Nascite sempre più giù, gli immigrati non sono la soluzione
Nel 2017 è stato toccato un altro record negativo di nascite: appena 458.151, oltre 15mila in meno rispetto all’anno precedente, quasi 120mila in meno rispetto al 2008. Numeri che fanno paura, è questa la vera emergenza italiana, ma politici e anche ecclesiastici pensano solo a favorire l'immigrazione.
Ormai non fa neanche più notizia, però nel 2017 è stato toccato un altro record negativo di nascite: appena 458.151, oltre 15mila in meno rispetto all’anno precedente, quasi 120mila in meno rispetto al 2008, ci dice l’Istat. Che aggiunge: «È una crisi strutturale». Ed è perfino ovvio: il tasso di fecondità è ben sotto il livello di sostituzione da oltre 45 anni, vuol dire che sono ormai in netto calo le donne in età riproduttiva (900mila in meno rispetto al 2008).
Quindi, anche se il tasso di fecondità restasse invariato le nascite diminuirebbero, in una spirale negativa senza fine. Ma in più il tasso di fecondità continua a scendere dal 2010: era di 1.46 figli per donna, nel 2017 è sceso a 1.32. E a tenerlo alto (si fa per dire) ci sono le donne straniere residenti che per quanto seguano anche loro una tendenza al declino mantengono un tasso di fecondità di 1.98 figli per donna contro l’1.24 delle italiane. Per completare il quadro, l’Istat ci informa che sono in costante aumento le donne senza figli: erano l’11.1% nella generazione del 1950, il 13% in quella del 1960, arriveranno al 22% le donne della generazione del 1977 (a fine ciclo di vita riproduttiva).
Sono numeri che fanno paura, è questa la vera emergenza italiana, ma i politici hanno altro cui pensare. Di fronte a questo suicidio annunciato di una nazione, abbiamo governanti e purtroppo anche ecclesiastici che vedono l’immigrazione come la soluzione del problema. Non solo non è la soluzione, ma è l’accelerazione della fine, a maggior ragione se una buona percentuale di questa immigrazione è islamica, come si può capire anche leggendo l’ultimo Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa dedicato proprio a “Islam: un problema politico”, e di cui riferiamo a parte. Solo chi pensa che la popolazione siano numeri e non persone - con la loro storia, la loro cultura, le loro aspirazioni, i loro bisogni - può pensare che il bene di un Paese si raggiunga o si mantenga sostituendo la popolazione autoctona con un variopinto insieme di popolazioni importate.
La realtà è infatti ben diversa: non c’è possibilità di integrazione se non c’è una popolazione forte, cosciente della propria identità e per ciò capace di incontrare e accogliere altre culture. Che integrazione è possibile in classi scolastiche dove gli italiani sono ormai una minoranza e gli altri studenti sono da un misto di paesi con culture molto diverse fra loro? E tornando al tema islam: che integrazione è possibile con comunità che tutto vogliono meno che integrarsi in un Paese che vedono solo come terra di conquista?
L’unica vera risposta alla denatalità è soltanto l’inversione di tendenza, una ripresa sostenuta del tasso di fecondità, cosa che però – stando alle cifre riportate dall’Istat – al momento appare improbabile. E continuerà ad esserlo finché non si rimetterà l’unità e la stabilità della famiglia (quella naturale: uomo e donna uniti in matrimonio) in cima alle priorità di governo, e finché non si interverrà per fermare l’aborto.
Ma soprattutto è necessario far rinascere una cultura della vita, perché i soldi possono aiutare ma non saranno mai il motivo per desiderare e decidere di avere dei figli. È necessaria una cultura che guardi al futuro con speranza, che sia protesa alla costruzione, che non sia soggetta alla dittatura delle circostanze. È per questo che il contributo maggiore che la Chiesa può dare è l’evangelizzazione, l’annuncio che «la liberazione è vicina», come suggerisce la liturgia odierna. Solo da questa certezza può nascere una vera cultura della vita, un’apertura al futuro che fa desiderare e decidere di avere figli. Peccato che i primi a non crederci sono i nostri pastori, che preferiscono invece rifugiarsi in una più comoda richiesta al governo di misure politiche adeguate o vaneggiano di immigrati che prendono il posto dei vecchi italiani.