O'Malley batte un colpo contro la malagestione degli abusi
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Non è la prima volta che il cardinale di Boston, a capo della Pontificia commissione per la tutela dei minori, smaschera le ambiguità senza timori reverenziali. Anche nel caso dell'ex gesuita sloveno, che sembrava destinato all'insabbiamento.
Lo scorso 27 settembre, nel silenzio generale, un pezzo di Curia batte un colpo per protestare contro la misteriosa gestione dello scandalo Rupnik. La Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, infatti, emette una dichiarazione durissima in cui denuncia come «ogni giorno sembra portare alla luce nuove prove di abusi, nonché di insabbiamenti e maltrattamenti da parte della leadership della Chiesa in tutto il mondo». Il comunicato non fa nomi ma menziona «recenti casi denunciati pubblicamente (che) evidenziano carenze tragicamente dannose nelle norme».
Siamo a pochissimi giorni dalla clamorosa nota del Vicariato di Roma sulla conclusione della visita canonica al Centro Aletti che "riabilita" Rupnik e boccia il lavoro fatto sul suo dossier dal Dicastero per la dottrina della fede che provocherebbe «fondati dubbi anche sulla stessa richiesta di scomunica». La reazione del prefetto uscente, il mite cardinale Luis Ladaria è immediata e lo vede dare forfait al Sinodo a cui avrebbe dovuto partecipare su nomina pontificia. La comunicazione della Santa Sede, però, tenta di avallare la tesi di una rinuncia maturata per stanchezza e per necessità di un po' di riposo: peccato che sia lo stesso Ladaria a smentire questa versione presiedendo, a pochi metri da dove il Sinodo è in corso, una cerimonia di premiazione e prendendo impegni in luoghi non vicinissimi da Roma come la Basilicata. Dunque, nelle stesse ore in cui la gestione Ladaria su Rupnik viene sbattuta sul banco degli imputati dalla nota del Vicariato, la Pontificia commissione per la tutela dei minori diffonde una nota in cui rivendica di aver allineato «più strettamente i nostri sforzi con quelli del Dicastero per la Dottrina della Fede».
La dichiarazione di settembre è solo il primo passo dell'organismo guidato dal cardinale Sean Patrick O'Malley per provare a squarciare il muro di ambiguità elevato in Vaticano sul caso Rupnik. Segue, infatti, una lettera rivelata da Il Sismografo in cui Patricia Espinosa Hernández, componente della commissione, scrive alle presunte vittime dell'ex gesuita offrendo disponibilità a lavorare ad una revisione procedurale sul trattamento da loro ricevuto nel corso del processo. Ieri, annunciando la deroga alla prescrizione e la riapertura del processo all'artista sloveno da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede, il comunicato della Santa Sede ha fatto riferimento proprio alle segnalazioni inviate più di un mese fa dalla Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori al Papa su «gravi problemi nella gestione del caso di P. Marko Rupnik e la mancanza di vicinanza alle vittime».
Ancora una volta, dunque, il cardinal O'Malley dimostra di non avere timore reverenziale al cospetto di Francesco se c'è di mezzo la credibilità della Chiesa sulla piaga degli abusi. Era già successo nel 2018 per un'altra vicenda che rischiava di danneggiare l'immagine della Santa Sede sul fronte più caldo di tutti, quando il Papa si era ostinato a difendere il vescovo cileno Juan Barros dalle accuse di aver coperto l'ex prete pedofilo Fernando Karadima, bollandole come «calunnie». O'Malley sconfessò il Papa in un coraggioso comunicato in cui sosteneva che quelle parole «trasmettono il messaggio che se non puoi provare le tue affermazioni, allora non sarai creduto». In quel caso, Bergoglio incassò il rimprovero e ringraziò chi lo aveva pronunciato. Il cappuccino di Boston, l'arcidiocesi del caso Spotlight, non è rimasto indifferente di fronte allo scandalo tra le vittime e tra i fedeli che la gestione poco trasparente del caso Rupnik stava provocando ed ha deciso di lamentarsene col Papa, più di una volta.
Un'azione che riscatta anche il comportamento di padre Hans Zollner – dimissionario dalla Pontificia commissione per la Tutela dei Minori proprio in polemica col cardinale statunitense – che aveva ammesso di non aver risposto ad una mail di una presunta vittima di Rupnik speditagli nel giugno del 2022.