Marx, una picconata alla Chiesa e all’odiato Woelki
Reinhard Marx ha annunciato le sue dimissioni da arcivescovo di Monaco con una lettera al Papa datata 21 maggio e resa pubblica ieri con il permesso di Francesco. Il cardinale scrive che la Chiesa è arrivata a un “punto morto” e di sentirsi “corresponsabile” per la gestione dei casi di abusi sessuali. E poi attacca, senza nominarlo, Woelki. Un passo indietro ‘politico’, che arriva prima della pubblicazione di un rapporto sulla sua Arcidiocesi e mentre lo stesso Marx conserva gli incarichi in Vaticano.
Le macerie della Chiesa tedesca continuano a cadere sulla testa dei fedeli sempre più delusi e disorientati. Una picconata importante l’ha rifilata ieri il cardinale Reinhard Marx, annunciando le sue dimissioni da arcivescovo di Monaco e Frisinga. A creare sconcerto, però, non è il passo indietro in sé ma le ragioni per le quali è avvenuto. L’ex presidente della Conferenza episcopale tedesca ha deciso di spiegarle in una lettera al Papa datata 21 maggio ma resa pubblica ieri sul sito dell’Arcidiocesi.
L’autorizzazione alla pubblicazione è arrivata dallo stesso Francesco in una mail successiva ad un incontro privato tra i due. Secondo Marx, la Chiesa sarebbe giunta “ad un punto morto” che, però, a suo dire potrebbe diventare “un punto di svolta” unicamente seguendo “la via sinodale”. Rinunciando alla guida dell’Arcidiocesi, il porporato dice di volersi prendere “la corresponsabilità relativa alla catastrofe dell’abuso sessuale perpetrato dai rappresentanti della Chiesa negli ultimi decenni”, sostenendo che “le indagini e le perizie degli ultimi dieci anni” dimostrerebbero che “ci sono sati [stati] sia dei fallimenti a livello personale che errori amministrativi, ma anche un fallimento istituzionale e sistematico”.
Da Marx, poi, un siluro contro l’odiato Rainer Maria Woelki, l’arcivescovo di Colonia finito nella bufera dopo la pubblicazione di un’indagine indipendente sulla gestione dei casi di abusi nella sua diocesi tra il 1975 e il 2018, che lo ha scagionato da responsabilità personali: “Polemiche e discussioni recenti - scrive l’arcivescovo dimissionario di Monaco e Frisinga - hanno dimostrato che alcuni rappresentanti della Chiesa non vogliono accettare questa corresponsabilità e pertanto anche la co-colpa dell’Istituzione”. “Di conseguenza - continua Marx - rifiutano qualsiasi tipo di riforma e innovazione per quanto riguarda la crisi legata all’abuso sessuale”. Nonostante abbia poi precisato nel corso di una conferenza stampa convocata nel pomeriggio di “non voler influenzare i confratelli”, appare piuttosto evidente in questo passaggio il riferimento al cardinale Woelki che è stato il principale avversario della linea ultra-progressista di Marx all’interno dell’episcopato tedesco.
A Colonia, peraltro, è stata disposta una visita apostolica comunicata dalla Nunziatura apostolica lo scorso 28 maggio, quindi sette giorni dopo la lettera di Marx (e probabilmente dopo l’incontro a Roma) al Papa. Per il cardinal Marx, il gesto di annunciare le dimissioni diventa l’occasione per un j’accuse generale contro la Chiesa e la sua gestione dello scandalo abusi: “Non è possibile - scrive - relegare le rimostranze semplicemente al passato e ai funzionari di allora e in tal modo seppellirle”, rivelando di avvertire “personalmente” “la corresponsabilità anche attraverso il silenzio, le omissioni e al troppo peso dato al prestigio dell’Istituzione”.
La rinuncia arriva dopo che lui stesso aveva commissionato un’indagine indipendente allo studio legale Westpfahl Spilker Wastl sulla gestione dei casi di abusi nell’Arcidiocesi di Monaco. A marzo il porporato aveva detto che il rapporto sarebbe stato pronto in estate, dicendosi disposto a pubblicare tutto, senza omettere eventuali responsabilità sugli anni del suo mandato e su quelli dei suoi predecessori. Tra questi c’è anche Joseph Ratzinger che era stato arcivescovo tra il 1977 e il 1982, prima di essere chiamato a Roma da Giovanni Paolo II a guidare l’ex Sant’Uffizio. Il passo indietro di Marx, quindi, arriva prima che sia reso pubblico il report dello stesso studio legale che Woelki aveva accusato di carenze metodologiche a Colonia.
Nella sua missiva al Papa, il porporato originario della Westfalia scrive che rimettendo l’incarico ha voluto dare “un segnale personale per nuovi inizi, per una nuova ripartenza della Chiesa e non soltanto in Germania”. Ma Marx non ha intenzione di uscire di scena e, infatti, esprime il desiderio di impegnarsi “per un rinnovamento spirituale della Chiesa”. Bisogna ricordare, inoltre, che le dimissioni annunciate riguardano l’incarico di arcivescovo di Monaco e Frisinga ma non quello di membro del Consiglio dei cardinali e di coordinatore del Consiglio per l’Economia. Marx dice che dimettendosi da arcivescovo vuole “dimostrare che non è l’incarico ad essere in primo piano, ma la missione del Vangelo”. Dal momento che non c’è missione più evangelica di quella di un vescovo-pastore chiamato a condurre i fedeli-gregge, non sarebbe stato più coerente conservare quel ruolo e lasciare, invece, gli incarichi curiali?
Marx è abituato a coup de théâtre come quello di ieri: lo scorso anno aveva deciso, a sorpresa, di non ricandidarsi come presidente della Conferenza episcopale tedesca proprio a ridosso dell’apertura di un “Cammino sinodale” da lui fortemente voluto. D’altra parte, la posizione di grande responsabilità nel Consiglio che coadiuva Papa Francesco nella riforma della Chiesa aveva cominciato ad assorbire buona parte del suo tempo, non permettendogli più di svolgere come in passato tutti quegli incarichi. Adesso la notizia del suo passo indietro da arcivescovo in segno di protesta verso una Chiesa arrivata ormai ad “un punto morto” gli è valsa lodi in tutto il mondo e messaggi di solidarietà da diversi confratelli. Quella degli abusi sessuali commessi da chierici è una piaga che ha insudiciato l’immagine della Chiesa, ma il durissimo mea culpa (più sistemico che personale) del porporato rischia di screditare il lavoro che in questi anni è stato fatto da Benedetto XVI e Francesco sul fronte della trasparenza e della tutela dei minori.
È lo stesso Marx, nella sua lettera al Papa, a dare del suo gesto un’interpretazione ‘politica’ definendolo un “segnale” per “una nuova ripartenza della Chiesa”. Ma sul fronte abusi cosa è cambiato rispetto a tre anni fa, quando da presidente della Conferenza episcopale tedesca rispondeva con un secco “nein” alla giornalista Christiane Florin che gli chiedeva - poco dopo l’uscita delle indiscrezioni su un’indagine secondo cui quasi 4000 minori sarebbero stati vittime di violenze commesse da preti tedeschi tra il 1946 e il 2014 - se ci fossero vescovi che si sarebbero dovuti dimettere? In questo periodo di tempo ci sono stati il summit di Roma e i documenti pontifici che hanno evidenziato la priorità della Chiesa a combattere ogni negligenza. Quindi, quando Marx parla di “fallimento istituzionale” nella sua lettera, indirettamente critica la persona a cui giura obbedienza nel finale, il Santo Padre. La missiva del cardinale tedesco parla del passato, ma ha l’effetto di danneggiare la Chiesa nel presente. Un presente in cui la strada della tolleranza zero contro gli abusi e le coperture è già stata imboccata da tempo, senza timore di inversioni.
Altra cosa sarebbe stata se la lettera si fosse limitata ad un atto di coscienza personale. Il cardinal Marx, in effetti, potrebbe esser rimasto segnato da quanto avvenuto lo scorso aprile, quando aveva deciso di non ritirare un’onorificenza federale dopo le proteste di un’organizzazione di vittime di abusi commessi da sacerdoti. Secondo la Missbit (questo è il nome dell’organizzazione) l’arcivescovo dimissionario di Monaco e Frisinga, ai tempi del suo incarico a Treviri, non avrebbe preso sul serio alcune denunce. In un comunicato stampa, l’organizzazione aveva scritto che “il fatto che Marx ammetta occasionalmente degli errori è una forma intollerabile di banalizzazione della violenza”, accusandolo di “rifiuto di parlare, sminuimento e intimidazione” ai danni delle vittime. Si tratta di accuse non verificate che il cardinale aveva detto di aver preso “molto sul serio, indipendentemente dalla correttezza delle singole affermazioni nelle lettere aperte e nei media”.
Per la giornalista Claudia Mollers, che ne ha scritto in termini positivi sulla rivista Merkur, il cardinale avrebbe “ammesso errori nella gestione di casi di abusi nella sua ex diocesi di Treviri” e anche a ciò si dovrebbe il “buon segnale dato” istituendo la fondazione Spes et Salus che aiuta le vittime di abusi sessuali nella Chiesa dotandola della maggior parte del suo patrimonio personale.