Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santo Stefano a cura di Ermes Dovico
non basta la legge

L'unico modo per cancellare l'aborto è renderlo impensabile

Ascolta la versione audio dell'articolo

Secondo l'attivista pro life Jonathan Darnel​​​​​​, in carcere con l'accusa di aver violato la legge sull'accesso all'aborto, l'unico modo per sconfiggere questa piaga è di renderla impensabile nei cuori. Non bastano le leggi, come conferma la sentenza Dobbs.

Vita e bioetica 06_12_2023

La legge statunitense Freedom of Access to Clinic Entrances (FACE) Act, tra gli altri suoi aspetti, qualifica come un crimine federale impedire o rendere difficile l’accesso all’aborto (ad esempio impedire con l’uso della forza l’accesso alle cliniche abortive), oppure minacciare di impedire l’accesso all’aborto o fare ostruzione fisica a tal fine. 

Jonathan Darnel è un attivista pro-life attualmente in carcere per la presunta violazione di questa legge. Ciò non gli impedisce di lottare ancora per la vita nascente, anche da dietro le sbarre. Molto interessante un suo articolo pubblicato lo scorso 21 novembre sul portale LifeSiteNews dal titolo Cambiare le leggi non è sufficiente. Dobbiamo rendere l’aborto impensabile. L’analisi che compie Darnel sul fenomeno aborto, dopo la sentenza Dobbs della Corte Suprema che ha mandato in soffitta la sentenza abortista Roe vs Wade, è istruttiva anche per noi italiani. 

Darnel parte dalla constatazione che di recente il Maryland e l’Ohio hanno votato un emendamento costituzionale che qualifica l’aborto come diritto fondamentale. In Virginia invece è salito al governo uno schieramento democratico fortemente pro-choice. E si domanda: «Roe v. Wade non era forse finita nella pattumiera della storia?». Lo slancio impresso dalla sentenza Dobbs si è già esaurito? Il problema, in sintesi, è il seguente: «Abbiamo cercato di cambiare la legge senza contemporaneamente cambiare i cuori, cercando il raccolto senza prima seminare». Darnel poi tenta di spiegare più nel dettaglio cosa vuole dire. 

La sentenza Dobbs rappresenta sicuramente una vittoria, ma «questa vittoria non è arrivata perché abbiamo convinto più persone a rifiutare l’aborto», bensì «abbiamo avuto la fortuna di avere abbastanza presidenti e senatori repubblicani proprio al momento giusto per garantire una maggioranza pro-vita nell’oligarchia di nove persone che è la Corte Suprema». Insomma sarebbe stata una vittoria tecnica strappata da alcuni, ma non appoggiata da un’ampia base di cittadini. Questo aspetto dell’analisi è condivisibile fino ad un certo punto. La sentenza Dobbs, a nostro parere, è anche l’esito di un processo culturale che ha coinvolto milioni di americani per decenni, non è solo il colpo di mano di alcuni audaci giudici repubblicani, bensì il frutto maturo di anni di lotte anche culturali. 

Il prosieguo dell’articolo invece ci sembra più convincente: «La semplice legge è sufficiente per sradicare l’uccisione di bambini: nulla potrebbe essere più lontano dalla verità». Questo per due motivi. Un primo motivo riguarda alcune lacune del sistema giuridico. Ad esempio i soggetti che violano leggi pro-life difficilmente vengono perseguiti. Inoltre la donna che ha abortito in nessuna normativa statale rischia sanzioni penali: «Nessuno Stato attualmente persegue le madri per aver ucciso i loro bambini non ancora nati. In effetti, ogni divieto statale all’aborto garantisce loro specificatamente l’immunità legale (essenzialmente una licenza di uccidere). Cambia questo aspetto e la maggior parte delle donne non oserà farlo». Se il nascituro è persona, ciò vuol dire che la tutela penale a suo favore deve essere identica a quella prestata alla persona già nata: carcere per l’assassina di un adulto, carcere per l’assassina di un nascituro. 

Poi c’è un altro baco nel sistema giuridico: si possono acquistare pillole abortive on line e farsele spedire per posta. In tal modo si può aggirare il divieto d’aborto che vale solo per gli aborti praticati entro i confini statali. La proposta di molte realtà pro-life di vietare a livello federale il commercio di tali preparati viene bocciata da Darnel come irrealizzabile e anche perché, posto che una simile legge vedesse mai la luce, risulterebbe comunque inefficace. Infatti come sapere se la donna era incinta? Come sapere se ha acquistato il preparato abortivo? «Basta guardare ai successi delle nostre politiche nazionali nella guerra alla droga per vedere quante probabilità abbiamo di avere successo».  

La sentenza Dobbs non è sufficiente per sradicare il fenomeno abortivo non solo a motivo di queste deficienze giuridiche, ma anche e soprattutto perché senza una trasformazione dei cuori non si potrà fermare questa mattanza. «Dove manca un forte stigma sociale, le leggi hanno scarso effetto – scrive l’attività pro-life –.  Solo i veri ignoranti pensavano che la decisione Dobbs significasse la fine dell’aborto. […] La trasformazione culturale è assolutamente necessaria. Finché metà della nazione rimane favorevole o semplicemente indifferente nei confronti dell’aborto, è difficile per me immaginare come potremo mai abolirlo in quegli stati dove è popolare o come potremo gestire il commercio interstatale illegale di farmaci che causano l’aborto. Ed è proprio qui che il movimento per porre fine all’aborto è più debole!». 

Darnel così prosegue: «La maggior parte dell’attività anti-aborto si concentra solo in due aree, i centri di aiuto per la gravidanza e la politica. Quasi nessuno è impegnato a dire all’America che l’aborto è sbagliato. Questo è probabilmente il motivo per cui l’opinione pubblica sull’aborto non è cambiata molto in 50 anni. Dobbiamo convincere gli americani a rifiutare l’aborto, non solo in teoria ma in pratica. Devono provare disgusto per questo e disgustare coloro che lo praticano. Quando una madre con una “gravidanza difficile” riflette sulle sue opzioni, l’aborto non deve essere una di queste. Dovrebbe provare vergogna anche solo per averlo preso in considerazione. […] Dobbiamo rendere di nuovo impensabile l’aborto». 

Ma come riuscire nell’intento? «Non sono sicuro che i media tradizionali e i social media siano sufficienti. Entrambi sono bastioni del pensiero pro-aborto e sempre più entrambi sono diventati camere di risonanza.[…] Ma la pubblica piazza per ora rimane aperta»: la strategia indicata è quella del contatto personale one to one. «Se ognuno di noi trascorresse qualche ora ogni settimana portando il nostro messaggio in ogni campus universitario, scuola superiore, porta di casa e pubblica via in America?».  

Poi c’è un secondo livello di intervento che è quello messo in pratica dai Radicali a casa nostra: sfidare le istituzioni e rischiare l’arresto. «Il rischio di arresto [motivato ad esempio dall’aver impedito l’accesso alle cliniche abortive N.d.A.] è essenziale per porre fine rapidamente alle uccisioni. […] Abbiamo bisogno di più persone disposte a sacrificarsi per la vita dei bambini non ancora nati se vogliamo sperare di convincere l’America che quei bambini sono preziosi. […] Se non semini non raccoglierai». 

In sintesi la sentenza Dobbs non è sufficiente per arginare l’aborto per queste ragioni: inerzia dei poteri costituiti nel perseguire chi non rispetta i divieti d’aborto; non punibilità della donna; commercio on line di prodotti abortivi; mancanza di incisività nella lotta culturale anche a motivo della poca propensione al sacrificio personale per questa causa. 



VITA VS MORTE

USA, a un anno dalla Dobbs continua la guerra sull’aborto

26_06_2023 Luca Volontè

Il 24 giugno di un anno fa la Corte Suprema, con la sentenza Dobbs vs Jackson, restituiva ai singoli Stati il diritto di vietare l’aborto. Da allora Stati Repubblicani e Democratici camminano in direzioni opposte.

STATI UNITI

Assolto Houck, il padre pro vita perseguitato da Biden & Co.

31_01_2023 Ermes Dovico

Una corte distrettuale della Pennsylvania ha giudicato non colpevole il pro life Mark Houck, padre di sette figli, che aveva subìto un raid dell’Fbi a casa sua. Rischiava fino a 11 anni di carcere per un banale alterco fuori da una clinica per aborti, dopo le molestie del suo accusatore al figlio dodicenne. Un processo assurdo, nato dalla persecuzione politica da parte dei Dem.