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La parrocchia prima di tutto: Fernandez vuole una Maria disincarnata

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Nel dire che la Madonna non può sostituire il posto del parroco, il prefetto Fernandez colloca la Madonna in posizione gerarchicamente inferiore rispetto al ruolo della parrocchia nell’economia della salvezza. Ecco come il Prefetto Ddf intende la Chiesa: un organismo burocratico di carattere partecipativo che svolge i suoi compiti di assistenza secondo criteri privi di trascendenza. 

Ecclesia 21_09_2024

Prima la parrocchia, poi la Madonna. Questo in sintesi il pensiero del Dicastero per la Dottrina della Fede espresso nella nota La Regina della Pace circa l’esperienza spirituale legata a Medjugorje (qui un approfondimento). Il passaggio in cui il cardinale prefetto Víctor Manuel Fernández ha creato nei laboratori del suo Dicastero questa perla teologica è il seguente: «Ci sono altre espressioni che corrono il rischio di essere interpretate in un senso sbagliato, come accade nei messaggi per la parrocchia. In essi la Madonna sembra desiderare un controllo su dettagli del cammino spirituale e pastorale – richieste di giornate di digiuno o indicazioni di specifici impegni per i diversi tempi liturgici –, dando così l’impressione di volersi sostituire agli organismi ordinari di partecipazione. […] I messaggi della Madonna, però, non possono sostituire ordinariamente il posto del parroco, del consiglio pastorale e del lavoro sinodale della comunità circa le decisioni che sono oggetto del discernimento comunitario, grazie al quale la parrocchia matura nella prudenza, l’ascolto fraterno, il rispetto degli altri, il dialogo» (29).

Il ragionamento è il seguente: la Madonna non può sostituirsi alla parrocchia, al cammino indicato dal parroco e dal consiglio pastorale. Ergo questi messaggi non vengono da lei. Sono stati partoriti in piena autonomia dai veggenti (presunti veggenti per il Dicastero): «Tali ripetute esortazioni indirizzate ai parrocchiani sono una comprensibile espressione dell’intenso amore dei presunti veggenti nei confronti della loro comunità parrocchiale» (29). Insomma, una sorta di dannosa proiezione dei desiderata dei veggenti (presunti veggenti).

Anche se Maria non fosse mai apparsa a Medjugorje, rimane in piedi il concetto erroneo espresso dalla nota: la parrocchia è più importante della Madonna. Affermazione che esige almeno due presupposti. Il primo: la parrocchia e tutti i suoi organismi interni sono di diritto divino positivo. E dunque l’istituzione della parrocchia, al pari della Chiesa cattolica, è un dato rivelato. Secondo presupposto: la Madonna si trova in una posizione gerarchicamente inferiore rispetto al ruolo della parrocchia nell’economia della salvezza (a breve, per i tipi Libreria Editrice Vaticana, Le litanie parrocchiali).

Questo passaggio della nota esprime in modo adamantino come Mons. Fernandéz intenda la Chiesa: un organismo burocratico di carattere partecipativo che svolge i suoi compiti di assistenza secondo criteri privi di trascendenza e assai simili a quelli che regolano una qualsiasi Carta dei servizi del cittadino: prudenza, ascolto, rispetto degli altri, dialogo. Il ruolo di Madre di Dio, insieme alla montagna di tutti gli altri titoli spesso dogmaticamente a lei riconosciuti dalla Chiesa nei secoli, non è sufficiente a Maria per scalzare dal primato pastorale la parrocchia, perché parroco, coadiutore, membri del consiglio pastorale ne sanno più di lei e meglio di lei in materia di salvezza.

Se perciò da una parte Maria tuttalpiù potrebbe sedere nel Gruppo Mamme della parrocchia di Nazareth, su altro fronte dà fastidio la sua concretezza e appare pure sospetta. Da sempre la Madre di Gesù nelle sue apparizioni dava prova di essere donna anche molto pratica («Fate quello che egli vi dirà» è la prova provata di questa asserzione): chiedeva di costruire santuari, di praticare digiuni, di recarsi da tal persona o talaltra, di riferire alcune parole, di recare con sé alcuni oggetti, faceva sgorgare fonti, etc. Tutto questo realismo e questo sano pragmatismo fanno storcere il naso al Dicastero che ha un’immagine disincarnata di Maria (la persona nelle cui carni si è espresso in modo sommo il concetto di incarnazione), spiritualizzata, quasi che Maria avesse altro a cui pensare rispetto a digiuni e santuari.

La Madonna, quella vera, dovrebbe librarsi su paesaggi ideali sui quali fioriscono concetti vaghi e immateriali come amore, fratellanza, rispetto. Insomma dovrebbe essere paradigma eccelso dello spirito fumoso della sinodalità. La concretezza a volte presente nei messaggi stride allora con l’aurea e apollinea rappresentazione che di lei se ne sono fatti al di là delle mura leonine ed intacca, sporcandolo, il suo sacro manto.

Una vera e propria contraddizione, se guardiamo bene: infatti la figura del parroco, gli organismi parrocchiali, i sinodi – tutti strumenti particolarissimi e assai tecnici, aspetti molto concreti della vita ecclesiale – appaiono ai nuovi gestori della res catholica fondamentali, imprescindibili, addirittura più importanti del contenuto della fede (perché lo strumento/il processo ha più valore del fine perseguito perché fine esso stesso). E dunque per il Magistero attuale tutta questa minutaglia organizzativa è lodevolissima e rappresenta il centro della fede cattolica – il sinodo è tutto, ormai lo abbiamo imparato bene – ma guai se Maria fa lo stesso e scende nel concreto, quel concreto che è l’unico spazio esistente entro cui ci salveremo o ci danneremo.



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