sessuali sono implicati in pressoché tutte le funzioni, tra cui quelle metaboliche. Basta fare mente locale alla trasformazione che la donna può osservare con l’avvento della menopausa.

L’anno scorso, il servizio sanitario inglese era stato messo sotto accusa per aver somministrato questi farmaci a ben 150 bambini a cui era stata erroneamente diagnosticata la disforia di genere. Altri scandali hanno portato alle dimissioni dalla clinica Tavistock di alcuni medici spaventati per i possibili effetti di lungo termine sui pazienti e convinti che questa soluzione non risolveva il problema. Quali potrebbero essere gli effetti di lungo termine sui ragazzini?
Circa l’80% dei casi di disforia di genere dei bambini regredisce in età adulta. Le modificazioni puberali sono riferite da questi ragazzi come qualcosa che magari inizialmente li spaventava, ma poi li spingeva verso il riallineamento della loro psiche col loro sesso biologico. Non esiste conferma nella letteratura scientifica di ciò che ha affermato il Comitato Nazionale per la Bioetica di una presunta irreversibilità della disforia di genere quando essa raggiunge la pubertà. Nell’unico studio che abbia esaminato la questione, l’età era solo uno dei quattro fattori predittivi che insieme spiegavano poco più del 50% della varianza della persistenza, a testimonianza che l’età da sola è un elemento di predizione dell’andamento di malattia molto debole. Allora il rischio reale è che il blocco puberale si opponga all’evoluzione naturale favorevole, cristallizzando questi ragazzi nella loro condizione disforica.

Eppure chi si oppone a questa pratica clinica può essere accusato di essere “omofobo”. Quale clima si respira in Italia nell’ambito medico-ospedaliero riguardo a questa problematica?
Sebbene non si deva generalizzare, in molti casi mi pare di cogliere un clima di ossequiosa sudditanza antiscientifica verso il politicamente corretto. Se penso al programma di un recente congresso che si è svolto nella mia città, mi viene da domandarmi dove sia finito il gusto per la seria ed appassionata ricerca del vero attraverso il confronto aperto delle idee attraverso il rigore metodologico. Una volta, durante la preparazione di un congresso, sentii una collega specialista in neurologia che era molto interessata a fare emergere nei lavori la prospettiva della medicina di genere. Quando per la quarta volta pronunciò quella parola, medicina di genere, le domandai se sapesse cosa fosse. La risposta che mi dette, la differenza clinica tra uomini e donne, mi dimostrò che questa collega aveva idee totalmente sbagliate di un termine divenuto di gran moda che utilizzava ampiamente.

Se davvero l’uso di questo farmaco ha portato alla morte, se davvero, come spiegano alcuni pazienti, la delusione di uno stato psicologico che non cambia con il trattamento ormonale può portare al suicidio, come può essere accaduto che il Comitato Nazionale per la Bioetica abbia votato in blocco (cattolici compresi, tranne una) a favore dell’uso della triptorelina?
Mi permetta di rendere pubblicamente omaggio ancora una volta a quel membro del CNB, la professoressa Assuntina Morresi, che ha svolto in maniera corretta il lavoro di bioeticista. Non posso essere io, che non ne faccio parte, a dire come il CNB sia giunto a formulare quel parere, posso solo provvisoriamente supporre che i membri o i consulenti con formazione non medica non abbiano ricevuto informazioni complete, risultandone fuorviati. Se la letteratura dichiara in maniera univoca che il blocco puberale non riduce la disforia di genere, mi domando come sia possibile fare approvare un farmaco che blocca la pubertà al fine di ridurre la disforia di genere. Sarebbe come se per ridurre i dolori mestruali si desse un farmaco che blocca le mestruazioni, ma non i dolori mensili. L’incremento dei pensieri e dei tentativi di suicidio dopo il blocco della pubertà nella casistica inglese è emerso dopo che il professor Biggs, dell’Università di Oxford, ha avuto accesso ad un rapporto del 2015 ad uso del CdA della struttura che in Inghilterra gestisce questi casi, il Gender Identity Disorder Service (GIDS). Nello stesso anno la dottoressa che presiede quel centro, Polly Carmichael, era coautrice di un articolo sulla rivista Journal of Sexual Medicine che magnificava i risultati ottenuti col blocco puberale. L’Autorità per la Ricerca Sanitaria inglese ha avviato un’indagine per fare luce sulla condotta del GIDS. A fronte di dati che rilevano uno scarso se non assente effetto benefico, prospettano la possibilità di gravi effetti negativi e le notizie di possibili violazioni delle corrette procedure scientifiche, quando sono stato audito dalla Commissione Sanità del Senato, non ho potuto fare altro che suggerire la riapertura del dossier da parte dell’AIFA. Proprio nei giorni scorsi sul British Medical Journal è stato pubblicato un articolo che dà conto e fornisce una serie di dettagli che vanno ad arricchire un quadro già molto inquietante.