Macroniadi 2024, un grande esperimento sociale ecologista che sta andando male
Ascolta la versione audio dell'articolo
Il villaggio olimpico di Parigi 2024 è invivibile e sono sempre più gli atleti che protestano o se ne vanno. E nella Senna ci si nuota, mettendo a rischio la salute. Ma non è una questione di disorganizzazione: è l'utopia verde applicata coerentemente. Le olimpiadi di Macron sono un grande esperimento sociale.
- C'è bacio e bacio nell'iperspazio woke di Tommaso Scandroglio
Thomas Ceccon, nuotatore, dorme sul prato, perché in stanza non prende sonno. «Si mangia male, fa caldo e non c'è l'aria condizionata. Molti atleti si spostano e se ne vanno», aveva detto in una precedente intervista. Il villaggio olimpico di Parigi 2024 è l’ultimo oggetto delle polemiche, in ordine di tempo. Anche un altro nuotatore, Gregorio Paltrinieri, ribadisce: «Il villaggio olimpico? Ne ho fatti quattro di Giochi, e questo sicuramente è il peggiore. In camera non mi addormento mai prima delle due di notte: fa troppo caldo. Noi qui siamo i protagonisti, ed è impensabile non avere l’aria nelle camere». Aveva fatto discutere la scelta dei materiali ecologici. Letti di cartone e materassi in materiale di riciclo sono però l'ultimo dei problemi, alla luce di quel che sta emergendo. Ma non è solo una questione di disorganizzazione, né tantomeno di risparmio. Le condizioni impossibili degli alloggi per gli atleti sono volute, per motivi ideologici. Il villaggio olimpico, come tutti gli aspetti di queste Olimpiadi francesi, è parte di un grande esperimento sociale.
«Questi sono i Giochi più green di sempre», aveva dichiarato, vantandosene alla vigilia dell’inaugurazione, Georgina Grenon, Direttrice della sostenibilità di Parigi. E cosa si deve fare per avere dei giochi a prova di Greta Thunberg? Ridurre l’impronta carbonica di tutti i partecipanti al punto di tornare all’età della pietra: niente aria condizionata, dieta strettamente vegetariana e a chilometro zero, pochi mezzi di trasporto, pochissimi spostamenti.
«Il villaggio è stato progettato per adattarsi alle condizioni climatiche del 2050 – si legge nel sito ufficiale di Parigi 2024 - con 6 ettari di spazi verdi, vegetazione (strade, balconi, tetti), recupero e trattamento delle acque reflue per l’irrigazione, pavimenti refrigeranti e tripli vetri. Tutto è stato progettato per migliorare il comfort termico e garantire una temperatura di almeno 6°C inferiore a quella esterna per gli atleti e i futuri residenti». Il comitato organizzatore si è dato l’obiettivo di dimezzare le emissioni di gas serra rispetto alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 e di Londra 2012.
Peccato, però, che dalla città ideale degli ecologisti stiano scappando tutti, oppure ci restano solo procurandosi beni di conforto e cibo dal mondo esterno. Non è un mistero il boom di vendite di condizionatori: 2500 acquistati dagli atleti e dalle loro squadre. Un’altra lamentela frequente fra gli atleti è la mancanza di mezzi, per spostarsi nei luoghi delle competizioni. Ma anche questo è voluto: una piccola flotta di 55 bus in tutto, solo elettrici. Questo è ciò che prescrive la ricetta verde
A proposito della dieta leggiamo sul sito Green.me che «il menu per gli atleti fa parte di uno sforzo per ridurre del 50% l’impronta di carbonio dell’evento». E «tutta la carne, le uova, i latticini e i frutti di mare provengono da un raggio di 250 chilometri da Parigi. Hanno dato priorità alle aziende agricole biologiche o alle aziende agricole che passano al biologico. Le mense per il personale e i volontari presenteranno anche un numero significativo di pasti vegetariani, offrendo in alcuni giorni solo opzioni a base vegetale». E però è scoppiata la protesta degli atleti, a partire da quelli inglesi, perché mancano carne e uova, insomma proteine. A fine Olimpiadi vedremo quanto il mercato libero sarà riuscito a compensare le carenze del villaggio green: gli atleti stanno chiamando le consegne a domicilio, a pranzo e a cena. E gli inglesi si son fatti arrivare uno chef dal loro paese, non proprio celebre per il buon cibo (quindi immaginatevi il livello di disperazione).
E poi c’è chi decide di trasferire la propria squadra fuori da questa utopia verde, verso altri lidi, magari meno rispettosi degli Accordi di Parigi ma sicuramente più confortevoli: la squadra di basket degli Usa aveva confermato la scelta di non alloggiare nel villaggio, optando per una lussuosa sistemazione alternativa. Adesso altre quattro squadre di basket, in vista dei quarti di finale, avrebbero deciso di spostarsi in hotel: Grecia, Canada, Serbia e la stessa Francia, a dimostrazione che l’ideologia verde sarà anche bella, ma non ci vuole vivere nemmeno la squadra della nazione che la promuove.
La decisione di gareggiare nella Senna è poi la dimostrazione migliore della distanza che persiste fra la retorica e la realtà. Fiume non balneabile da un secolo, per inquinamento e traffico di barche, ora era considerato fiore all’occhiello dell’organizzazione, per gli sforzi costosissimi che erano stati profusi per bonificarlo e renderlo compatibile con la salute dei nuotatori. Sempre seguendo una rigida agenda ecologista, la pulizia della Senna era un’occasione per fare gare acquatiche “a chilometro zero”, nel centro cittadino. Ma i continui rinvii delle prove di triathlon hanno dimostrato esattamente il contrario. Anche se la prima cittadina di Parigi, Anne Hidalgo (di estrema sinistra, non a caso) ha dimostrato che poteva farci il bagno, ci sono già atleti che stanno male.
Il Belgio protesta (e ritira la sua squadra di triatleti) da quando Claire Michel, punta di diamante della loro formazione, si è ammalata di una forma acuta di gastroenterite. Si parla di Escherichia Coli, ma non ci sono ancora risultati ufficiali delle analisi. L’organizzazione di Parigi 2024 risponde che non ci sono elementi che dimostrano che Claire Michel si sia ammalata per aver nuotato nel fiume mercoledì scorso. Però sono ormai diversi gli atleti che sono stati male dopo la nuotata nelle acque del fiume cittadino. «Claire era debolissima» ha detto Thibault De Rijdt, l’allenatore, precisando che l’atleta si è sentita male subito dopo la gara, «vomitava, aveva mal di stomaco. E adesso ha sintomi di disidratazione. Non sarebbe stata neppure in grado di fare una corsetta, figuriamoci di gareggiare. Non meritava di chiudere così la sua carriera».
Perché tanta disattenzione nei confronti degli atleti? Perché li si affama, li si fa dormire male, si mette a rischio la loro salute? Perché è evidente che conta di più l’ambiente dell’uomo, ovvio. Conta di più la lotta al cambiamento climatico di giochi olimpici che, comunque, gli ecologisti più coerenti, vorrebbero abolire del tutto, perché considerano inaccettabile la loro impronta di carbonio. Questi, nella Francia di Macron, sono giochi ideologici. Abbiamo già visto l’ideologia di genere in azione negli incontri di boxe femminile, dove altre atlete sono state esposte a rischi molto maggiori in incontri sul ring con avversari fisicamente impari. E adesso vediamo gli effetti dell’ideologia ecologista, applicata nella vita reale. E vivendola sulla propria pelle, tanti atleti si ritengono, giustamente, vittime di un esperimento sociale, lo stesso che gli ecologisti vorrebbero far vivere a tutti gli europei.