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L'uomo usa l'intelligenza artificiale per l'eugenetica

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Spagna. L’uso dell’intelligenza artificiale per individuare gli embrioni migliori da impiantare nell’utero di una donna nel processo di fecondazione artificiale apre a derive eugenetiche, delle quali però, in ultimo, è responsabile l'uomo. 

Editoriali 11_07_2024

Pare scontato che alla fecondazione artificiale debba essere accoppiata l’intelligenza artificiale. In un mondo artefatto come il nostro, più virtuale che reale, la tecnologia è la nuova natura dell’uomo. Tale altisonante preambolo per introdurre una notizia che viene dalla Spagna: l’uso dell’intelligenza artificiale per individuare gli embrioni migliori da impiantare nell’utero della donna nel processo di fecondazione artificiale. La tecnica si chiama Metaphor e usa della microscopia iperspettrale per generare centinaia di immagini in 3D degli embrioni, grazie alle quali è possibile evidenziare alcuni processi metabolici come la respirazione cellulare e il consumo di energia. Applicata sui topi, questa metodica ha raddoppiato il successo di individuare gli embrioni che hanno maggiori possibilità di arrivare sino alla fine. Il prossimo step sarà applicarla agli uomini. In breve si tratta di eugenetica, perfezionata grazie all’IA.

Questa scoperta ci permette di articolare alcune brevi riflessioni sul rapporto tra IA e – siamo coscienti che il termine è un poco forte – sopravvivenza umana. In primis questa applicazione ci fa ancor meglio comprendere che l’IA non pensa. Il soggetto che pensa riesce anche a formulare giudizi etici. L’IA è un esecutore materiale assai sofisticato di input provenienti dagli uomini. L’IA non ha riflettuto sulla moralità o immoralità della selezione che andrà a compiere. L’esegue perché questo è il comando umano ricevuto.

In secondo luogo questa tecnica necessariamente sarà applicata in altri ambiti analoghi. Pensiamo al genoma, quell’immensa biblioteca dove sono custodite le informazioni genetiche di ciascuno. Lì si annidano anche degli errori di grammatica, delle tare genetiche. Ora, il più delle volte, rimangono occulte agli occhi umani finché non si appalesano in qualche patologia. Ma l’IA potrebbe scovarle anzitempo e predire che Tizio, da bambino, da ragazzo o da adulto, si ammalerà di una certa malattia o avrà una certa disabilità. I genitori sarebbero disposti a farlo nascere? E dato che, così pare, tutti noi portiamo impresso nel nostro genoma un paio di geni difettosi, chi potrebbe più scampare alla selezione non naturale, ma a quella artificiale? Inoltre c’è da domandarsi come potrebbero reagire ad esempio le compagnie assicurative negli States che pagano le cure sanitarie dei propri clienti. Quelli che portano in sé una bomba ad orologeria pronta ad esplodere si vedrebbero aumentare il premio assicurativo.

Altra applicazione possibile dell’IA: sarà lei a decidere chi dovrà o no vivere e, dato che lo farà in modo scientifico, il suo giudizio sarà inappellabile. Ad esempio un paziente che da anni è allettato e non risponde più a nessuno stimolo, verrà giudicato dall’IA come non più abile a vivere. Parimenti i disabili gravi, i neonati fortemente pretermine, etc. Insomma quei pazienti che già oggi l’intelligenza o la stupidità umana candidano all’eutanasia, domani saranno scovati più facilmente e con criteri maggiormente oggettivi dall’intelligenza o stupidità artificiale. La falce dell’IA mieterà sempre più vittime. Ma non sarà lei la colpevole, perché l’IA è una macchina e quindi non ha libertà. È un burattino. Sarà il burattinaio invece ad assumersi ogni responsabilità.