Medjugorje, l’albero buono si vede dai frutti
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In che senso la Madonna chiama a Medjugorje, il carattere cristocentrico, persone e vite cambiate, un’abbondanza di frutti materiali e soprattutto spirituali. I messaggi: solo “edificanti”? E i segreti? La testimonianza di Diego Manetti ai Venerdì della Bussola.
«Mai si è visto che l’uomo riesca a cambiare il cuore di un uomo in maniera autentica, profonda e durevole, come lo stesso papa Francesco ha riconosciuto, né si è mai visto il demonio lavorare per il suo nemico per eccellenza, portando l’uomo a convertirsi, a confessarsi e a intraprendere quella strada di conversione che è il cuore del messaggio di Medjugorje». Sono parole di Diego Manetti, autore di più di una trentina di libri dedicati alla Madonna, intervenuto alla puntata di ieri dei Venerdì della Bussola intitolata “Viaggio a Medjugorje”, in dialogo con Stefano Chiappalone.
È passata poco più di una settimana dalla pubblicazione, il 19 settembre 2024, della nota La Regina della Pace, con cui il Dicastero per la Dottrina della Fede ha concesso il nulla osta rispetto all’esperienza spirituale sorta a Medjugorje, riconoscendone la bontà, pur senza pronunciarsi sulla soprannaturalità delle apparizioni, tuttora ufficialmente presunte.
Com’è vero che questo è oggi il pronunciamento della Chiesa – senz’altro da rispettare, tanto più che il fenomeno è ancora in corso – è altrettanto vero che la bontà dei frutti di Medjugorje si accompagna, nel vissuto personale di innumerevoli devoti, a una forte esperienza di soprannaturale, con una salda prospettiva cristocentrica. È quanto testimonia lo stesso Manetti, fin dal ricordo del suo primo pellegrinaggio (su 61) a Medjugorje, nel 2004. All’origine una “spinta” particolare: la testimonianza piena di gioia di una collega, di ritorno dalla piccola località in Bosnia-Erzegovina, di cui Manetti si era fin lì interessato più che altro per motivi di lavoro. Decise anche lui di andarvi, scegliendo come occasione l’apparizione annuale straordinaria che la veggente Mirjana afferma di ricevere ogni 18 marzo. Ma non fu la presenza a quell’apparizione a rimanergli più impressa, bensì la scena che gli si presentò la sera dell’arrivo, un giovedì: «Sono arrivato sulla spianata retrostante la chiesa [di San Giacomo, ndr] appena prima che venisse esposto il Santissimo: quando il sacerdote è uscito con l’Eucaristia, ci saranno state 7-8 mila persone insieme, che si sono messe in ginocchio. E mi sono detto: qui Dio è realmente presente». Una testimonianza che potrebbero fare tantissimi altri pellegrini e che – lungi dalla critica che gli scettici su Medjugorje rivolgono al presunto eccessivo protagonismo della Madonna – conferma che Maria chiama i suoi figli e in definitiva non fa altro che condurli a Gesù.
In fondo, come nota Manetti, rispondere alla chiamata della Madonna equivale al «vieni e vedi» del Vangelo. Una risposta capace di unire fede e ragione. Il mariologo ricorda un’altra esperienza personale avvenuta poco dopo il primo pellegrinaggio, quando, invitato da Marija Pavlovic a recarsi a casa sua, senza sapere che lei avesse apparizioni quotidiane, si misero a pregare il Rosario in ginocchio con altre due persone. «A un certo punto la vidi cambiare completamente espressione. Eravamo in quattro. E quello che vidi mi colpì profondamente». «Notai subito che durante questa esperienza la veggente parlava con la Madonna, muoveva le labbra, si vedevano come nella gola le corde vocali che si muovevano ma non si sentiva nessun rumore». «I bambini che fino a poco prima giocavano rumorosamente a qualche metro di distanza si erano azzittiti senza che nessuno dicesse nulla», come di fronte a una scena abituale. Manetti avvertì un profondo calore sul capo, ma credette all’inizio a una suggestione. A fine apparizione, descrivendola come di consueto, fu Marija a dirgli che la Madonna lo aveva benedetto mettendogli una mano sulla testa e affidato il compito di distribuire ai suoi amici i rosari benedetti durante l’apparizione stessa. E da lì è nata la consapevolezza di un particolare apostolato, con Manetti che si rese via via conto che non doveva solo distribuire rosari, ma «dovevo portare gli amici al Rosario» e far loro conoscere la realtà di Medjugorje.
Tra i frutti, spiccano innanzitutto quelli spirituali. Il docente e scrittore afferma che «il miracolo più eclatante» che avviene a Medjugorje «è il miracolo che avviene nei confessionali», con persone che si aprono con i confessori a volte anche dopo decenni di lontananza dalla Chiesa. Manetti sottolinea che questo fa la differenza, perché la Madre celeste chiama sì ciascuno dei suoi figli – ognuno con i suoi problemi, i suoi dolori e le sue domande – ma affinché il viaggio a Medjugorje sia spiritualmente proficuo bisogna fare attenzione «a non essere nella condizione di chi non può ascoltare. Le orecchie del cuore sono tappate dai nostri peccati. Se non c’è una buona confessione non ci si prepara adeguatamente all’incontro con la Madre di Dio». Una buona confessione ci apre invece ad accogliere le grazie che il Signore vuole donarci: «Tante volte ho accompagnato genitori che avevano perso figli in modo grave, drammatico, per incidenti, per malattie... Ho accompagnato mariti e mogli che avevano subìto la separazione e pregavano per potersi riconciliare con lo sposo o con la sposa. Vedevo che entrando in confessionale accadeva qualcosa che andava ben al di là non solo della loro aspettativa ma anche della mia».
A quelli spirituali, si aggiungono i frutti materiali, come le guarigioni fisiche. Manetti descrive un caso che lo coinvolse in prima persona, con un ateo – zio di un suo studente – guarito in modo improvviso e inspiegabile da un tumore allo stomaco dopo aver accettato di mettersi sul corpo – giorni prima di un delicato intervento – un fazzoletto imbevuto del liquido che fuoriesce dalla statua del Cristo risorto di Medjugorje. E questo è solo un caso tra tanti. Manetti spiega che a Medjugorje «la parrocchia custodisce oltre 400 fascicoli legati a miracoli di tipo medico e fisico che scientificamente non sono spiegabili», sebbene non sia stata ancora istituita una commissione medica che si pronunci, come a Lourdes, su ciascuno di simili eventi. Ma in generale l’abbondanza dei frutti, sia spirituali che materiali, è tale che «l’albero deve essere per forza buono».
Di grande interesse anche tutto il dialogo tra Chiappalone e Manetti a proposito dei messaggi della Regina della Pace. Il docente ragiona sul fatto che tali messaggi, ad oggi da accogliere secondo il Ddf come «testi edificanti», contengono – da oltre 43 anni – un costante invito alla conversione, basato sui “cinque sassi” (preghiera, digiuno, confessione, Eucaristia, lettura della Bibbia); i messaggi parlano tanto alla Chiesa universale quanto – nota il mariologo richiamando tra l’altro quanto avvenuto anni dopo la morte, in un incidente, del proprio fratello gemello – «al cuore del singolo». Come spiegare tutto questo, se si esclude il soprannaturale, considerando che quando tutto ebbe inizio – nel giugno 1981, sotto un regime comunista e quindi ateo – i veggenti erano appena bambini e adolescenti?
In questo quadro, la chiamata celeste all’urgenza della conversione, si inseriscono anche i segreti, ossia «profezie di dieci avvenimenti, importanti e drammatici, con cui – come ha detto Mirjana nel suo libro Il mio Cuore trionferà – la Madonna ha deciso di cambiare il mondo».
Nota su Medjugorje, contraddizioni e voglia di controllo
Il nihil obstat del Vaticano all'«esperienza spirituale» di Medjugorje cambia ben poco per i pellegrini, ma da ora i messaggi passeranno al vaglio dell'inviato del Papa. C'è forse preoccupazione per gli annunciati segreti? E come si concilia il rifiuto di stabilire la soprannaturalità con la stabilita autenticità delle prime sette apparizioni?
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Dal Vaticano ok a Medjugorje ma non si parli di soprannaturale
Dalla Santa Sede arriva il nulla osta per l'"esperienza spirituale" in corso da 43 anni in Erzegovina. Valutazione positiva sui frutti e sui pellegrinaggi, ma con l'invito a non incontrare i veggenti.
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