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RIPARTIRE DALLE RADICI

Mantovano: a Norcia le fondamenta dell'Europa

A sei anni dal sisma del 2016 il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio si è recato nella città natale di San Benedetto, presentando il padre del monachesimo come modello per la ricostruzione in corso. Un'opera non solo materiale ma fondata sul riconoscimento dell'identità.

Cultura 03_11_2022
norcia

Ricostruire dalle fondamenta mossi dalla nostalgia della bellezza perduta: sono i fili conduttori del breve ma denso intervento – una piccola lectio magistralis – che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha tenuto a Norcia domenica scorsa in occasione del sesto anniversario del sisma del 30 ottobre 2016. Solo due mesi prima, alla fine di agosto, il terremoto aveva seminato vittime sempre nel centro-Italia, con epicentro ad Accumoli, nel reatino.

La commemorazione ha avuto inizio alle 7:40, stessa ora della scossa che aveva distrutto la basilica sorta sulla casa natale di Benedetto da Norcia, le cui macerie divennero una drammatica icona di quella nuova ferita con cui ancora oggi deve fare i conti l’intero territorio. Gli interventi delle autorità sono stati preceduti da con un momento di preghiera nella cripta, ora ricostruita, presieduto dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, alla presenza – tra gli altri – del sottosegretario Mantovano, del parroco di Norcia e anche dei monaci benedettini che dal 2000 al 2016 avevano vissuto e celebrato proprio lì, dove nel 480 nacquero i gemelli Benedetto e Scolastica – e ora “rifugiati” su una vicina altura dove sono impegnati a riedificare un monastero.

San Benedetto e Antoine de Saint-Exupery sono i protagonisti, rispettivamente, del prologo e dell’epilogo del discorso di Mantovano, in rappresentanza del presidente del Consiglio Giorgia Meloni che appena dieci giorni fa aveva evocato il santo di Norcia nel suo primo discorso alle Camere («noi siamo gli eredi di San Benedetto»). Il padre del monachesimo e patrono d’Europa è insieme fondamento e modello di ricostruzione: «Per costruire un edificio solido bisogna partire dalle fondamenta, e le fondamenta dell’Europa sono qui», così ha esordito il sottosegretario. Fondamenta non solo ideali, «non soltanto per ciò che San Benedetto ha significato per l’Europa», ha precisato, «ma perché il lavoro che ha svolto ha una singolare analogia con il lavoro [di ricostruzione] che è in corso».

«La ricostruzione di un mondo che era crollato, quello dell’impero, attraverso la terra che veniva dissodata e la cultura che veniva salvata e riletta».  Un’opera che riparte dalle piccole cose, ma con radici profonde, che «oggi ha molto da insegnare a terre che sono state devastate dal sisma e che hanno iniziato questo cammino – molto faticoso e molto impegnativo – che dà dei frutti importanti di ricostruzione non solo materiale ma anche spirituale perché», qui il sottosegretario si ricollega alle parole pronunciate poco prima dal vescovo, «il riconoscimento della propria identità è il reale fondamento della ricostruzione». Un processo, diremmo, a ritroso, fino alle origini, per poter ricominciare a plasmare il futuro laddove sembrava essersi bruscamente e tragicamente interrotto.

Ed è proprio il riconoscimento della propria identità a chiudere il cerchio tra le due parti del discorso, inserendo in una visione di ampio respiro anche le questioni più concrete e dettagliate – toccate nella parte centrale – relative ai lavori e al ruolo di governo e istituzioni, che richiedono attenzione alla «specificità» di ciascun territorio, poiché «l’Italia non è un blocco omogeneo, ma una realtà molto diversificata», le cui differenze «meritano ciascuna un’attenzione specifica, particolare. Un’attenzione, però», ha precisato Mantovano, «che non può trascurare il punto dal quale sono partito e col quale chiudo», ovvero, di fronte a difficoltà così grandi (alle calamità, come pure alla guerra o alla recessione economica), «ricordarsi di ciò che rappresenta la radice è il punto che permette di affrontarle col piglio più adeguato».

Rievocare le radici significa ripartire dalle origini perché possano dare nuova vita, tener presenti i motivi profondi da cui è scaturito qualcosa che non c’è più o che è stato ferito perché possa tornare e guarire. L’ultima citazione è tratta da Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, considerato «a torto un libro per bambini, perché in realtà è un libro per adulti». Mantovano ne riprende un celebre passo: «Se vuoi costruire una nave non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente e raccogliere gli attrezzi, non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro, ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà risvegliata in loro questa sete si metteranno subito al lavoro per costruire la nave». Lo stesso è accaduto e deve accadere a Norcia, dove «la nostalgia della grandezza e della bellezza di questa terra ha spinto subito a distribuire i compiti a organizzare, ma è stata quella la molla originaria che ho riscontrato tangibilmente anche questa mattina».

È innegabile che si respiri aria nuova ascoltando un esponente del governo che propone tra i suoi riferimenti culturali San Benedetto e Il Piccolo Principe. Ai quali viene spontaneo sovrapporre tra le righe – e senza timore di travisare – anche il celebre passo di Guareschi: «salvare il seme. […] Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza». Discorsi astratti, obietterà qualcuno, dimenticando che è proprio una visione d’insieme a fare la differenza tra politica e mera amministrazione, e senza la quale anche la gestione delle emergenze rischierebbe il classico effetto della toppa peggiore del buco. Una visione che per la classe politica attualmente alla guida costituisce un onere per l’impegno alla ricostruzione, non solo delle dolorose macerie del sisma, ma anche di un Paese che vanta straordinarie vestigia del suo patrimonio spirituale e culturale, ma ne ha smarrito l’identità e la linfa vitale.