Negoziato per l'Ucraina a Gedda, come fare i conti senza l'oste
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A Gedda, in Arabia Saudita, si sono incontrate le delegazioni di 42 Paesi per discutere di un possibile negoziato di pace sull'Ucraina. Incontro di basso profilo e molti aspiranti mediatori che, per il loro ruolo, non prendono posizione. Turchia la più credibile. Russia non invitata.
Più che della pace in Ucraina, al vertice di Gedda le delegazioni di 42 nazioni hanno discusso di come avviare una trattativa e soprattutto di chi potrà guidarla.
Del resto non poteva che andare così dal momento che l’assenza della Russia (non invitata) rendeva del tutto inutile un summit in cui tutte le potenze, che ritengono di poter ricoprire un ruolo nella soluzione del conflitto, hanno messo in campo le proprie carte diplomatiche in un vertice comunque a basso profilo. Che, proprio a causa dell’impossibilità di giungere a conclusioni significative, ha visto le delegazioni internazionali guidate per lo più da alti funzionari.
A cercare di guadagnarsi un posto al sole per mediare futuri accordi si sono distinti i padroni di casa sauditi, i cui legami con Mosca sono in continua espansione, ma che hanno ospitato un vertice in cui l’unica proposta sul tavolo è stata quella di Kiev, basata su un anacronistico immediato ritiro russo da tutti i territori ucraini inclusa la Crimea.
Si sono distinti anche i cinesi che, pur senza mai criticare o condannare Mosca per l’attacco all’Ucraina, hanno ribadito la loro posizione "indipendente e imparziale" sul conflitto nel tentativo di trovare una soluzione politica, come ha detto il ministro degli Esteri Wang Yi. Pechino valuta che il summit di Gedda ha "contribuito a consolidare il consenso internazionale" per fermare il conflitto russo-ucraino e la partecipazione cinese è stata salutata come un evento positivo in Occidente, dove qualcuno si è spinto a ipotizzare un improbabile indebolimento dell’asse Mosca-Pechino.
In campo anche la Turchia, che già nel marzo 2022, aveva avuto successo nel mediare un accordo tra Mosca e Kiev, poi fatto saltare dalle pressioni anglo-americane sui vertici ucraini affinché la guerra continuasse per “logorare la Russia”. Recep Tayyip Erdogan presenterà a Vladimir Putin una proposta di cessate il fuoco in Ucraina, non appena si terrà il prossimo incontro tra i due leader a cui stanno lavorando le cancellerie di Mosca e Ankara e previsto per questo mese. Lo ha reso noto l'agenzia russa Ria Novosti, citando una fonte interna all'esecutivo turco. "Erdogan offrirà la sua mediazione nella risoluzione del conflitto, ribadendo la tesi secondo cui in questa guerra non ci saranno né vincitori né vinti". La notizia è giunta all'indomani della chiusura della conferenza internazionale di Gedda, quasi a voler ribadire, da un lato, che i mediatori più credibili sono ad Ankara e, dall’altro, che ogni ipotesi di negoziato deve passare da Mosca.
A Gedda nessuna nazione si è opposta formalmente alla condizione dell’integrità del territorio ucraino, elemento sbandierato come un grande successo dagli ucraini. Il capo dell'ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak, ha parlato di “duro colpo” inferto a Mosca annunciando che entro un mese e mezzo si terrà un altro incontro. A Gedda c’erano soprattutto nazioni che hanno assunto un approccio neutrale nel conflitto e che si sono proposti per mediare un accordo (Cina, India, Brasile, nazioni africane…) e nessuno Stato che aspiri al ruolo di negoziatore ha interesse a mettere in discussione il principio dell’integrità territoriale, caro agli ucraini, così come nessuno di questi Stati ha condannato la Russia o le ha posto sanzioni.
Il mediatore deve essere neutrale per poi far dialogare i contendenti e indurli a concedere qualcosa rispetto alle rispettive pretese e prerogative. È ovvio che chi aspira al ruolo di negoziatore deve risultare gradito alle parti in causa. Tuttavia nel dibattito a porte chiuse nella città saudita non deve essere mancato il realismo se il consigliere del presidente ucraino, Mykhailo Podolyak, ha affermato che non tutti i Paesi partecipanti comprendevano che la guerra non può finire fino a quando la Russia non sarà completamente fuori dal territorio ucraino. "Negoziati senza che i russi perdano territorio getterebbero discreto sul diritto internazionale. Lasciare qualsiasi territorio occupato alla Russia, anche una piccola porzione, significherebbe che la guerra viene semplicemente rimandata a fasi successive". In realtà veri negoziati di pace, in termini concreti, dovranno necessariamente basarsi su cessioni territoriali e politiche da parte dell’Ucraina che in questo momento sta perdendo la guerra.
Tra un mese e mezzo, quando si riuniranno di nuovo le nazioni presenti a Gedda non è detto che la situazione militare non sia mutata, ma anche in tal caso è difficile credere che un eventuale cambiamento possa essere a vantaggio di Kiev. "Senza la partecipazione della Russia e senza tener conto dei suoi interessi, nessun incontro sulla crisi ucraina ha il minimo valore aggiunto": ha affermato la portavoce della diplomazia russa, Maria Zakharova, commentando i colloqui di Gedda e precisando che "vanno riconosciute le nuove realtà territoriali che si sono sviluppate" in Ucraina "a seguito dell'esercizio da parte degli abitanti delle nuove regioni russe del diritto all'autodeterminazione sancito dalla Carta delle Nazioni Unite".
Un riferimento alle quattro regioni annesse alla Russia nel settembre scorso in seguito a referendum non riconosciuti dalla comunità internazionale. Le posizioni restano quindi distanti e del resto i vertici russi affermano da tempo che non vi siano attualmente le condizioni per un negoziato. Condizioni che potranno con ogni probabilità emergere solo dagli sviluppi sui campi di battaglia. Sviluppi che non è detto siano imminenti.