L'Ue entra a gamba tesa nelle elezioni in Polonia
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Con un anno di anticipo, l'Ue ha dato inizio, di fatto, alla campagna elettorale in Polonia, contro il governo conservatore. La Commissione sta avviando un'azione di infrazione contro la riforma della giustizia.
Iniziata la campagna elettorale in Polonia. Le istituzioni europee che parteggiano esplicitamente per i partiti di opposizione, intervengono nelle decisioni di competenza nazionale, sanzionano e multano un governo legittimamente eletto, punendo chi ha accolto più profughi e aiuta di più gli ucraini. Queste istituzioni sono una iattura tragica per l’Europa. Nella guerra mossa da Bruxelles contro Varsavia sulla giustizia, si mostra vivo e forte un giudice della Corte di Strasburgo in difesa dei divieti all’aborto eugenetico, mentre in Italia il redivivo Giuliano Amato torna a indossare gli abiti della partigianeria ideologia e politica. Bruxelles ha annunciato mercoledì 7 giugno l’avvio dell’ennesima procedura di infrazione contro la legge polacca che consente a un nuovo organismo, di nomina politica, di impedire ai candidati di candidarsi alle elezioni se si prova che abbiano avuto sostegni da parte russa o siano condizionati da Mosca.
Ebbene, una delle ‘damigelle’ del filantropo Soros che siede nella Commissione, l’arci nemica di Polonia e Ungheria da sempre, Věra Jourová ha definito la nuova norma polacca "grossolanamente antidemocratica" e perciò contro di essa la Commissione sta “ intraprendendo una rapida azione di infrazione… perché alcune disposizioni di questa legge sono semplicemente gravemente antidemocratiche e violano i trattati Ue e la Carta dei diritti fondamentali". Il nuovo organismo potrà imporre una serie di sanzioni, tra cui l'interdizione dei candidati dalle cariche pubbliche per un decennio, se sono stati o sono tuttora influenzati da Mosca. Ciò che la Commissione finge di ignorare è che dal 2 giugno il Presidente Duda ha proposto emendamenti, per non includere parlamentari nel nuovo organismo.
A far intendere l’andazzo, la richiesta dello stesso 7 giugno dei gruppi politici di maggioranza del Parlamento europeo (Verdi/EFA, PPE, S&D, Renew e GUE) per una missione di osservazione elettorale su ‘larga scala’ (come si fa in per paesi come Georgia, Azerbaigian, Armenia, Turchia etc.) in vista delle elezioni in Polonia, richiesta fatta pervenire con una lettera congiunta inviata all'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.
Il giorno prima 6 giugno, il presidente polacco Andrzej Duda, forse fiutando l’aria di burrasca, aveva dichiarato in tv a reti unificate che presenterà al Parlamento un progetto di legge che stabilisce le regole di cooperazione per le autorità del Paese in vista della presidenza polacca del Consiglio dell'Unione Europea nella prima metà del 2025.
Infatti, 5 giugno, la Corte di Giustizia Europea aveva bocciato ancora una volta le riforme della giustizia del governo polacco, dopo che Varsavia ne aveva più volte concordato con Bruxelles e la stessa Von der Leyen la revisione, suscitando le ire del governo di Varsavia che ha giudicato la bocciatura come una indecente “farsa politica” di “giudici corrotti”.
Istituzioni dell’Unione Europea schierate. Così come nella violenta ‘caccia alle streghe’ contro Orban e l’Ungheria, anche nel caso polacco, le coincidenze frequenti non mancano. La Polonia, come l’Ungheria, continuano ad essere sotto pressione in vista delle loro ‘presidenze europee’ ma certo a Varsavia tutti i partiti conservatori ed identitari che si oppongono allo strapotere di Bruxelles e alla omologazione ideologica globalista, dovranno ogni giorno affrontare una dura battaglia.
In tutti questo risuonar di tamburi di guerra, la Corte dei Diritti Umani di Strasburgo ha battuto un colpo e ha stabilito ieri 8 giugno che la causa promossa dagli abortisti per contestare e richiedere la abolizione del divieto quasi totale di aborto in Polonia, non era ammissibile per debolezza delle prove contro lo Stato e la Corte costituzionale polacca. Una decisione che chiude, quasi definitivamente, la querelle ridicola e strumentale che gli abortisti di tutto il mondo hanno diffuso contro la decisione del 2021 della Corte che vieta gli aborti a scopo eugenetico nel paese, di cui abbiamo parlato diffusamente.
Infine e a malincuore, dobbiamo prende atto che Giuliano Amato, dopo l'intervista su Repubblica di ieri, ha ripreso la sua attività di politica partigiana. La deriva ‘anti europea’ di cui Amato accusa i leader conservatori e cristiani, non è in realtà di Orban, non di Morawiecki, né di Meloni, tantomeno degli elettori che nell’ultimo anno hanno premiato, senza titubanze, i conservatori ed identitari in tutti i paesi europei. Piaccia o non piaccia a Giuliano Amato, Romano Prodi e alla loro stimatissima combriccola dei ‘sempre verdi’. Speravamo che l’età e il prestigio delle cariche ricoperte in molti anni, avessero fatto maturare e avessero forgiato un equilibrio più realista e meno ideologico nell’Amato Giuliano, spiace prender atto del contrario.
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